La crisi economica e politica continua. Non è più una novità per nessuno; anche se è sempre più difficile non esaminarne gli effetti. Il Governo Monti non è riuscito a frenare il processo involutivo della nostra economia. A parole, tutto sembrava possibile, i fatti hanno evidenziato una ben diversa realtà. Il Parlamento mantiene nei confronti dell’Esecutivo la posizione della “non” sfiducia; anche perché le responsabilità politiche non potrebbero più essere sottaciute ed il baratro è più vicino di quanto non sembri. Nei prossimi mesi, il Professore dovrebbe perfezionare la fase “due” del suo programma fiscale complicato, purtroppo, dai drammatici effetti tellurici. In altri termini, entro l’autunno, nuove imposte, dirette ed indirette, per i lavoratori, per i pensionati, per chi può contare ancora in un reddito sempre meno sostanzioso. Per previdenza e sanità, il fondo è stato raggiunto e non ci dovrebbero essere altre novità in negativo. Per tutto il resto, il 2012 resterà senza futuro. Mentre i salari e le pensioni hanno subito rilevanti frenate, gli “onorevoli” hanno ridotto loro competenze. Cifre insignificanti se, com’è già sicuro, per il 2013, gli aumenti salariali e pensionistici non dovranno superare il tetto dell’indice d’inflazione programmata (3%). Mentre il costo della vita, senza esagerare, non sarà inferiore al +15% rispetto all’attuale. Le leggi economiche varate da quest’Esecutivo Tecnico hanno dell’assurdo, ma sono le sole capaci, almeno per ora, di decelerare il crollo dell’economia nazionale. Nell’insicurezza del posto di lavoro, i pubblici dipendenti, nonostante tutte le restrizioni immaginabili, hanno la certezza di mantenerlo. Il concetto è chiaro: il poco si conta ed è sempre di più di chi non ha nulla. La macchina dello Stato ha costi ancora troppo elevati e la crisi non è stata così severa nei confronti dei suoi dipendenti. Aver diminuito i vantaggi economici dei parlamentari e delle più alte cariche dello Stato non ha tolto le castagne dal fuoco a Monti che si è trovato a gestire un bilancio disastroso, pur avendo alle spalle un sistema bancario da tutelare. Per decenni, gli uomini politici hanno dimostrato la loro ingordigia e la loro ambiguità sulle questioni economiche personali. Sono sempre stati gli italiani, soprattutto quelli appartenenti ai ceti medio bassi, a pagare anche per gli altri. C’è ancora parecchio superfluo da scovare e da eliminare. Resta, però, da dimostrare se ci sia veramente la volontà per farlo. Lo abbiamo già scritto ed ora lo confermiamo: gli incarichi politici non dovrebbero essere retribuiti. A coloro che ci rappresentano, a tutti i livelli, dovrebbe essere garantito un rimborso spese ed una diaria giornaliera. Punto e basta. Magari esenti da imposte. Per il resto, gli eletti dovrebbero continuare a svolgere le attività che curavano prima dell’elezione. Se il meccanismo funzionasse in questo modo, ci sarebbero meno scandali, meno corruzione e più onestà nel rappresentarci nelle varie sedi istituzionali. L’Italia non è il solo Paese ha far fronte ad una crisi economica che è internazionale, ma da noi il malcostume ha avuto un ruolo più rilevante che altrove.
Giorgio Brignola