Nella legge di stabilità in queste ore all’esame della Camera, compare
un’importante novità, frutto di emendamenti approvati nel lavoro di
commissione. Mi riferisco alla prosecuzione del finanziamento per i prossimi
tre anni di 2,3 milioni a favore della minoranza italiana in Croazia e
Slovenia, di 3,5 milioni a favore degli esuli istriani, fiumani e dalmati e
di 5,4 milioni circa a tutela della minoranza slovena nella regione
Friuli-Venezia Giulia. Finanziamenti che non comparivano nell’iniziale
proposta del Governo e che invece sono stati inseriti dai relatori che hanno
raccolto gli emendamenti di parlamentari di diverso orientamento, tra i
quali anche i miei.
Si tratta di una decisione positiva e saggia per la quale esprimo una
convinta soddisfazione.
Una delle ragioni, mi sia consentito, è certamente nel fatto che gli
emendamenti accolti sul sostegno alla nostra minoranza in Croazia e Slovenia
e sul sostegno delle associazioni degli esuli dalmati, istriani e fiumani
sono stati da me presentati, in collaborazione con i rappresentanti di tali
sodalizi. Ma non si tratta solo di questo. In una fase di persistenti
restrizioni finanziarie e a conclusione di una fase che si è caratterizzata
per i tagli pesantissimi ricaduti su tutte le voci riguardanti i migranti,
essere riusciti a salvaguardare il sostegno alle minoranze italiana e
slovena e agli esuli è un risultato da non sottovalutare. Esso può essere
visto, anzi, come un segnale di un’iniziale inversione di tendenza per la
quale il persistente impegno degli eletti all’estero, realizzato tra gravi
difficoltà e disattenzioni, alla prova dei fatti non è stato ininfluente.
Vorrei, però, esprimere anche una riflessione più ampia. In un momento nel
quale la crisi economica e sociale sta inasprendo i rapporti tra gli stati,
tra i gruppi sociali e tra le stesse persone, un atto di rispetto e di
considerazione per minoranze che nella loro storia portano tutti i segni di
alcuni dei passaggi più drammatici del Novecento rappresenta un atto di
civiltà e di apertura sul piano internazionale che fa un gran bene a noi, al
nostro Paese, prima che alla minoranza slovena e agli esuli in Italia e alla
minoranza italiana in Croazia e Slovenia.
Incombe su di noi un rischio grave, quello di aspettare che la nottata passi
rinchiudendoci nel nostro guscio, per una reazione di autodifesa. Invece,
sono proprio questi i momenti nei quali occorre fare lo sforzo maggiore per
aprirsi e per sostenere tutti coloro che lavorano all’estero per far vivere
il nome, la cultura, gli interessi dell’Italia. Le comunità italiane
all’estero e le nostre minoranze in Paesi di frontiera ci aiutano
sicuramente a fare questo percorso.
Mi auguro che si capisca sempre di più che loro servono a noi forse più di
quanto noi serviamo a loro.