Ho seguito, con una certa noia, più che altro perchè la notizia si è trasformata nel tormentone mediatico del web 2.0, la storia di Marta Grande, neo deputata grillina e, come tutti gli eletti del movimento 5 stelle, enfant prodige della politica. Giovane, figlia della generazione precaria e titolata (almeno sulla carta), è scivolata per l'appunto sula buccia di banaba della “carta”. Molte le illazioni e le ricostruzioni, ma pare che alla fine la sua laurea statunitense, pur conseguita, non venga riconosciuta in Italia e che la specializzazione in forma di master svoltosi in quel di Pechino si sia rivelata un semplice corso. Argomento per me noioso: personalmente credo che il titolo legale della laurea sia una semplice assurdità. Cultura e preparazione non possono dipendere da un foglio di carta, se la persona ha stoffa, è preparata, si farà valere sul mercato, sia esso della cultura che del lavoro. In America si usa così e da un punto di vista intellettuale, almeno a guardare la letteratura, il cinema e l'arte contemporanea sono molto più avanti di noi. Per non parlare delle discipline scientifiche. Certo sono privi dei picchi dell'italica genialità, ma molto più efficaci. E tutto questo senza il valore sacro dell'agognato “pezzo di carta”.
Quello che però mi ha illuminato e fatto uscire dalla noia della ripetizione virale è stato il paradoso per il quale Marta Grande, la grillina, è stata vittima di un modo di fare particolamente grillino, certo ordito dai “tradizionaliti” della politica o, come si allude o si dice “papale papale”, dagli iscritti del PD, ma senz'altro grillino. Anzitutto, di fondo, un pessimo moralismo piccolo borghese: Marta Grande ha tradito la fiducia del suo stesso popolo, spergiurando su qualcosa, il curriculum vitae, che nell'universo del movimento 5 stelle riveste carattere di sacralità. Qualcosa di simile a quanto accaduto con Clinton e la sua stagista: il presidente ha tradito qualcosa di sacro, dal punto di vista dell'americano medio, spergiurando sulla propria sessualità. In secondo luogo Marta Grande rimane vittima dell'indice puntato, che resta tale nonostante i chiarimenti, le buone ragioni (che la neo deputata oggettivamente ha) e gli equivoci. Nulla sfugge all'indice puntato che non vuole ragionamenti, nè riflessioni, nè secondi livelli, nè analisi. Il mondo o è bianco o è nero, o è amico o è nemico. Cosa questa tipicamente grillina.
Insomma, la colpa di Marta Grande mi appare veniale, ci sono nelle pieghe della politica italiana atteggiamenti ben più pericolosi. Ben peggiore di omettere il fatto che il proprio titolo non ha valore legale in Italia è il comportamento, ad esempio, di chi va al parlamento europeo in super economy, dichiarando invece costosi voli di linea, intascando la differenza. Moltriplicato per tutti i voli Roma Strasburgo o Bruxelles, la cifra diventa corposa. Eppure di fronte a questo nessuno ha da obiettare. Eppure tra la dimenticanza e la truffa ce ne corre.
Di cosa è vittima Marta Grande? Della brutalizzazione e banalizzazione della politica avviata dallo stesso movimento 5 stelle. I grillini si sono specializzati nell'utilizzare come metodo politico il moralismo piccolo borghese ed la tecnica del dito puntato. Molto probabilmente hanno inserito, nella vita politica italiana, un morbo dal quale essi stessi non sono immuni.
Per l'ennesima volta la rivoluzione divora i suoi figli.
Mario Michele Pascale