L'inserto de Il Corriere della Sera nello speciale dedicato alla Campania promuove il professionista napoletano come una risorsa per il panorama politico italiano
«Credo che il Paese abbia bisogno di forze nuove che però abbiano percezione della complessità dei problemi e che al contempo vengano dalla vita reale e non vivano ovattati nelle segreterie dei partiti.Solo così potremo uscire dalla crisi. Il problema non è solo generazionale».
Il Corriere del Mezzogiorno sceglie di chiudere con questo virgolettato di Roberto Race il suo articolo dedicato al professionista napoletano che ha inventato il ruolo di direttore della comunicazione e relazioni esterne ‘‘in affitto’.
L'articolo uscito lunedì 17 dicembre sullo speciale del giornale diretto da Marco Demarco dedicato alla Campania è stato visto da tanti come un endorsement anche se il diretto interessato nega.
Race è consulente di alcune importanti aziende nazionali e multinazionali e ghost writer per politici e imprenditori. Da segretario generale è stato il vero artefice, insieme con Lucia Valenzi, della nascita della Fondazione Valenzi ed è uno dei pochi under 35 del Mezzogiorno a essere stati selezionati dall’Aspen Institute Italia per l’esclusivo programma Aspen Junior Fellow.
Segue l'articolo:
Roberto Race: Il comunicatore in «affitto» Stile napoleonico
Una sua originalità magari già ce l’ha, Roberto Race, classe 1980, giornalista professionista: ha inventato il ruolo di direttore della comunicazione e relazioni esterne ‘‘in affitto’’. Sì, insomma, se una grossa azienda vuole qualcuno che si occupi di dare ribalta a un prodotto—ma a tempo—Race è la persona giusta. Meno ingombrante di un direttore inchiodato alla sua poltrona e più solido di un fuggevole consulente free lance.
Race è consulente di alcune importanti aziende nazionali e multinazionali e ghost writer per politici e imprenditori. Da segretario generale è stato il vero artefice, insieme con Lucia Valenzi, della nascita della Fondazione Valenzi ed è uno dei pochi under 35 del Mezzogiorno a essere stati selezionati dall’Aspen Institute Italia per l’esclusivo programma Aspen Junior Fellow.
«Anche i miei ‘‘nemici’’—spiega scherzando— sottolineano come riesca a gestire un numero immenso di relazioni tanto nel privato, tanto
nel pubblico sui social network». Si racconta che la sua rubrica personale conti quasi 16 mila contatti. I successi che Race sta ottenendo in
questi mesi però vengono da lontano. Basta ricordare che si era fatto notare già nel 1993 quando, tredicenne, entrò nello staff della campagna elettorale di Antonio Bassolino per il Comune di Napoli e poi iniziò a collaborare con l’assessorato alla Cultura — prima con Claudio Velardi e poi con Renato Nicolini — e poi quando nel 1995 diventò il referente campano di Studenti &C, il mensile del ministero della Pubblica istruzione.
Non pago, s’è messo a scrivere. Di recente è uscito un suo libro che sta riscuotendo consensi (è già alla seconda ristampa e su iPad impazza la versione eBook). Stiamo parlando di Napoleone il comunicatore. Passare alla storia non solo con le armi (per i tipi di Egea, 144 pagine, 16 euro) che gli è anche valso l’Euro Summit Award, il premio conferito per la capacità di comunicazione dall’Istituto universitario salesiano. Perché un libro su Bonaparte? «Mi sono accorto—afferma — che la modernità di Napoleone aveva a che fare in buona parte proprio con la percezione diretta, immediata, quasi metastorica, con cui ci arrivava tutto ciò che lo riguardava. D’altro canto, basta guardarsi in giro: vetrine, gadget, brand e moda. Prima o poi ci imbattiamo nel suo mito. E poi è l’unico grande perdente che ha potuto far riscrivere la sua storia con Il
Memoriale di Sant’Elena di Emmanuel de Las Cases e lanciare un messaggio di grande modernità al mondo». Però attenti, non è un libro riservato agli storici. «Il target—sottolinea—è quello degli imprenditori, manager e politici che hanno bisogno di avere nuovi stimoli per affrontare le sfide professionali».
Il vulcanico trentaduenne pensa al tuffo in politica?
«Credo che il Paese abbia bisogno di forze nuove che però abbiano percezione della complessità dei problemi e che al contempo vengano dalla vita reale e non vivano ovattati nelle segreterie dei partiti.Solo così potremo uscire dalla crisi. Il problema non è solo generazionale».
Pare un sì.
Patrizio Mannu