Mutilazioni dei genitali femminili/escissione — Il caso di Albenga

Rendere efficaci le misure di prevenzione contenute nella legge 7/2006

è la strada per prevenire la pratica senza ricorrere a misure estreme

che penalizzano ulteriormente le bambine

ROMA, 21 giugno 2012. Bene hanno fatto i giudici a intervenire di fronte al fondato sospetto che una bambina di origini egiziane, nata e residente in Italia, ad Albenga, con la sua famiglia, potesse essere sottoposta alla pratica delle mutilazioni dei genitali femminili/escissione (MGF/E) durante le vacanze nel paese d’origine, verso il quale la famiglia stava per partire.

La misura estrema adottata dai giudici, che a quanto riporta La stampa hanno temporaneamente sospeso la potestà genitoriale e disposto l’affidamento dei figli della coppia ai servizi sociali, è però una misura che non può diventare definitiva, poiché penalizza proprio la bambina, e i suoi fratelli. senza promuovere un cambiamento consapevole dei comportamenti da parte delle famiglie di origine africana che ancora considerano la pratica una tradizione da rispettare o, a volte, un obbligo religioso.

La legge n. 7/2006 – Misure per la prevenzione e il contrasto della pratica delle mutilazioni dei genitali femminili, aveva riconosciuto l’importanza fondamentale della prevenzione, cui è dedicato il primo capitolo della legge, e aveva previsto un finanziamento di 5 milioni di euro l’anno per tre anni per attività di ricerca e campagne di informazione, sensibilizzazione e formazione. Collocando le misure penali – assai severe peraltro – nel secondo capitolo della legge, lasciava chiaramente intendere che esse intervenivano a fronte di un fallimento della prevenzione.

È quanto di fatto possiamo dire sia accaduto ad Albenga, se l’intenzione di sottoporre la figlia a infibulazione, nonostante il divieto vigente in Italia, sarà confermata. Occorre infatti notare che il padre, in una successiva intervista sempre a La stampa, ha negato tale intenzione.

È probabile che la famiglia non abbia potuto beneficiare di iniziative di informazione sulla rilevanza penale della pratica in Italia, né sia stata coinvolta in attività di sensibilizzazione che avrebbero potuto dimostrare come le MGF/E sono una violazione dei diritti umani di donne e bambine e mettere in evidenza come anche nel loro paese d’origine, l’Egitto, la pratica sia ormai illegale e in progressiva diminuzione (vi sono state sottoposte il 96 per cento delle donne tra 45 e 49 anni, contro l’80 per cento delle ragazze tra 15 e 19 anni, dati DHS, 2008), segno che essa non è più percepita dalla società come un obbligo inderogabile per assicurare l’onorabilità delle donne e come una prescrizione del Corano.

AIDOS coglie dunque questa occasione per richiamare l’attenzione del Governo italiano – in particolare della Ministra Elsa Fornero che ha la delega per le Pari Opportunità – sull’importanza di riconvocare la Commissione nazionale sulle MGF/E, di verificare quanto hanno fatto o intendono fare le varie Regioni con i fondi loro attribuiti, e di rifinanziare la legge n. 7/2006 al fine di attuare iniziative di prevenzione con il coinvolgimento delle associazioni di migranti, le associazioni di promozione sociale e le istituzioni locali, informando e sensibilizzando le famiglie immigrate e costruendo reali percorsi di cambiamento che possano portare a un abbandono scelto e sostenibile delle MGF/E.

Per informazioni:

AIDOS, Ufficio stampa, Serena Fiorletta, tel. 06 6873214/196, ufficiostampa@aidos.it

Daniela Colombo, Presidente, cell. 335 6947168, d.colombo@aidos.it

Cristiana Scoppa, programmi prevenzione MGF/E, cell. 339 1488018, c.scoppa@aidos.it

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