Di Carlo Di Stanislao
Da noi arriverà il 13 dicembre ma negli USA è uscito lo scorso fine settimana, fra il gelo della critica più autorevole ed un pubblico alquanto deluso. “Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato”, il nuovo attesissimo film di Peter Jackson, ritorno dopo dieci anni nella tolkeniana Terra di Mezzo, non è piaciuto alla stampa specializzata, che l’ha giudicato ridondante, lento, risaputo e inutile e, insomma, molto inferiore alla precedente trilogia.
Bloccato per lungo tempo per diversi problemi e dopo l’abbandono di Guillermo del Toro (che intanto ha ultimato un horror in arrivo in primavera, intitolato “La madre”), Peter Jackson ha ripreso in mano le redini del progetto lo scorso anno, riscritto la sceneggiatura e tirato fuori i soldi (con la Warner come distributore), per raccontare di Bilbo che si ritrova al seguito di tredici nani capeggiati dal leggendario guerriero Thorin Oakenshield, in un viaggio che li conduce per terre piene di pericoli e avventure, abitate da Goblin e Orchi e implacabili Wargs, alla fine del quale riuscirà a impossessarsi del “prezioso” anello di Gollum.
Il romanzo, scritto da John Ronald Reuel Tolkien, massimo studioso di letteratura medievale inglese, l’autore della trilogia Il Signore degli Anelli, definito il libro del secolo XX, si svolge in un ipotetico tempo antico, posto fra l'Età Fatata e il dominio degli Uomini, quando la famosa foresta di Bosco Atro esisteva ancora e le montagne erano piene di pericoli.
Uno splendido racconto in cui la placida esistenza degli hobbit viene turbata dal mago Gandalf e da tredici nani, che si presentano alla porta dell’ignaro Bilbo Baggins e lo trascinano in una pericolosa avventura per la riconquista di un leggendario tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago.
Nel film che ne è derivato, Peter Jackson ha raccolto la sfida del 3D a cui ha affiancato una rivoluzione tecnica fatta di filmati a 48 fotogrammi al secondo, introducendo un elemento comico che, però, evidentemente non hanno funzionato.
Neanche alla anteprima mondiale in Nuova Zelanda, il 28 novembre, il film ha incontrato molti favori ed anzi, si è letto sulla stampa, che l’innovativa tecnica di ripresa usata per esaltare le esplosioni ed i paesaggi e dar vita a una nuova “conformazione”della Terra di Mezzo, è risultata così troppo dettagliata e ricca di informazioni visive da creare malessere in molti spettatori.
Altri brutto viatico per il film, la morte, proprio in questi giorni di uscita, di Eileen Moran, l’esperta di effetti speciali che ha lavorato sia in questo film che nella trilogia de “Il Signore degli Anelli” e, ancora, in King Kong, come anche in molti film non di Jackson, come Robot, X-Men: Conflitto Finale, Eragon, Un Ponte per Terabithia, I Fantastici 4 e Silver Surfer, 30 Giorni di Buio, Water horse – La leggenda degli abissi, Jumper – Senza Confini, Le Cronache di Narnia e il Principe Caspian, Ultimatum alla Terra, District 9, A-Team e L’alba del pianeta delle scimmie, Avatar e le Avventure di Tin Tin; scomparsa ancora giovane a causa di un cancro.
Al film di Jackson, che dopo la trilogia non ha più azzeccato un buon prodotto, sono venute critiche feroci anche sotto il profilo tecnico, perché, si è scritto, l'introduzione dei 48 fotogrammi al secondo, risolve il problema dello sfarfallio della pellicola ogni volta che la macchina da presa fa una panoramica o un movimento orizzontale che attraversa tutta l'inquadratura, ma al prezzo di rendere ogni elemento in scena enfatico e artificiale, svelando così la falsità palese del set e dei costumi. Inoltre, le sezioni ben illuminate dell'inquadratura si estendono anche ai bordi, dando l'impressione di guardare un non un film, ma un home-video, anche se di ottima qualità.
Giudicheremo direttamente fra qualche giorno, ma intanto ci prepariamo a vedere, dal 14 gennaio, “Zero Dark Thirty” (Operazione Zero Dark Thirty), della già premio Oscar 2010 Kathryn Bigelow, sullòa eliminazione di Osama Bin Laden, che secondo il New York Film Critics vincerà gli Oscar principali di quest’anno: miglior film, miglior regista e miglior fotografia, battendo il pur molto buono “Lincoln” di Steven Spielberg.
Mentre continuo a tifare per “Argo”, attendo anche, passate le feste, “Les Misérables” di Tom Hooper, in odore anche lui di una pioggia di Oscar, che la Universal farà uscire in Italia il 31 gennaio, a ridosso della notte delle stelle di Los Angeles; film che prende le mosse dalla’omonimo musical di successo, scritto nel 1980 da Claude-Michel Schönberg (musiche) e Alain Boublil (testi), tratto dal celebre romanzo di Victor Hugo, con Hugh Jackman, Russell Crowe, Anne Hathaway ed Amanda Seyfried.
Sempre della Universal (che si prepara ad un grande 2013), “Jack Reacher- La prova decisiva”, tratto dal giallo “One shot”, con Tom Cruise nel ruolo di un militare che ha alle costole la polizia e il super adrenalinico (almeno nelle premesse) “G. I. Joe-La vendetta”, con un team di veterani vittima di una cospirazione che ha come unico obiettivo la vendetta contro i Cobra che vogliono distruggere il mondo e nel cui cast è stato “arruolato” Bruce Willis.
Il film dovrebbe uscire a fine marzo, mentre a maggio, sempre la Universal, tirerà fuori “Pain & Gain”, un “low budget” diretto da Michael Bay, ambientato a Miami ed è ispirato ad una storia vera accaduta nel 1995 nel mondo del body building, con protagonisti Mark Wahlberg e Dwayne Johnson.