Rapporto sulla povertà in Italia. Più di una famiglia su quattro (28,5%) con cinque o più componenti è in condizione di povertà relativa e l’incidenza raggiunge il 45,2% tra le famiglie del Mezzogiorno
pubblicato il 20 luglio 2012 , 183 letture
ROMA – “La povertà è sempre maggiormente diffusa nel Mezzogiorno, tra le famiglie più ampie, in particolare con tre o più figli, soprattutto se minorenni”. È quanto ha rilevato l’Istat nel report sulla povertà in Italia nel 2011 pubblicato oggi. Per l’Istituto nazionale di statistica, in Italia più di una famiglia si quattro (28,5%) con cinque o più componenti è in condizione di povertà relativa e l’incidenza raggiunge il 45,2% fra le famiglie che risiedono nel Mezzogiorno. “Si tratta per lo più di coppie con tre o più figli e di famiglie con membri aggregati, tipologie familiari tra le quali l’incidenza di povertà è pari, rispettivamente, al 27,2% e al 22% (43% e 42,6% nel Mezzogiorno). Il disagio economico si fa più diffuso se all’interno della famiglia sono presenti più figli minori: l’incidenza di povertà, pari al 14,8% tra le coppie con due figli e al 27,2% tra quelle che ne hanno almeno tre, sale, rispettivamente, al 16,2% e al 27,8% se i figli sono minori. Il fenomeno, ancora una volta, è particolarmente evidente nel Mezzogiorno, dove è povera oltre la metà (il 50,6%) delle famiglie con tre o più figli minori”.
Ad eccezione dell’Abruzzo, dove il valore dell’incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, inoltre, “in tutte le altre regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Sicilia (27,3%) e Calabria (26,2%), dove sono povere oltre un quarto delle famiglie”. Percentuali lontane da quelle della provincia di Trento (3,4%), della Lombardia (4,2%), della Valle d’Aosta e del Veneto (4,3%), regioni che presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà. Con valori di incidenza di povertà inferiori al 6% la Toscana, l’Emilia Romagna e le Marche (5,2%), il Friuli Venezia Giulia (5,4%) e il Piemonte (5,9%).
Aumenta nel Mezzogiorno anche l’intensità della povertà, un dato che indica quanto la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere si colloca al di sotto della linea di povertà: passa dal 21,5% del 2010 al 22,3% del 2011, mentre la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere residenti nel Mezzogiorno è risultata pari a 785,94 euro mensili, rispetto a 827,43 e 808,72 euro nel Nord e nel Centro rispettivamente. I dati dell’Istat mostrano, inoltre, anche altri segnali di peggioramento per il Mezzogiorno, come il numero di famiglie senza alcun reddito proveniente da attività lavorative presenti o pregresse: i tre quarti di queste famiglie risiedono nel Mezzogiorno, dove la relativa incidenza passa dal 44,7% al 60,7%.
''Appena povero'' il 3,3% delle famiglie: consumi ai limiti. Una famiglia italiana su cinque è povera o quasi povera. È quanto sostiene l’Istat nel report sulla povertà in Italia nel 2011 secondo cui sono “sicuramente povere” circa 1 milione 272 mila famiglie, il 5,1% del totale di quelle residenti, mentre per il 2011 sono in condizione di povertà relativa 2 milioni 782 mila famiglie, l’11,1%. Secondo l’Istituto di statistica, inoltre, il 6% delle famiglie residenti in Italia risulta “appena povero” e tra queste più della metà (il 3,3% del totale delle famiglie) presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà. Non sono immuni le famiglie non povere, dove l’Istat individua gruppi a rischio di povertà: “si tratta delle famiglie con spesa per consumi equivalente superiore, ma molto prossima, alla linea di povertà: il 3,7% delle famiglie residenti presenta valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre il 10%, quota che sale al 6,5% nel Mezzogiorno”. “Sicuramente non povere”, invece, l’81,4% del totale delle famiglie, con valori pari al 90,5% del Nord, all’87,5% del Centro e al 63,8% del Mezzogiorno.
In povertà assoluta risultano il 5,2% delle famiglie residenti, cioè 1 milione e 297 mila famiglie, per un totale di 3 milioni e 415 mila individui (il 5,7% dell’intera popolazione). “Aumenta l’incidenza di povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento non occupata (dal 5,9% al 6,6%) – spiega l’Istat -, in particolare se è ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%) e, in assenza di redditi da lavoro, almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall’8,5% al 16,5%). Un peggioramento si osserva anche tra le famiglie con a capo una persona con basso livello professionale (operaio, dal 6,4% al 7,5%) e con basso titolo di studio (con al più la licenza elementare dall’8,3% al 9,4%, con la licenza di scuola media inferiore dal 5,1% al 6,2%). Infine, peggiora la condizione delle coppie con un figlio (dal 2,9% al 4%), in particolare se minore (dal 3,9% al 5,7%)”. I dati confermano inoltre lo svantaggio delle famiglie più ampie. “L’incidenza è pari al 12,3% se i componenti sono almeno cinque – aggiunge il report – e al 10,4% tra le coppie con tre o più figli e tra le famiglie con membri aggregati. Analogo svantaggio emerge per le famiglie con almeno un anziano (6%, quota che sale al 6,8% se vive solo) e per le famiglie monogenitoriali (5,8%)”.
Povertà, Acli: “Spread sociale insostenibile”. “Sta emergendo un enorme blocco sociale fatto di poveri e disoccupati che va considerato come la prima grande emergenza di questo paese, con la quale bisogna assolutamente fare i conti. Non possiamo continuare a tollerare ancora, in Italia, la mancanza di una misura strutturale di contrasto alla povertà assoluta”. Lo afferma il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, commentando i nuovi dati Istat sulla diffusione della povertà nel nostro Paese: 1 milione e 297 mila famiglie (il 5,2% sul totale) in condizione di povertà assoluta. Più del doppio – 2 milioni e 782 mila (l’11,1%) quelle in situazione di povertà “relativa”. L’Italia è l’unico tra i Paesi dell’Europa a 15, con la Grecia, ad esser privo di una misura stabile per il contrasto della povertà.
“L’assenza di lavoro e la presenza di figli sembrano diventati i due fattori determinanti per lo scivolamento delle famiglie nella condizione di povertà. – spiega il presidente delle Acli – E’ una situazione intollerabile perché mina alle radici la possibilità di crescita e di sviluppo. E’ necessario intervenire da una parte con un piano straordinario per l’occupazione, a partire da quella giovanile; dall’altra con il varo di una politica fiscale finalmente a vantaggio delle famiglie con figli”.
“La spending review – aggiunge Olivero – è doverosa: serve tra l’altro a impedire l’aumento dell’Iva. Ma non può essere un alibi per allargare ancora la forbice tra ricchi e poveri nel nostro Paese. Questa forbice va chiusa attraverso una politica di redistribuzione delle ricchezze, a partire da quella robusta patrimoniale che non si è voluta o potuta ancora fare in Italia. «Se lo spread ci dice che la tenuta dell’economia è in crisi, i dati Istat ci dicono che è in crisi la tenuta sociale del Paese. Non si può intervenire sulla prima senza intervenire anche sulla seconda. Anche lo spread sociale è insostenibile”
Fondazione Zancan: “Sempre più colpite le persone più deboli”. “I dati della povertà in Italia diffusi oggi dall’Istat mostrano che nel 2011 le difficoltà economiche si sono abbattute con particolare violenza sulle persone che già erano in condizioni di debolezza”. È il commento della Fondazione Zancan alla lettura dei dati Istat, che registra una “sostanziale stabilità” della povertà relativa lo scorso anno. Un dato che, come spiega lo stesso Istituto di statistica, “deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati”. Sono dunque le fasce più deboli della popolazione a soffrire maggiormente gli effetti della crisi economica e la mancanza di strategie efficaci per contrastare il fenomeno.
“Il fatto che ancora oggi in Italia oggi ci siano oltre otto milioni di poveri – commenta il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato – dimostra che quanto è stato fatto per arginare la diffusione della povertà serve per non peggiorare, ma non riduce il fenomeno. Lo ripetiamo ancora una volta: è necessario attivare servizi sul territorio in grado di offrire un aiuto stabile, attivando le capacità individuali, utilizzando una parte dei trasferimenti economici per aiutare le persone, attivando le loro capacità e responsabilità”. La Fondazione Zancan ricorda che “in tempi di crisi è necessario indirizzare le risorse verso chi ha più bisogno, con interventi la cui efficacia possa essere misurabile, per evitare sprechi”. Vecchiato segnala anche un' altra criticità che riguarda i dati messi a disposizione dall'Istat non tanto oggi quanto negli ultimi sei mesi. “Quelli dei mesi scorsi ci parlano degli effetti della crisi, delle aree di maggiore fragilità, dell'impoverimento che riguarda i giovani e altri gruppi di popolazione – spiega -. Sono in sostanza più capaci di parlarci dei poveri e degli impoveriti. Senza le due chiavi di lettura avremmo più difficoltà a capire quello che sta avvenendo e come meglio affrontare gli effetti della crisi”.
Adiconsum: creare fondi di solidarietà per settori. “I dati Istat sulla povertà in Italia nel 2011 sono dati tremendi che se proiettati nel 2012 fanno presagire numeri ancor peggiori per l'anno in corso laddove siamo stati ancor più colpiti dalla recessione e dalla crisi di sistema, oltre che economica”. Così in una nota Pietro Giordano, segretario generale di Adiconsum, “convinta che sempre di più il bilancio dello Stato non riuscirà a reggere il welfare pubblico che ha caratterizzato il secolo passato e che viene progressivamente smantellato sotto i colpi del ripianamento forzato dei conti pubblici e che i corpi intermedi della società dovranno assumere sempre di più un ruolo di spinta verso un welfare sociale capace di intervenire a favore delle famiglie più bisognose”. Secondo Giordano “immaginare che tutto ciò, se non si trovano soluzioni adeguate di intervento a sostegno delle centinaia di migliaia di famiglie che non riescono a pagare neanche le bollette delle utenze telefoniche, non produca contraccolpi anche dal punto di vista dell'ordine pubblico, con ricordi nefasti che tutti vogliono cancellare dalla memoria, e' pura illusione”.
In conclusione “è necessario che si creino fondi di solidarietà per settori (energia, telefoniche, ecc.) alimentati da una destinazione diversa dei crediti inesigibili delle aziende e da contributi minimi da parte dei consumatori (basterebbero pochi centesimi a bolletta) per creare fondi di milioni di euro capaci di intervenire a favore delle famiglie in stato di povertà, senza attendere interventi pubblici che certo non arriveranno almeno a breve”.
Save the Children: ''Serve piano nazionale di contrasto alla povertà''. “Peggiora in modo allarmante la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia per povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%) che per la povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%). Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia Europa di Save the Children commenta i dati sulla povertà in Italia resi noti oggi dall’Istat. I minori più colpiti dalla povertà in tempo di cris, secondo il rapporto “Il Paese di Pollicino” presentato da Save the Children nell’ambito della campagna “Ricordiamoci dell’Infanzia” (www.ricordiamocidellinfanzia.it) sono i bambini con un solo genitore, ma anche quelli che vivono in famiglie dove i genitori hanno meno di 35 anni, che registrano un rischio povertà più che doppio rispetto alla media nazionale. A questi si aggiungono i figli delle famiglie più numerose, quelli nati nel Mezzogiorno, dove la probabilità di crescere in una famiglia povera è più di tre volte maggiore che nel resto del Paese, e i bambini di origine straniera, dove la povertà colpisce il 58,4% delle famiglie.
“Con la campagna “Ricordiamoci dell’infanzia” Save the Children ha richiamato l’urgenza di varare un piano nazionale di contrasto alla povertà minorile, indicando anche un pacchetto di proposte concrete per garantire un supporto immediato ai minori in condizioni di povertà assoluta, il rafforzamento delle reti dei servizi sociali ed educativi per l’infanzia, il sostegno al lavoro delle mamme, con un investimento progressivo di risorse tale da avvicinare l’Italia alla media europea di spesa per l’infanzia. Oggi, alla luce dei dati sempre più allarmanti resi noti dall’Istat, torniamo a ribadire la necessità di un intervento immediato e specifico di contrasto alla povertà minorile. Non possiamo rassegnarci al fatto che il peso della crisi economica che attraversiamo sia pagato proprio dai più piccoli, privati del necessario per la loro crescita. Un investimento su questo fronte non è rinviabile a tempi migliori ma deve essere inserito subito nelle priorità del governo,” conclude la Milano. (Redattore Sociale)