“Falcone non è morto invano. Dobbiamo continuare la sua lotta. La mafia non è un problema solo italiano ma europeo e le soluzioni possono essere solo europee”. Questa frase è stata postata su twitter da Martin Schulz, il presidente del Parlamento europeo, e ci dà la consapevolezza di come il problema mafia debba essere affrontato. Non è un problema siciliano o del sud Italia, è una questione internazionale.
Per questo il ventesimo anniversario del barbaro attentato a Giovanni Falcone, a sua moglie e alla sua scorta, deve essere considerato per quello che è oggi la mafia, per come va combattuta con gli strumenti attuali e per come Falcone e Borsellino avevano dato delle indicazioni precise, degli strumenti di indagine, che negli anni successivi non sono stati sempre e sufficientemente tenuti in considerazione.
Come ha detto oggi in Senato, durante la commemorazione, il mio collega Li Gotti, responsabile Giustizia dell’Idv e avvocato penalista, uno che i fatti di mafia li conosce molto bene, qualcosa l’abbiamo sbagliata, perché la mafia è ovunque: “A distanza di 20 anni, la percezione di un fenomeno che si è diffuso come una metastasi su tutto il territorio rappresenta il fallimento e l’incapacità da parte nostra di incidere nella zona grigia. Noi siamo riusciti a contrastare la mafia militare, ma non siamo riusciti ad incidere sulla zona grigia che si ingrassa con la mafia e che con la mafia ha fatto e fa affari”. Un esempio? Proprio ieri è stato sciolto per mafia il comune di Rivarolo Canavese, in provincia di Torino.
Già, perché quella che oggi va combattuta più di tutte non è la mafia della lupara, ma quella in giacca e cravatta, che si è introdotta nella finanza e che fa affari d’oro con le pubbliche amministrazioni. Questo Falcone lo aveva detto in ampio anticipo su tutti gli altri e volle a tutti i costi la costituzione della Procura nazionale antimafia, che a quei tempi fu pesantemente osteggiata, perché aveva capito che il fenomeno andava colpito nel suo complesso, con tutte le sue ramificazioni. Non a caso fu lui a pensare al concorso esterno in associazione mafiosa.
Quel fenomeno che Falcone immaginava, a ragione, come un cancro esteso a tutto il Paese, punta, soprattutto nella globalizzazione odierna, di estendersi all’Europa. Per questo ha ragione Schulz, uno dei promotori della commissione antimafia dell’Unione europea. Questo, però, non deve diventare un alibi. L’impegno costante nella lotta alla mafia deve partire laddove la mafia nasce e si sviluppa. Insomma, non pensiamo di poter delegare all’Europa quello che è un problema che nel nostro Paese ha la sua genesi e la sua origine.
Qui vi rimando ad alcuni video e alcune inchieste su Giovanni Falcone che possono farci capire, più di tante parole, lo spessore di uno degli eroi della nostra storia. Un’intervista al maestro di Falcone del pool antimafia, Antonino Caponnetto (1 e 2) e l’ultimo intervento di Paolo Borsellino.