Decreto armonizazione pensioni. Basta Governo tecnico, andiamo al voto

Con la recente Manovra (L.214/2011) “Salva Italia”, recante “disposizioni urgenti per la crescita, l'equità' (!?) e il consolidamento dei conti pubblici”, è stato profondamente cambiato il sistema previdenziale, con il triste risvolto, che per “salvare l’Italia”, gli italiani delle categorie più deboli non si sono salvati. Per il Comparto Difesa e Sicurezza, in virtù di una decantata “Specificità”, è stato tutto rimandato ad un Decreto “ad hoc” di armonizzazione, da emanarsi entro Giugno 2012.

In virtù di ciò, l’altro giorno i Sindacati di Polizia e Vigili del Fuoco si sono incontrati con i rappresentanti del Ministero del Lavoro e dell’Economia. Chiaramente le Rappresentanze Militari, “brutte, sporche e cattive”, non sono state invitate, si muovono a tentoni, cercano di origliare in attesa che qualcosa si muova. I rappresentanti del Governo sono stati chiari, occorre ridurre il DIFFERENZIALE attualmente previsto tra i Comparti Difesa e Sicurezza e il restante Pubblico Impiego.

Vediamo in sintesi cosa hanno proposto i Ministeri:

– Aumento da 1 a 3 anni dei limiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Entro il 2018 si potrà andare in pensione tra 60 e 63 anni. Dopo il 2018 è previsto un innalzamento dell’età a 66 anni;

– Proposto di ridurre le “supervaluazioni” da 5 a 2 anni;

– Eliminazione Ausiliaria;

– Revisione delle Pensioni Privilegiate;

I rappresentanti del Governo hanno manifestato l’intenzione di giungere entro la fine di Marzo allo schema di Decreto per essere successivamente approvato dal Consiglio dei Ministri entro Giugno. Se queste sono le intenzioni del Governo rese note ai sindacati in occasione del primo incontro, pur immaginando dei margini di trattative, le speranze di una giusta considerazione per i Comparti cessano.

Teniamo conto che nell’ambito del Comparto Difesa il problema è doppio, legato all’innalzamento dei limiti di età, incombe il “Nuovo Modello di Difesa” con tagli ed esuberi da collocare. Con le attuali proposte del Ministero del Lavoro ed Economia, nella migliore delle ipotesi, tagliando 3 anni di “supervalutazioni” ed aggiungendo 3 anni all’età anagrafica, significherebbe aumentare immediatamente l’età lavorativa di 6 anni. Addirittura, per coloro che andrebbero in pensione dopo il 2018 si aggiungerebbero altri 3 anni di attività lavorativa, per un totale di nove anni (Azz!).

In queste nuove condizioni, persino una Revisione del Nuovo Modello di Difesa in 20 anni porterebbe danni mastodontici, figuriamoci una revisione del Modello in appena 12 anni (!?). QUARANTATREMILA persone da sfoltire si troverebbero una aggiunta età lavorativa tra i 6 e 9 anni. Come è possibile pensare che non sarà fatta “MACELLERIA SOCIALE”? A questo punto appare chiara la proposta di SMD di estendere la MOBILITA’ INTERCOMPARTIMENTALE o in CONGEDO (D.lgs, 165/2001, art.33) anche al personale militare come avviene nel restante Pubblico Impiego. Tutto ha senso e si prospetta sotto una luce diversa. Alcuni già conoscono e predispongono il nostro futuro, però non hanno il coraggio di dire le cose come stanno.

Come al solito, queste notizie le apprendiamo dai Sindacati di Polizia, le Rappresentanze Militari fanno la parte delle “Cenerentole”, sottoimpiegate sono lo specchio del restante corpo del personale nelle FF.AA.. Ai tavoli con i funzionari del Ministro del Lavoro ed Economia sono state volutamente escluse. Prive di indignazione, tutto questo succede mentre due Marò si trovano in carcere in India, senza neanche sapere perché, erano e siamo tutti convinti che stessero facendo semplicemente il loro lavoro. Eseguivano ordini, hanno avuto fiducia di chi li ha impiegati, salvo rendersi conto che ora si trovano nelle grane. I due episodi sono facce della stessa moneta, una metafora della condizione militare.

Vicinanze governative e comprensione per il lavoro che si svolge ne esiste poca. In questa finta “caccia al privilegiato”, dopo che l’Italia è stata salvata dalle fasce più deboli, compresi noi militari per quegli aspetti che ci accomunano come l’IMU, l’aumento della Benzina, sigarette e via discorrendo, eravamo fiduciosi che anche altre categorie più benestanti sarebbero state toccate ed invece non abbiamo visto nulla di significativo. Liberalizzazioni, lotta all’evasione, ritocchi agli stipendi milionari, riduzione dei parlamentari e dei loro stipendi, nulla, nulla, nulla. Solo maliziosi rimandi. Persino i blitz fiscali a Cortina d’Ampezzo o di Sanremo, con il senno del poi, danno l’idea di una montatura mediatica volta a calmare gli animi di chi realmente è stato tartassato nelle pensioni e su tutto il resto.

Il rischio che si inneschi una guerra tra poveri, tra coloro che sono andati in pensione in questi ultimi 5 anni e chi andrà nei prossimi cova nell’animo dei nuovi malcapitati. E’ troppa la differenza di chi ci ha preceduto di poco e di chi seguirà. Anni di servizio, coefficienti di trasformazione pensionistica, TFS tutto in cascata libera per una generazione tra i 40 e 50 anni. Ed è sempre questa generazione che soffre del sistema Contributivo e della mancata ’attivazione dei Fondi Pensioni da ormai 16 anni, (“cornuti e mazziati!”).

D’altra parte, il Governo tecnico ha l’alibi che i politici hanno distrutto il paese, non sono CREDIBILI e in grado di ricomporre la situazione. Sembrano avere carta bianca come è successo per le olimpiadi e come si vorrebbe che succedesse ora per le pensioni dei militari. Il paese è alla deriva, le garanzie sociali si perdono, si è messo in discussione la sanità, la scuola ed ora anche la sicurezza e difesa dei cittadini.

A questo punto non rimane che sperare che il Governo cada e si vada a votare, probabilmente non servirà, al peggio non c’è mai fine, però si allontana il rischio. Non si tratta di egoismo corporativo, bisogna invertire il trend, salvare gli italiani prima ancora che l’Italia. Ahimè, Italia ed Italiani non sono più la stessa cosa. La Nazione sono i numeri, l’economia, il PIL, lo spread, gli Italiani sono le persone, i sentimenti, le paure, le speranze, i sacrifici. Il declino della nostra società prima ancora che economico è etico. Mancano i valori di riferimento, fiducia nella classe politica e dirigenziale, nelle istituzioni. Lobby e burocrati non mollano la presa.

Propagandare come privilegi le “supervalutazioni”, le “pensioni per causa di servizio”, i limiti di pensione di vecchiaia per poliziotti e militari significa non riconoscere le ragioni profonde che sottendono a certe tipologie di lavoro nello Stato. Se così è, vada tutto in malora andiamo a votare e tiriamo a campare fin che si può.

Ferdinando Chinè

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