Simone Collini – L'Unità
di Pier Luigi Bersani
«Ci si vuol bene tutti, io voglio bene a tutti, chiedo una sola cosa: si parli di Italia e non di Pd. Per parlare del Pd abbiamo i congressi. Si parli di Italia perché il Paese ha bisogno di noi. E a picconarci ci pensano già gli altri». Pier Luigi Bersani si muove tra Mestre e Padova, dove domani Matteo Renzi arriverà a bordo del suo camper elettorale fresco di inaugurazione. Il Veneto si è trasformato in queste ore nell'epicentro del dibattito sulle primarie, un po' per l'arrivo dei due principali (stando agli attuali sondaggi) sfidanti, un po' perché il sindaco di Vicenza Achille Variati ieri ha fatto sapere che ai gazebo voterà il primo cittadino di Firenze (il vicesindaco di Vicenza, Alessandra Moretti, è invece tra gli esponenti Pd di “Rifare l'Italia”, che sostengono la linea: per il rinnovamento con Bersani).
«Non ci vedo niente di male in un sindaco che sceglie Renzi», risponde il leader democratico a chi gli chiede un commento sull'endorsement di Variati e l'enfasi data alla cosa dall'ex sindaco di Piacenza Roberto Reggi, «le primarie le ho volute io, non mi metto a fare l'elenco di tutti i sindaci che dicono Bersani». Il primo cittadino di Venezia Giorgio Orsoni lo accoglie con pacche sulle spalle e l'invito a prendersi una birra insieme. Un giornalista lo avvicina per chiedergli chi voterà alle primarie. La risposta del sindaco veneziano, con un sorriso sulle lab- bra: «Il voto è segreto ma l'abbraccio è significativo».
A Bersani interessa poco assistere a una corsa a schierarsi con questo o quel candidato: non serve a raggiungere l'obiettivo delle primarie, che dovrebbero favorire una discussione su quale sia la piattaforma politica e programmatica con cui ci si candida a governare. Il gioco degli endorsement fa il paio con una discussione tutta sulla “rottamazione”. Che per Bersani è tutt'altro che utile. Un po' perché in questi mesi bisogna parlare dell'Italia, dei suoi problemi e di come risolverli, un po' perché denigrare gli attuali vertici del partito rischia di indebolire il Pd in vista delle politiche.
«Il Pd è un partito senza padroni. Con un segretario sì, ma senza padroni dentro e ancor meno fuori. Ma, cerchiamo di volerci bene perché a massacrarci ci pensano gli altri». Bersani, ricorrendo a un modo di dire che ripete spesso – «la ruota girerà>, – assicura che il rinnovamento ci sarà, però chiede «rispetto» per quelli che si vorrebbe “rottamare”: «Stiamo parlando di quelli che insieme a Prodi ci hanno portato in Europa e di quelli che con coraggio e fantasia hanno fatto nascere il Pd». Nei 2013, ricorda poi, il partito è atteso a due momenti di rinnovamento, uno certo e uno possibile. «Avremo due appuntamenti, il congresso e, chissà mai, anche il governo del Paese. Cerchiamo di volerci un po' bene, altrimenti perché deve volercene il Paese?».
ITALIA BENE COMUNE
Che l'appello venga o meno raccolto, Bersani non intende cambiare registro per la sua campagna: se Renzi ha scelto come slogan «adesso» (tra l'altro è lo stesso adottato per le primarie del 2009 da Dario Franceschini, che risponde con un laconico sms «è la vita» a chi gli domanda un commento sulla scopiazzatura), Bersani insiste sull'«Italia bene comune» e continuerà a stare sui problemi del Paese. Anche perché, dice riferendosi a qualche uscita del governo, «sento qualcuno dire che la situazione migliora, non so che termometro abbia per misurare la febbre. I termometri che uso io sono il lavoro, i consumi della gente normale, gli investimenti che danno lavoro, questi termometri segnano febbre alta».
Sul lavoro rischia di innescarsi una discussione delicata, visto che Vendola insieme ad Di Pietro ha lanciato una raccolta di firme per un referendum contro la riforma Fornero. Riforma che il Pd, ascoltando le parti sociali, vuole modificare in Parlamento nei 2013, mentre un referendum («su cui non abbiamo una posizione antitetica», dice Bersani) potrebbe essere votato non prima del 2014. Qualche esponente Pd (come Cofferati) è però favorevole all'iniziativa, e questo referendum potrebbe diventare un'altra grana, per Bersani, insieme all'ipotesi del Monti bis. «Monti deciderà lui quel che vuol fare – dice il leader democratico – io ho una grandissima stima di Monti, vedono tutti che è riuscito a dare nel mondo un profilo di serietà, credibilità e rigore. Per noi questi risultati sono un punto di non ritorno al cui interno vogliamo mettere più lavoro, più equità, più uguaglianza, più diritti».
Fonte: L'Unità