Mentre tutti i festival, grandi e piccoli, sono in crisi, Procida scommette sul cinema e riesce, con pochi, pochissimi mezzi e tanrta fantasia, a portare a termine la IX edizione (la nascita ufficiale è il 2004, per celebrare il decennale della morte di Massimo Troisi e delle riprese del film più celebre dell’isola) il Procida Film Festival, continuazione , grazie ad un gruppo di giovani trentenni riuniti nell’Associazione Meridiano 14, che ha ereditato la tradizione storica e culturale dell’evento “Isola del Postino”.
Trecento film in concorso da 20 diverse nazioni, con corti, documentari e webseries, il tutto immerso in una cornice unica, straordinaria e con l’aggiunta delle visite sui set degli oltre 35 film girati a Marina Corricella, Terra Murata, Piazza dei Martiri, che hanno ospitato, le scene più belle de “Il talento di Mr Ripley”, “Il Postino”, “Francesca e Nunziata”, “Detenuto in attesa di giudizio”.
La giuria, presieduta dallo storico del cinema Vincenzo Esposito e composta da Salvatore Misticone, Gianni Fiorito, Massimiliano Pacifico, Alessandro Vaccaro, Pasquale Raicaldo, Diego Paura, ha attribuito i Ciak Corricella 2013 a “Sciami” della filmaker napoletana Elena de Candia tra i videoclip (il suo video illustra il brano omonimo di Victorzeta e i Fiori Blu, incluso nell’album “Dans le reve”), agli 8 episodi della web series horror “Gli abiti del male” di Guido Geminiani e Andrea Sgravatti, progetto che punta in alto forte della distribuzione sulla piattaforma Yahoo!, al poetico “Libro di sabbia” di Lucio Fiorentino e Paolo Miorandi tra i documentari e per i cortometraggi ad “Oroverde”, di Pierluigi Ferrandini, ambientataonel 1935 , che narra la vera storia della dodicenne Bianca Panarese, il suo duro apprendistato come operaia tabacchina presso il grande Consorzio e il suo amore per il fratello quindicenne Pietro, coltivatore di tabacco, ucciso durante le proteste delle tabacchine contro la chiusura del Tabacchificio.
Il 22, a conclusione di manifestazione, il Ciak Corricella come personaggio dell’anno a Massimiliano Gallo come personaggio dell’anno, ai registi Eduardo Tartaglia e Toni Trupia, agli attori Rosaria De Cicco, Ernesto Mahieux, Veronica Mazza e al il produttore Alessandro Tartaglia; in Piazzetta Massimo Troisi, aperta con i ballerini di tango del Festival Internazionale “Procida, Isola del Tango”, Vincenzo Caiazzo e Oxana Mastkvich, che hanno danzato sulle note e sulle immagini de “Il Postino”, ricordando la scena in cui Pablo Neruda danza con la moglie, e si è conclusa con un concerto notturno di musiche popolari del cantautore Marcello Colasurdo, ospite d’onore è stato l’attore Libero De Rienzo, reduce da “Miele” di Valeria Golino, premiato come miglior attore italiano dell’anno, intervistato dal giornalista del Mattino Diego Pozzo, soprattutto sull’esperienzasul set di “Fortapasc” di Marco Risi, pellicola in cui interpretava Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla Camorra.
Un Ciak Corricella speciale è anche andato al film indipendente “Un consiglio a Dio” di Sandro Dionisio, tratto dal monologo teatrale “Il trovacadaveri” di Davide Morganti), molto applaudito in occasione della proiezione ai Giardini di Elsa Morante, all’interno dello Yacht Club Saint Michel, film rabbioso e dolente, uscito al Sacher di Roma a fine maggio, prodotto da Indie, con Vinicio Marchione, realizzato attraverso una commistione di linguaggi che, ancora una volta ci dice che il miglior cinema documentario, come il miglior cinema di finzione, è quello che si avventura in una deterritorializzazione dell’occhio, capace di incontrare la realtà all’interno dei due mondi, senza l’illusione di afferrarla.
Come per il precedente (2003) “La Volpe a tre zampe”, dove il mito complicava un percorso di conoscenza storica legato anche alla morfologia di Napoli; Dionisio condensa, nella figura crudele ed escrementizia del “trovacadaveri”, recuperatore di corpi senz’anima naufragati sulle coste Italiane dopo la loro odissea di migrazione, elementi contrastanti di storia performativa Napoletana, delineando un ambiguo e urticante anti-personaggio che attinge anche alla linfa della Napoletanità per entrare e uscire violentemente dalla rappresentazione di una mitologia conosciuta. Materia complessa e “negativa” che Dionisio trasforma in un film da lui stesso definito come “urgente”, una commistione di linguaggi che ancora una volta ci racconta come il miglior cinema documentario e il miglior cinema di finzione sia quello che si avventura in una deterritorializzazione dell’occhio, capace di incontrare la realtà all’interno dei due mondi, senza l’illusione di afferrarla.
Attraverso un continuo slittamento di senso, ci permette la visione di un’umanità complessa e dolente, sintetizzatta nell’ultima sequenza dove vediamo Marchioni disteso accanto ad un cadavere recuperato, lui stesso cadavere nella luce di un film apolide coraggiosamente riconcigliato in immagini ed un dialogo non riconciliato tra teatro, documento, cinema di poesia e percorso di conoscenza didattica.
Su “Sentieri selvaggi”, si è scritto che il nopoletano Sandro Dionisio traccia le coordinate di un collasso umano del quale se ne vorrebbero volentieri cancellare le tracce, realizzando un film volenteroso e moralmente indiscutibile, ma anche affrettato, abbozzato e incerto nella forma.
Non credo sia così ed anzi lo properrò in concorso per il Rioseto Opera Prima del 2014V (sono accettate per statuto anche le opere seconde), poiché mi pare esempio luminoso di cinema trasparente, nella misura in cui si mette in gioco in prima persona per catapultare lo spettatore all’interno di una realtà troppo scomoda da accettare, che attraverso le parole del suo protagonista, emerge come pensiero comune di molti italiani, smascherando il tentativo di autoassolversi riconoscendo sì la gravità e l’impellenza del problema, ma alla stesso tempo lavandosi le mani da qualsiasi responsabilità.