ovvero
25 LUGLIO: UNA COMMEDIA TRAGICA
Giovanna Canzano
intervista
FRANCESCO PAOLO D’AURIA
24 luglio 2013
…“Era il novembre del 1942 e, fino ad allora, la guerra era stata coronata da grandi successi su tutti i fronti sia per l’Asse che per il Tripartito. Successivamente, lo si apprende dalle sue memorie (III Vol. “The Hinge of Fate”), Churchill comunicò al suo sodale Roosevelt di aver preso contatti con la Casa Reale Italiana tramite canali Svizzeri. Era il marzo del 1943; non è scritto quali proposte siano state fatte ma, a giudicare dalle dichiarazioni successive e dagli eventi, si deve dare per certo che Churchill abbia cercato di convincere il re d’Italia a liberarsi di Mussolini agitando, come spauracchio, la possibilità di perdere la corona”… Francesco Paolo d’Auria
Canzano 1- Fra pochi giorni cade il 70° anniversario di un evento fondamentale nella storia della II Guerra Mondiale e della Storia d’Italia. Lei che è appassionato di storia, cosa aggiungerebbe a ciò che finora si è detto da varie fonti?
d’AURIA: Ritengo che dopo ormai tanto tempo, occorra analizzare con serenità e obiettività quegli eventi i cui attori e comparse erano partecipi di una commedia che finì in tragedia. E’ sempre così quando si segue la via della furbizia. Ecco, ritengo che tutti, nessuno escluso, si siano mossi sulla scena, usando la furbizia, pensando di ottenere dei vantaggi sia personali che, lo speriamo, per l’Italia. Si comportarono quasi tutti da attori mediocri, da sprovveduti, nessuno prevedendo ciò che sarebbe poi successo e tutti pensando di risolvere, con un atto di maestria scenica, una situazione difficilissima e ingarbugliata. Questi personaggi, sia attori che comparse, si impegnarono in un gioco rischioso, fuori del loro controllo, trasformando così una commedia in una vera tragedia.
Canzano 2- Ma quali erano questi personaggi?
d’AURIA: Saranno citati i più importanti ma, per rimanere nello schema di questa commedia mal recitata, mi sovviene l’immagine di una vignetta pubblicata sul giornale “L’Uomo Qualunque”, organo di un omonimo movimento che ebbe un buon successo negli anni dal ‘45 – al ’48. In questa vignetta, si vedeva una folla di gente che si pigiava l’uno dietro l’altro in un cerchio. La didascalia recitava: TUTTI SODDISFATTI! Nel cerchio si distingueva, con le facce dei politici di allora, il liberale addossato al prete che era addossato al comunista a sua volta addossato al repubblicano e poi al socialista, al socialdemocratico, al missino, all’anarchico, ecc. ecc. ma alla fine il cerchio si chiudeva e ognuno aveva un personaggio davanti ed uno di dietro.. con inequivocabile significato …! Ecco, la storia del 25 luglio si svolse con siffatti commedianti.
Canzano 3- Ma allora i personaggi?
d’AURIA: All’indomani della 2° battaglia di El Alamein dove le truppe italo tedesche furono travolte dalla valanga di truppe inglesi, superiori in ragione di uno a dieci per aerei, cannoni, automezzi e carri armati americani, già Churchill scriveva un promemoria prevedendo che la sconfitta avrebbe alienato, nel popolo italiano, la fiducia nella vittoria e nel fascismo. Era il novembre del 1942 e, fino ad allora, la guerra era stata coronata da grandi successi su tutti i fronti sia per l’Asse che per il Tripartito. Successivamente, lo si apprende dalle sue memorie (III Vol. “The Hinge of Fate”), Churchill comunicò al suo sodale Roosevelt di aver preso contatti con la Casa Reale Italiana tramite canali Svizzeri. Era il marzo del 1943; non è scritto quali proposte siano state fatte ma, a giudicare dalle dichiarazioni successive e dagli eventi, si deve dare per certo che Churchill abbia cercato di convincere il re d’Italia a liberarsi di Mussolini agitando, come spauracchio, la possibilità di perdere la corona. (In verità il ricorso ad un referendum istituzionale, come poi in realtà avvenne, era già stato stabilito da Roosevelt e quindi Churchill, facendo promesse di sostegno alla monarchia italiana, in realtà barava al tavolo di gioco. E’ Churchill il primo attore che gioca con slealtà e furbizia.
Canzano 4- E gli altri?
d’AURIA: Il secondo attore è certamente Vittorio Emanuele. Il piccolo re pensò di salvare la sua dinastia nella convinzione di poter impunemente gettare nella spazzatura il suo primo ministro, glorificato e accondisceso negli anni della fortuna ma che ora era visibilmente in disgrazia. D’altronde, silurando malamente Mussolini, Vittorio Emanuele pensava di rendersi immacolato delle sue responsabilità, riguardo al regime fascista e alla guerra. Un po’ come il duca Valentino che faceva massacrare coram populo il gabelliere che aveva imposto tasse esose seguendo gli ordini ricevuti. Il popolo esultava per la vendetta, il Valentino se ne andava e le tasse restavano! Vecchia storia quella italiana! Così il re d’Italia pensava di sacrificare un capro espiatorio sull’altare della popolarità e dare agli italiani speranze di pace essendo stato eliminato colui che la guerra l’aveva voluta! (Gli appunti autografi del re, di indubbio significato hanno la data di metà maggio 1943)
Per realizzare lo sceneggiato, il re aveva bisogno di figuranti, comparse e non più attori. I più importanti sono: il duca Pietro Acquarone e Dino Grandi. Il primo, in realtà, fungeva da intermediario riferendo i pensieri del re e suggerendo le mosse da compiere. Suo, o, per lo meno da lui elaborato, il testo dell’Ordine del Giorno Grandi, un insignificante pezzo di carta che fu preso come pretesto per le successive decisioni e azioni. Grandi era stato un fascista della prima ora, la cui ambizione, tuttavia, era superiore alle sue reali capacità. Era sicuro di essere la pedina vincente in un gioco, che si rivelò sporco fin dall’inizio, e si illuse di esserne lui l’artefice. Pensava di poter vantare capacità di intermediario con l’Inghilterra essendo stato ambasciatore a Londra ma, in realtà, non aveva capito un bel nulla della mentalità inglese. Fu anche lui usato e cestinato ma la sua attività fu nefasta. Si attivò per acquisire consensi all’ordine del giorno e li trovò in altri figuranti: Ciano, Bottai, De Bono. Il primo una nullità che doveva la sua carriera interamente al padre eroe di guerra e al matrimonio con la figlia del Duce. Il secondo, Bottai, era, al contrario, un intellettuale che sicuramente si pentì del suo gesto, tanto che volle espiare il suo tradimento arruolandosi nella legione straniera. Il terzo era un militare anziano, fedele alla tradizione monarchica, forse il meno colpevole. Tutti questi attori di secondo ordine cercarono consensi all’ordine del giorno che, alla fine, si rivelò determinante, per gli eventi che seguirono, ben oltre o contro le intenzioni di alcuni votanti, convinti che lo stesso Mussolini lo avesse approvato.
Canzano 5- Lei parla per la prima volta di “tradimento” azione di per se indegna che molti storici escludono.
d’AURIA: A parte che “gli storici” farebbero bene a studiare i documenti e tenere per se le loro teorie spesso dettate da simpatie di parte, vorrei sapere come sarebbe stata definita, da codesti “storici” una identica azione alla corte di Stalin o di Hitler e in che modo sarebbero stati trattati gli artefici. Sono certo che la loro immaginazione, visto che tali Ordini del Giorno non era possibile proporli, non li porterà lontano dalla verità. Mi piacerebbe anche che questi storici dicessero se analoga azione, contraria al governo, poteva aver luogo in Inghilterra: il re d’Albione si mette d’accordo con esponenti di spicco del suo entourage per far fuori il suo Primo Ministro da lui stesso nominato. E non si parli a vanvera di democrazia perché Churchill fu nominato e non eletto e Roosevelt fu eletto forzando i sacri articoli della Costituzione americana! Quindi l’atto di sfiducia al Duce, concordato nascostamente con il re e seguito dall’arresto del primo ministro, non può essere che definito tradimento anche per il fatto che l’Italia era in guerra e in un momento quando occorreva davvero fare appello a tutte le risorse non per passare dalla parte del nemico ma per combatterlo con più efficacia e determinazione.
Canzano 6- E Mussolini che parte recita nella commedia?
d’AURIA: Anche lui abbandona le vie della rettitudine e fa appello alla italica furbizia. Forse sperava di poter giocare qualche buona carta e di uscirne ancora una volta vincitore. A Feltre, durante l’incontro con Hitler, Mussolini chiese alla Germania più armi, più materiali, maggiore protezione aerea. Se le sue richieste non fossero state accettate, lo Stato Maggiore italiano chiedeva al Duce di farsi carico di un compito ingrato e difficile: comunicare a Hitler che l’Italia avrebbe chiesto una pace separata. Si noti qui la incongruenza, se non la stupidità, dello Stato Maggiore. L’andamento disastroso della guerra era, in massima parte, da addebitarsi alla insipienza, alla inerzia e alla incapacità degli Stati Maggiori. Ma questo potrebbe essere oggetto di una trattazione separata. Lo Stato Maggiore imputava a Mussolini di “non aver avuto coraggio” per affrontare le ire di Hitler! E perché tale coraggio mancò loro quando, qualche settimana più tardi, ebbero tutto il tempo e la possibilità di presentare a Hitler le stesse proposte? Preferirono tramare in segreto temendo le reazioni di Hitler .. Ma perché tali reazioni avrebbe dovuto non prevederle Mussolini? Mai nessuno che sappia chiarire questi fatti! Si condanna Mussolini e si assolvono gli Stati Maggiori e Badoglio per il tentativo maldestro di cambiamento di fronte e la fuga per evitare le reazioni tedesche! Ma che scempio della intelligenza, quanta ipocrisia e menzogna! E soprattutto quali nefasti risultati per questa italica furbizia. Trasformare una sconfitta in vittoria, l’alleato in nemico e il nemico in alleato. C’è ancora gente che crede a queste idiozie .. ma sono solo italiani del potere a crederci. Comunque Hitler, altro attore sulla scena, non negò aiuti all’Italia. Hitler, non fidandosi di dare armi agli italiani, proponeva di dare non armi e mezzi ma truppe tedesche ben equipaggiate. Chiedeva, inoltre, il comando delle operazioni, cosa che fu poi accettata da Badoglio. Non era insensata la proposta di Hitler: gli alti comandi italiani avevano dato di se una immagine deludente; non così i comandi inferiori e le truppe che, sotto il comando tedesco in Africa Settentrionale, si erano battute gagliardamente. Anche l’Inghilterra aveva accettato la supremazia americana nel comando delle operazioni! Ma Mussolini amava troppo l’Italia per accettare una simile sudditanza. Egli voleva un rapporto assolutamente paritario e questo fu un suo grave errore. Lo stesso Dino Grandi, nelle sue memorie, afferma che Mussolini nutriva uno sviscerato amore per l’Italia e che, se sbagliò e peccò, questo fece per troppo amore e non per incapacità o malafede.
Tornato da Feltre a Roma sotto bombardamento, Mussolini fu messo al corrente dell’ordine del giorno. Tutto sommato non dovette dispiacergli troppo. Forse pensava di farsi da parte per un po’, lasciare ad altri il compito di trattare con la Germania, e, forse, di trattare con il nemico. Certamente non avrebbe mai immaginato la vigliaccata alle spalle dell’alleato e senza il consenso di questi; nemmeno a parlare, poi, di una resa incondizionata che consegnava l’Italia, mani e piedi legati, alla mercé del vincitore. Assurdo il maldestro tentativo di “cambiamento di fronte”, dopo aver dichiarato “la guerra continua a fianco dell’alleato germanico..” e, successivamente, affermato la impossibilità di continuare la guerra, sperando di “saltare sul carro del vincitore”!
Passata la bufera, in tempi migliori, sarebbe tornato il Mussolini tribuno, il Duce adorato dalle folle, l’Uomo della Provvidenza per una rinascita dopo la guerra. Non era completamente pazza questa prospettiva. Le frasi “aridatece er puzzone” e “ se stava mejo quando se stava peggio” rispecchiavano l’umore delle masse popolari non ancora assorbite dal credo comunista. Un Mussolini libero nel 1946 avrebbe avuto certamente un numero enorme di seguaci! Il tentativo di Mussolini, quindi, di farsi da parte per un periodo di tempo non era follia, forse era saggezza e lungimiranza! Voleva e doveva tenersi pronto per la rinascita. I popoli non perdono il loro rango per una sconfitta ma vengono declassati quando non sanno accettare la sconfitta con dignità e onore!
Canzano 7- Così Mussolini non si oppose affatto all’ordine del giorno.
d’AURIA: Certamente no. Altrimenti avrebbe proposto un “suo” O.d.G. magari facendolo presentare da altri gerarchi e mettendolo in discussione per primo. Tutti l’avrebbero votato e l’O.d.G. Grandi sarebbe stato insabbiato. Invece Mussolini volle discutere e votare il documento Grandi per primo. L’O.d.G. non aveva alcuna reale importanza ma serviva a Mussolini per vedere chi erano i suoi oppositori e fino a che punto sarebbero giunti. Votarono a favore in diciannove ma, di questi, uno (Albini) ritrattò, Gottardi dichiarò di non aver capito che si votasse contro Mussolini; altri votarono, forse, per inerzia. Nella discussione, Mussolini non attaccò l’O.d.G. ma fece solo delle obiezioni. Si trattava di passare la palla al re? Disse Mussolini. E perché il re dovrebbe accettare di cavare le castagne dal fuoco ai fascisti? Evidentemente Mussolini non sapeva che proprio il re aveva voluto quell’O.d.G. per dare all’arresto del Duce una parvenza di legalità.
Canzano 8- E cosa successe poi?
d’AURIA: Mussolini si dimostrò davvero ingenuo. Pensava di trattare con il re una soluzione.
La moglie Rachele, donna saggia e scaltra, immediatamente lo mise sull’avviso. Fa arrestare i congiurati e non fidarti del re, ella disse. Ma il declino delle stelle è inarrestabile. Le meteore si dissolvono nella atmosfera in un bagliore di luce!
Canzano 9- Ci potevano essere altre soluzioni?
d’AURIA: Certamente si. L’Onore di un popolo si misura dal suo coraggio nelle condizioni peggiori e nelle sciagure. Si doveva dar vita ad un movimento di riscossa, di rinascita. Si doveva combattere con maggiore determinazione. Gli italiani, dimentichi degli Ideali risorgimentali, tornarono all’antico vizio dei personalismi, delle convenienze e delle furbizie, tornarono al culto delle fazioni, all’odio e alle guerre civili. Non parlo dei movimenti antifascisti, parlo delle rivalità dopo la guerra fra comunisti e “atlantici” fra partiti, fra individui. La resa incondizionata fu un disastro epocale. Lo sforzo di rinascita, auspicata dai nostri grandi vati, da Dante e Petrarca, a Foscolo, Monti, Leopardi, Carducci e d’Annunzio, inseguita per secoli e culminata con la I Guerra Mondiale e con il fascismo, fu completamente azzerato. L’Italia tornò, per incapacità dei suoi governanti e del popolino mutevole ed egoista, ad essere la espressione geografica derisa e disprezzata da Metternich. Da allora l’Italia non si è mai ripresa, gioca un ruolo di infimo piano sulla scena del mondo, è costretta a mandare i suoi soldati a combattere guerre senza senso per interessi che non riguardano l’Italia. E’ soggetta a continui sberleffi da parte degli USA, dell’India, del Brasile, della Francia, della Germania. Pacche sulle spalle e ordini da eseguire.. Da allora, come disse Mussolini, è cominciato il tempo del bastone e della carota.
Canzano 10- Le conclusioni?
d’AURIA: Le conclusioni sono identiche alle premesse. Si celebrò una farsa .. gli attori e le comparse si affollarono sul palcoscenico .. volevano recitare una commedia.. non si accorsero che la commedia si stava trasformando in tragedia! Le conseguenze le subirono gli italiani.
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Giovanna Canzano – © – 2013