di Walter Ciccione
Il caso-monumento resta sulle pagine della “Tribuna italiana”, settimanale diI Buenos Aires
Come è noto, i monumenti vengono eretti per rendere perenne memoria a personalità notabili,
oggetto di ammirazione e rispetto. Sarà stato certamente questa l’intenzione che portò i nostri
predecessori ad innalzare in occasione del primo centenario della “Revolución de Mayo”, un
monumento a Cristoforo Colombo per donarlo al popolo argentino in riconoscenza per la generosa
ospitalità concessa.
Forse quegli immigrati non immaginarono che col passare degli anni, la statua avrebbe provocato
discordia, polemiche e malessere.
Le inusuali peripezie che ha sperimentato in tempo recenti il citato monumento – espropriato,
incarcerato, isolato e in procinto di essere sfrattato – sembrano essere sufficienti per diventare una
tipica “novela” latinoamericana a puntate.
La storia comincia quando agli inizi di quest’anno si conoscono le prime voci sull’intenzione del
governo nazionale di spostare la scultura a Mar del Plata, città a 400 km dalla capitale, e al suo
posto mettere un’atra, quella di Juana Azurduy, eroina delle guerre dell’indipendenza argentina.
Partendo da quella prima puntata la nostra “novela” sveglia l’interesse del pubblico e provoca
inquietudine nella nostra comunità, che reagisce inviando richieste di precisioni e chiarimenti alle
autorità e convocando una manifestazione di protesta il 23-A, alla quale hanno preso parte circa 300
persone, evento che alla fine è stato poco significativo
La conferma ufficiale da parte della “Casa Rosada” della volontà di spostare il monumento a
Colombo, ha dato un rinnovato impulso e attualità alla questione, e ci pone di fronte ad un’altra
realtà del conflitto.
La decisione è considerata arbitraria e ingiusta e gli argomenti del governo sono deboli e
inconsistenti, e l’impressione è che nascondono il vero proposito del trasloco, che va inquadrato nel
contesto di una campagna “anti-Colón”, che alcuni media arrivano a qualificare come “una decisione
capricciosa, non priva di pregiudizi ideologici e razzisti” da parte del governo della presidente Cristina
Fernandez de Kirchner, ma che in fondo si tratta di una offesa alla nostra comunità e in qualche
modo a tutti gli argentini che hanno antenati giunti da oltreoceano.
Nonostante le polemiche suscitate dalla decisione presidenziale, e il potere sembra impermeabile e
sordo alle proteste, al punto che poco dopo il monumento è stato circondato da strutture metalliche,
arnesi e gru, chiaro indizio che il trasloco diventava imminente.
L’ “accerchiamento” del monumento ha richiamato l’attenzione di legislatori della Città di Buenos
Aires e di dirigenti della collettività che si sono recati in Piazza Colombo per raccogliere informazioni e
manifestare l’opposizione alla decisione, al punto che c’è stato qualche tafferuglio tra funzionari
nazionali e funzionari comunali. La tregua è arrivata quando la magistratura ha deciso una misura
cautelativa che ha ordinato la sospensione dei lavori attorno al monumento, in attesa della decisione
finale.
Quasi subito istituzioni come FEDIBA, Comites e altre, hanno convocato una nuova manifestazione in
Piazza Colón, per lunedì 3 giugno, in coincidenza con la “Giornata dell’Immigrante Italiano in
Argentina”.
La mobilitazione, per quanto riguarda il numero di partecipanti è stata inferiore alla precedente, ma
ha avuto una ripercussione maggiore nei media.
Un evento quindi, che ha mostrato i due lati della moneta, da una parte, quello positivo,
dell’entusiasmo maggiore e una organizzazione migliore, frutto forse dell’impegno delle nuove
autorità di FEDIBA per le quali la manifestazione è stata una specie di presentazione in società. Il
nuovo presidente Dario Signorini, in questo caso coordinatore e unico oratore nell’evento, in tono
energico ed emotivo, richiamò l’attenzione su di sé, spiegando tra l’altro che: “Questo monumento
non dev’essere spostato, perché testimonia l’affetto e la fratellanza tra argentini e italiani, per cui
chiediamo alle autorità di rispettare il significato profondo di questo dono fatto col sacrificio e
l’amore degli emigrati, proprio per esprimere, il proprio omaggio all’Argentina”. “Rispettare il
monumento è un modo di rispettare l’eredità dei nostri antenati”.
Il rovescio della medaglia è stato la constatazione che la protesta non raccoglieva affatto il numero di
aderenti che c’era da aspettarsi, al punto che un settore dei numerosi inviati della tv, decise di
spegnere le telecamere ed altri a ritirarsi, ragion per cui il giorno dopo nelle loro cronache molti
riportarono aspetti folcloristici e pittoreschi dell’evento tipo: “la collettività italiana protagonista di una
colorita protesta in difesa del monumento a Colombo, esibendo manifesti e bandiere, protestando al
ritmo di tamburelli e fisarmoniche e cantando canzonette…”
In altre parole, hanno preso la manifestazione come una specie di “protesta all’italiana”, che per
modalità e partecipazione non è stata efficace, il che ci induce a ricordare quella battuta di Albert
Einstein: “Se cerchi risultati diversi, non fare sempre lo stesso”.
E’ il caso di domandarsi, di analizzare in profondità le ragioni di un lungo elenco di assenti in questa
vicenda. Da dirigenti locali, rappresentanti di associazioni, i nostri parlamentari, “i soliti ignoti”, gli
opportunisti che compaiono solo quando c’è da chiedere il voto, i “notabili”, i personaggi locali, artisti,
politici, imprenditori, giornalisti ed altri, premiati col titolo di “Ambasciatori dell’Italianità”, così come i
parlamentari che fanno parte del Gruppo di Amicizia con l’Italia, e gli argentini di origine italiana, e
persino la mancanza di solidarietà da parte della collettività spagnola locale, la quale dovrebbe avere
un comune interesse nella difesa del personaggio Colombo.
Il monumento della discordia è causa anche del malessere del governo italiano che tramite
l’Ambasciatore ha trasmesso alla segreteria della Presidenza il disagio della nostra comunità.
Disaccordi ai quali si aggiungono le polemiche politiche tra il governo cittadino di Macri e quello
nazionale di Fernandez de Kirchner, che sembra aver adoperato il noto atteggiamento secondo cui col
pretesto che i temi si sono politicizzati, fare orecchie da mercante per non discuterli . In questo caso,
paradossalmente, la nostra comunità, che ha donato il monumento, non è stata consultata e non ha
voce in capitolo e le sue domande sono passate in secondo piano.
Nonostante tutto, il nostro obiettivo rimane quello di rendere omaggio ai nostri predecessori. Tra le
virtù che ha avuto Colombo, c’è stata anche la perseveranza, per cui bisogna continuare ad
impegnarsi in difesa del “nostro” monumento.
Perché, come diceva Mahatma Gandhi: “Forse domani dovremo sederci davanti ai nostri figli per
riconoscere che siamo stati sconfitti. Ma sarà sempre meglio di non poter guardarli negli occhi e
spiegare che non abbiamo avuto il coraggio di lottare.”