Le elezioni di ieri in Francia e Germania erano fondamentali per il futuro dell’Europa. I risultati sono stati assai diversi tra loro, così come molto diversa era la situazione dei due Paesi.
Partiamo dalle buone notizie. In Francia il neopresidente Hollande ha ottenuto la maggioranza assoluta e potrà portare avanti, senza problemi, il suo avanzatissimo programma sociale ed economico che, ne sono certo, rappresenterà un’inversione di tendenza importante per l’economia transalpina. In molti punti il programma dei socialisti è assai condivisibile e anche trasferibile in Italia. L’aumento dei fondi alla ricerca ad esempio, l’abbandono progressivo della produzione di energia nucleare o l’istituzione di un salario minimo legato alla crescita, sono punti qualificanti di un vero progetto di centrosinistra attento sia all’equilibrio dei conti pubblici che allo stato sociale e all’ambiente.
Mi fa sorridere chi, come Mario Monti, si complimenta e ammira la svolta francese. Monti, lo riporta tra gli altri un bel post di Antonio Di Pietro, appena qualche giorno fa ha detto di aver “registrato una fortissima convergenza di vedute (con Hollande) su tutte le principali questioni sul tavolo”. Quali siano queste questioni non è dato sapere. Certo è che mentre Hollande vuole ridurre l’età della pensione a 60 anni, Monti e Fornero l’hanno alzata facendo diventare l’Italia il Paese dove si lavora di più. E basti questo per marcare una netta differenza.
Il ruolo di Hollande, anche per il particolare peso della Francia, sarà fondamentale anche per indurre la Germania a più miti consigli sulle soluzioni legate alla crisi economica. Certo, se Monti crea un asse con la signora Merkel, nonostante interessi diametralmente opposti, il lavoro di Hollande si fa più difficile. Eppure sta accadendo. Ecco un altro buon motivo per mandare a casa il nostro presidente del Consiglio e andare al voto subito per evitare che l’Italia diventi a sovranità sempre più limitata.
La cattiva notizia di ieri, invece, è relativa al risultato delle elezioni greche che hanno visto il successo di Nuova Democrazia, la principale forza di destra, che probabilmente formerà un governo con i socialisti del Pasok, usciti con le ossa rotte dalla tornata elettorale. Rispetto sempre l’esito delle urne, ma consegnare il Paese alle due forze responsabili di aver truccato i conti per entrare nell’euro mi lascia perplesso. A confermare la mia perplessità è il plauso immediato di tutti i poteri forti europei, cancelliere Merkel in testa. Non a caso i leader dei due partiti che formeranno il governo hanno annunciato immediatamente che il protocollo di lacrime e sangue, firmato nei mesi scorsi e che consentirà alla Grecia di restare nell’euro, sarà rispettato. Ho l’impressione che sia stata la vittoria dei banchieri, degli armatori e degli speculatori.
Nuova democrazia ha battuto, sia pure di misura, la maggiore forza della sinistra radicale, Syriza, a causa, a quanto mi dicono, soprattutto di un bombardamento mediatico e di pressioni senza precedenti. Syriza, infatti, è passata per essere la forza che voleva far tornare la Grecia alla dracma. Ho letto il loro programma. Pur non condividendolo in molti punti o ritenendolo di difficile attuazione in un momento come quello attuale in Grecia (mense gratuite in tutte le scuole, eliminazione dei ticket sanitari), non ho trovato nessuna posizione antieuro. Syriza e il suo giovane leader, Tsipras, volevano rinegoziare il protocollo con l’Europa che colpisce esclusivamente gli strati più deboli della popolazione facendo scivolare nella povertà e nell’indigenza anche il ceto medio. Ma in Grecia ha vinto la paura, hanno vinto i poteri forti e, come ha titolato un freepress italiano oggi, ha vinto la Merkel.