Dopo circa 66 anni di vita repubblicana, l’Italia è prossima al varo di un nuovo sistema politico che sostituirà l’attuale che ha evidenziato il palese scollamento tra il potere e la base elettiva. Dopo la proclamazione della repubblica Italiana ( giugno 1946), i mutamenti nel Paese sono iniziati da subito. Il bagaglio di “Santi”, “Poeti” e “Navigatori” fa parte del nostro passato. Un passato che non è riuscito a condizionare il nostro futuro. Dopo oltre mezzo secolo di “altalene” politiche della più svariata natura, nel 2013 gli italiani saranno chiamati a decidere del futuro loro e della Penisola. Difficoltà e sacrifici non mancheranno; certo è che siamo avvezzi alle rinunce e le polemiche non c’interessano più. I cambiamenti politici, anche se la “vecchia guardia” li teme, saranno risolutivi. Chi non sarà propositivo si troverà emarginato. Il potere non solo si deve saper gestire, ma anche meritare. A nostro avviso, il 2013 potrebbe essere l’anno della “nuova frontiera” nazionale. Nulla, per carità, da paragonare all’Epopea di Kennedy. L’Italia non è l’America. Nel bene come nel male. Certo è che il Bel Paese dovrà ritrovare il suo ruolo guida di Stato europeo, inserito, a pieno titolo tra i Paesi fondatori dell’UE. Quello che, ora, ci occorre è la chiarezza politica che non deve rifarsi al concetto dei “poli” inespugnabili ben noti sino allo scorso anno. Con Monti, un’era, in agonia, è spirata. Del resto, tutti ci siamo resi conto che chi ha rovinato il Paese non sono state le ideologie politiche, ma la gestione di coloro che le hanno utilizzate per i loro personali fini. L’ultima Generazione dei Partiti è finito. Ora, bisognerebbe cambiare i vertici del potere. Senza riguardi per nessuno. Al punto in cui siamo, non c’è più consentito di sbagliare. E’, invece, prioritario continuare l’impegno per sanare gli errori delle passate gestioni politiche. Le ipocrisie di Palazzo sono finite con Berlusconismo e con l’effimero mondo che non poteva sostenere la rigida economia dei Paesi europei emergenti. Nessun rimpianto, quindi, per quanto ci stiamo lasciando alle spalle e maggiore impegno per i mesi che ci aspettano. L’Azienda Italia c’è ancora. Mal concia, ma sempre nelle condizioni d’imporre la sua competitività. Con l’effetto “Professore”, le alleanze politiche contano sempre di meno. Il cambiamento è stato avviato. Fermarlo ci sembra impossibile. Come a scrivere che l’esperienza vissuta con un Governo “tecnico”, capace d’esistere senza compromessi, è la prova che il rinnovamento non è più solo un fatto psicologico. L’Italia ha bisogno di sostanziali cambiamenti negli equilibri politici nazionali; anche considerando, in modo meno marginale, il contributo dei milioni di Connazionali oltre frontiera. Gli uomini del vecchio apparato sono al tramonto; c’è anche chi lo ha espressamente riconosciuto. Il quadro politico del dopo 2013 non dovrebbe avere relazioni con i fatti, voluti o no, che ci hanno portato sull’orlo del disastro economico. L’ora del cambiamento s’avvicina. Giorgio Brignola