Su richiesta del giornalista Bruno Vespa si trasmette qui di seguito il testo integrale della lettera che lo stesso giornalista ha indirizzato al Presidente del Consiglio dell'Ordine di Roma ed i link per prendere visione della relativa risposta del Presidente Vaglio e delle precisazioni del Presidente dell'O.U.A. De Tilla.
Signor Presidente, vorrei rispondere in modo pacato al tono francamente aggressivo delle Sue circolari. Vorrei innanzitutto sgomberare il campo da una mia presunta ostilità preconcetta agli avvocati. Mio figlio è avvocato, io stesso ogni tanto rimpiango di non averlo fatto ( ma riconosco che mi è andata bene…), ho molti amici tra voi. Ma se vogliamo dare una mano a questo Paese, dobbiamo spogliarci dei nostri personali interessi. L’Italia è bloccata dalle lobby: mai avrei immaginato che cinquemila notai e 17mila farmacisti potessero condizionare il parlamento. Che la lobby dei giornalisti bloccasse la legge sulle intercettazioni, che quella dei professori universitari negli anni facesse sottobanco fior di aggiustamenti. Perché gli avvocati dovrebbero fare eccezione, visto che su 645 parlamentari ben 135 sono iscritti al vostro Ordine? Resto convinto che nella nazione con il più alto tassi di litigiosità la mediazione obbligatoria fosse un primo, utile passo. Ogni persona di buonsenso si fa assistere dal proprio avvocato anche nella mediazione. L’ho fatto io quando l’istituto non era obbligatorio, risolvendo anni fa in due sedute tre contenziosi (civile, penale e ricorso al Garante della Privacy). Rispetto naturalmente le opinioni contrarie, ma non mi pare utile al Paese la battaglia parlamentare che tutte le lobby (compresa la vostra) stanno facendo per annullare di fatto i benefici delle liberalizzazioni, compresa l’elevazione del contributo unificato che da sola (e un pochino grazie anche alla mediazione) aveva ridotto di botto le pendenze di cinquecentomila cause. Caro Presidente, si tratta di minor lavoro per gli avvocati, ma Lei augura ai Suoi figli e ai Suoi nipoti di vivere per sempre in un posto in cui le cause civili durano in media sette anni e tre mesi e la pendenza attualmente è di cinque milioni e mezzo di procedimenti?
E veniamo a noi. Io non ho accettato la mediazione che mi è stata proposta per due ragioni. La prima di stile: non è stato elegante da parte di un avvocato invitarmi a mediare dinanzi a un organismo dell’Ordine degli Avvocati. La seconda è di sostanza. L’ufficio legale della Rai ha riconosciuto in quello che ho detto un normale esercizio del diritto di cronaca, ma soprattutto ha considerato giustamente chiusa la questione dopo che – d’accordo con l’ormai ex presidente dell’Oua De Tilla – la sera dell’11 novembre scorso ho detto in trasmissione quanto segue:
“Chiudiamo con una riflessione sulla polemica suscitata da quanto dissi alla fine della puntata del 23 ottobre. La Corte Costituzionale aveva appena dichiarato incostituzionale per eccesso di delega la mediazione obbligatoria, cioè quell’incontro tra le parti che serve, o dovrebbe servire, ad evitare processi civili che spesso si trascinano per molti anni. Ci sono state molte reazioni, moltissime, da parte degli avvocati perché io dissi che la lobby degli avvocati è interessata di fatto a che i giudizi durino il più possibile in modo da guadagnare di più. Ci sono state quindi comprensibili proteste, alcune anche intimidenti e queste lasciano il tempo che trovano, altre invece molto più discorsive e molto più ragionevoli. In questi giorni mi ha telefonato l’Avv. Maurizio De Tilla che è il presidente dell’OUA, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura che tra qualche giorno terrà il suo congresso. Nel ribadire la sua stima a questa trasmissione De Tilla mi faceva osservare che il vecchio detto degli avvocati, che non era quindi inventato, “causa pende, causa rende”, cioè più lunga è la causa, più l’avvocato guadagna, ormai è superato da una legislazione che prevede la divisione dei processi per fasce, per cui salvo alcuni avvocati la maggior parte non ha più interesse a portare avanti i processi a tempo indeterminato. Nel dare atto di questo a De Tilla osservo che in Parlamento c’è qualcuno che si agita perché si torni alla situazione precedente e cioè a prolungare, a rapportare alla lunghezza dei processi anche l’ampiezza delle parcelle e ci auguriamo tutti che questo non avvenga. Ci sono in corso delle trattative, delle discussioni tra i mediatori e gli avvocati per migliorare ed eventualmente ripristinare la legge. Noi ci auguriamo che anche in questo campo il nostro diventi un paese normale cioè un paese nel quale i giudizi civili non durino una quantità sterminata di anni tale da scoraggiare una buona parte degli investimenti che arrivano dall’estero.
Grazie e buona notte.”.
Caro Presidente, può immaginare in quali e quante battaglie io mi sia trovato in cinquant’anni di mestiere. Una in più non mi toglierebbe certamente il sonno e non sarebbe indolore per nessuno. Ma invito Lei e i Suoi colleghi ai quali molto cortesemente ha accettato di girare questa nota a riflettere sul futuro dei nostri ragazzi, anche quelli ai quali un esame grottesco (da concorso notarile, non da abilitazione) sta impedendo l’accesso alla vostra bellissima professione.
Con molta cordialità,
Bruno Vespa