Il lunghissimo periodo di reclusione è stato seguito dal ritrovo tanto desiderato e amato.
Fra la reclusione ed il ritrovo l’abisso di solitudine che girovagava in cerca della sua meta. Per forza, si è sentito il bisogno di coprire, possibilmente riempire, l’abisso in qualche modo valido e consapevole. La domanda rimaneva eterna:
“La pretesa è sempre valida o no?”
Non siamo stati capaci di rispondere in maniera esauriente! Parte della risposta l’abbiamo data: “La pretesa in ralazione a noi stessi è sempre validissima!”
Già parole antiche della poesia lo avevano annunciato:
…
Noi non avremo concluso niente
E per questo avremo concluso molto
Forse troppo
Ed il troppo ci cancellerà
La pretesa, invece, in relazione a tutti gli altri non può essere valida.
Si tratterebbe di una pura utopia!
Sappiamo di non essere partiti al momento in cui avremmo dovuto farlo e se non per altro, il chè non è poi vero, per dovere verso noi stessi consapevoli della meta del nostro viaggio: il nulla.
Noi sapevamo, eppure non siamo partiti!
Con quale diritto abbiamo preteso, e continuiamo a farlo, da chi non ha potuto sapere, non ha mai saputo e non sa?
Forse per alleggerire il peso della solitudine? Non basta come giustificazione. Siamo colpevoli e dobbiamo una scusa a tutti coloro. Abbiamo il dovere di chiedere il loro perdono. E, personalmente, l’ho già fatto.
Dopo averlo fatto, devo ammettere che la solitudine è terribilmente pesante!
Chi è in cerca della verità ha il dovere di sapere e di conoscere, per prendersi delle decisioni basate su scelte giuste.
Ugualmente, chi crede di essere in cerca della verità, ha il diritto di non sapere e di non conoscere, di non poter prendersi delle decisioni basate su scelte giuste.
Perchè ha il diritto alla propria vita, la quale egli stesso deve vivere.
Per il resto e per quel che vale, mi sono appena risparmiato cinque mila lire!