Voto 4 alle finte liberalizzazioni del governo

Pasticciato e confuso nella forma, insufficiente nei contenuti: voto 4. Tra errori da matita blu, correzioni fatte male, divagazioni fuori tema e mancate risposte, il decreto sulle liberalizzazioni non merita di più. Dispiace doverlo ripetere, ma è così. Dispiace per il Paese, che ha bisogno di vere liberalizzazioni e che dovrà invece accontentarsi di un pacchetto di misure farlocche, che lasceranno intatti i santuari dei poteri forti senza aprire i mercati né favorire la crescita. E dispiace per la grande occasione sprecata, visto che da un governo guidato dall’ex commissario europeo alla concorrenza, Mario Monti, e che ha in squadra l’ex presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, era lecito aspettarsi molto, molto di più.

Ci voleva più coraggio, ma, come dice don Abbondio, se uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare. Allora ecco che poco alla volta, sotto la pressione asfissiante delle lobby, il testo iniziale del Governo, già troppo timido, è stato svuotato di contenuti, al punto che anche quelli che avrebbero dovuto essere i pilastri del provvedimento si sono alla fine ridotti a ben poca cosa. Hanno venduto ottone spacciandolo per oro all’opinione pubblica.

Penso alle misure sui tassisti, sui farmacisti, sui professionisti, spacciate come le chiavi per aprire i mercati, esibite come trofei, ma poi smontate un pezzo alla volta. Sono sparite, una dopo l’altra, la norma che avrebbe dovuto permettere la costituzione di società senza notaio, quella che prevedeva per i professionisti l’obbligo di preventivo scritto, quella che introduceva l’equo compenso per i tirocinanti (che dovranno invece accontentarsi di irrisori rimborsi spese forfettari). Sulle farmacie è stato raggiunto un compromesso al ribasso. Sulle licenze dei taxi ci si è limitato a metterne qualcuna in più sul mercato, riconoscendo però l’ultima parola ai Comuni. Piccole cose, briciole che stanno alle liberalizzazioni come i telegatti stanno agli oscar hollywoodiani.

Anche le banche, che gridano alla lesa maestà, possono in realtà rallegrarsi per come sono state trattate dal governo dei banchieri. Si è molto parlato e scritto della bufala dei conti correnti gratis per i pensionati che ricevono fino a 1.500 euro al mese. Una bufala, perché si sbandiera che non ci saranno spese di apertura e di gestione del conto relativamente all’accredito e al prelievo della pensione, ma non si dice che ogni altro servizio aggiuntivo sarà a pagamento. Insomma, il pensionato dovrà aprire per forza il conto corrente, non pagherà l’essenziale ma pagherà tutto il resto e a guadagnarci è, guarda caso, la banca.

Monti ha inserito nel decreto l’Imu sui beni della chiesa Chiesa adibiti ad uso commerciale, ed era ora vista la procedura d’infrazione avviata dall’Ue sull’Italia, ma si è ben guardato dal mettere all’asta le frequenze tv che Berlusconi si era regalato inventandosi l’inverosimile beauty contest. Fatto 30 avrebbe potuto fare 31, invece niente! E niente anche sulle assicurazioni, sulle poste e sulle ferrovie, ossia sui veri centri di potere del Paese.

Poi c’è la chicca della norma sulla tesoreria unica. Una norma incostituzionale, che ha l’effetto di escludere gli Enti Locali dalla disponibilità diretta delle proprie risorse depositate presso il sistema bancario. Si tratta, evidentemente, di una gravissima limitazione dell’autonomia delle Regioni e degli Enti Locali prevista dagli articoli 118 e 119 della Costituzione che, inevitabilmente, pregiudica i servizi ai cittadini impedendo ai comuni un corretto e virtuoso utilizzo delle risorse per gran parte provenienti dai tributi locali.

L’elenco delle vergogne è lungo, troppo per poterlo riassumere qui. Ciò che è certo, però, è che tra imbarazzanti retromarce, misere operazioni di facciata, cedimenti ai lobbisti, quello che era un brutto decreto è stato addirittura peggiorato in commissione. E non è finita, perché tanto tutto verrà approvato con un altro voto di fiducia!

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