Andiamo male. Lo sentiamo sulla nostra pelle e, tanto per non depistarci, i mezzi d’informazione lo confermano quotidianamente. La crisi è espressa in numeri e percentuali che, all’apparenza, sembrerebbero entità neutre. Dietro, invece, c’è una fitta umanità che non riesce a fare più progetti per il suo futuro. Da tempo, ormai, non manca solo l’utile, ma anche l’indispensabile. L’indigenza si è trasformata in povertà. Mentre c’è chi tenta d’analizzare le cause di una recessione, che non ha più nulla d’anonimo, la gente stenta a tirare avanti. La liquidità è precipitata e far fronte alla bisogna dovrebbe interessare,senza mezzi termini, chi ha accettato di governare il Paese. Ci sono cose alle quali si può fare a meno. Ce ne sono altre che sono fondamentali per non crollare. Mancando il lavoro, stanno precipitando quei presupposti socio/economici sui quali si à basato, da sempre, il nostro futuro. Ora è improponibile pensare al “dopo”, quando si rimpiange il “prima”. E’ questa una realtà che ci ha preoccupato da subito. Oltre gli accordi di partito ed alle premesse per salvare l’Italia dal baratro. Tra le garanzie e le speranze, c’è una realtà che impedisce anche il più cauto ottimismo. Le “colpe” hanno origini lontane ed ora è impossibile risalire alle cause dei mali peggiori di Casa nostra. Una generazione è stata ridotta sul lastrico. La prossima potrebbe non aver migliore futuro. Il disagio di una realtà che coinvolge tutti, ma non nella stessa maniera. Ci lascia avviliti proprio la mancanza di reali iniziative atte ad evitare il peggio. Troppe parole al vento, pochi progetti concretizzati, nessuna certezza occupazionale almeno per qualche anno. Con un Prodotto Nazionale Lordo sempre in negativo, nessuno è in grado di farsi illusione ed ogni promessa appare priva di significato. La disoccupazione è un’epidemia che s’è fatta incurabile. Calando la richiesta, anche l’offerta s’è dovuta adeguare. Il mercato chiede meno e la minore produzione è la causa della progressiva diminuzione dell’occupazione. Nessuno si salva. Neppure chi riteneva di poter contare sulle proprie forze. Se non fosse sufficientemente chiaro: non ci può essere un “domani”, senza un “oggi” che si differenzi dall’”ieri”. Sembra un giro di parole; invece, è la nuova realtà nazionale capace solo di proporre impossibili scelte, quando, invece, avremmo bisogno di concreti puntelli da parte di chi non è più in grado di garantirli. Se l’Italia politica s’è degradata, quella sociale ha bisogno d’essere sostenuta. Insieme possiamo ancora uscire dalla recessione speculativa. Divisi, come siamo ora, non ci sono vie di mezzo. I bilanci si sgretolano e la liquidità resta una chimera. Il futuro fa paura. Le incertezze hanno sconfitto le speranze. La Cassa Integrazione s’è già rivelata una terapia inconsistente. Ci sono delle necessità; alcune delle quali indispensabili. Sono quelle correlate al diritto di un lavoro, di un alloggio, di un futuro per noi ed i nostri figli e all’annullamento di tanti privilegi. Tutto il resto, se ancora c’è, viene dopo. Ogni altra presunzione resta una perdita di tempo prezioso che ci allontana ancor più da una meta capace di cancellare l’incertezza che è il male “sottile” di questo Paese. Ne usciremo solo, quando la sfiducia lascerà il posto alla concreta speranza.
Giorgio Brignola