Raccontate ancora del 25 aprile come Maria Giovanna Giudice staffetta partigiana oggi volata via

 Raccontate ancora del 25 aprile come Maria Giovanna Giudice staffetta partigiana oggi volata via

Sembra incredibile ma è notizia di oggi che “Morire nel giorno in cui si festeggia la Liberazione per cui lei ha lottato negli anni della Resistenza, è successo a Maria Giovanna Giudice, 110 anni, che si è spenta all’alba nel novarese. Maria Giovanna Giudice, staffetta partigiana, era stata insignita della medaglia di bronzo al merito civile dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 16 dicembre 2008. Volto storico della Resistenza novarese, era mondariso, quando scelse di impegnarsi nella lotta antifascista.”
E’ un appello a chi ha vissuto e vive ancora, di raccontare la propria storia, sempre e non solo il 25 aprile, perchè siamo destinati tutti a volare via…
Ciao Bella ciao Maria Giovanna, cantano le mondine verrà un giorno che lavoreremo tutte in libertà…
Doriana Goracci
mondine in riso amaro Raccontate ancora del 25 aprile come Maria Giovanna Giudice staffetta partigiana oggi volata via
DAI RACCONTI DELLA STAFFETTA PARTIGIANA MARIA GIOVANNA GIUDICE
[…] Il mio compito era quello di fare da mangiare e lo portavo ai partigiani…nei boschi; portavo anche qualche bottiglia di vino e tutto quello che potevo mettere insieme.
Mio marito Pavlìn, Paolo Piatti, era quello che andava a portare i “biglietti” di notte. Io avevo paura che venisse catturato dai fascisti e allora gli ho detto: “Dalli a me, dalli a me, Pavlìn”; nascondevo i biglietti nel grembiule e andavo. Siccome avevo una sorella che abitava fuori dal paese di Cavaglio, loro non pensavano che io facevo la staffetta perchè erano convinti che andavo a trovare mia sorella.
[…] Ricordo che quando andavo a portare i “bigliettini” partivo dopo la mezzanotte per non essere vista; con il passare del tempo i fascisti sapevano del mio impegno, ma non sono mai riusciti a prendermi. Il loro desiderio era quello di farmela pagare, in un modo o nell’altro…
[…] Un’altra volta, ricordo che i fascisti sono venuti nel solaio dove c’era mio marito e gli hanno fatto bere l’olio di ricino; un bicchiere d’olio gli hanno dato! Perchè mio marito “era un uomo serio, si fidavano tutti di lui e i fascisti ne avevano paura”.
[…] Ne hanno ammazzati tanti a Cavaglio d’Agogna. Che io ricordo, ne hanno ammazzati sette; uno, povero ragazzo, l’hanno ammazzato là…in una chiesetta…stava mangiando una mela…aveva ancora un pezzo di mela in bocca…ma quel ragazzo non era di Cavaglio…hanno ammazzato anche alcuni partigiani di Novara.
[…] “Mamma mia! Quante paure e quante tremarelle che abbiamo preso!…Però, quanti ragazzi giovani hanno ammazzato”.
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