HOUSTON, Texas – Nelle prossime elezioni presidenziali il presidente Obama potrebbe finire per soccombere per l’estrema impopolarità che s’associa agli aumenti senza sosta della benzina nonostante l’economia Americana sembri dare timidi segni di ripresa che lascerebbero sperare nella sua rielezione. A neutralizzare l’effetto devastante dell’aumento della quantità di dollari che si lascia alla pompa quando si va a fare il pieno non basterebbe quindi ne’ il miglioramento del mercato azionario, ne’ l’abbassamento del tasso di disoccupazione esistente adesso nel paese.
Da recente, secondo i sondaggi dell’American Automobile Association, gli automobilisti americani hanno dovuto pagare in media tre dollari e cinquantasette centesimi per un gallone di carburante normale con un aumento di diciotto centesimi rispetto a Gennaio, un notevole aumento di ben quaranta centesimi rispetto lo stesso periodo del 2011. Si tratta di un’impennata ancora più impressionante se si considera che in alcune aree degli Stati Uniti come la costa occidentale il prezzo e’ ancora visibilmente più alto rispetto ad altre dove, in paragone, si spende di meno. Questo problema con il quale gli Americani devono fare i conti tutti i giorni sta cominciando a preoccupare il presidente democratico che ha messo in moto la macchina organizzativa per la sua rielezione già da tempo.
Importanti analisti del settore petrolifero ed energetico ai quali viene chiesto di spiegare questa escalation del prezzo della benzina rispondono subito che e’ connessa con quanto succede nel mondo e, specialmente, al precipitare della crisi con l’Iran. Si teme che, nel caso in cui si verifichi un conflitto, vangano compromessi i rifornimenti. Le sanzioni imposte all’Iran, la sensazione che il confronto con questo si stia facendo sempre più probabile e vicino s’accompagnano alla paura che la penuria delle scorte sia una dura realtà con la quale ci si dovrà confrontare e che sarà difficile da gestire.
Gli aumenti attuali sono causati dal fatto che le compagnie petrolifere si stanno preparando ad una situazione di difficoltà di questo tipo dalla quale non intendono farsi cogliere impreparati. Tutti stanno comprando petrolio per non rischiare di trovarsi senza scorte e fra questi le compagnie aeree per le quali una situazione di bassa disponibilità sarebbe non solo catastrofica ma potenzialmente più che critica per la loro stessa sopravvivenza. Si cerca di capire ciò che avverrà in estate, il periodo della grande richiesta legato all’aumento degli spostamenti degli automobilisti d’America.
Nessuno ha la palla di cristallo e nessuno e’ in grado di prevedere quale sarà il prezzo della benzina nei mesi più caldi ma, intanto, rimane certo che dal punto di vista della tattica politica i Repubblicani, dopo le alterne vicende dei loro candidati di punta alle primarie, hanno trovato forse il grimaldello che cercavano da tempo per scardinare la speranza in un secondo mandato presidenziale da parte di Obama. Potrebbe essere l’ultima spiaggia per i conservatori per i quali la radicalizzazione della loro campagna politica potrebbe farli naufragare com'è già avvenuto alla candidata dell’estremismo del Tea Party Michele Bachmann la quale e’ ormai quasi scomparsa nella corsa per la nomination.
Obama rischia di fare la stessa fine del suo predecessore se i suoi avversari ritornassero a discutere di temi economici con decisione e se tra questi dovesse rimanere in evidenza l’allarmante costo del carburante. Questa e’ dunque l’arma più potente che i Repubblicani si trovano attualmente in loro possesso e che, com’era prevedibile, sono intenzionati ad usare al meglio ed a loro vantaggio.
Non e’ dunque da meravigliarsi che, dopo i suoi pericolosi rovesci nelle primarie, Newt Gingrich sia uscito allo scoperto dichiarando che la politica del presidente e’ fondata su prezzi della benzina più alti, su una dipendenza ancora maggiore dai paesi del medioriente, su una maggiore vulnerabilità rispetto all’Arabia Saudita, all'Iraq ed all’Iran, e che ciò rappresenti la direzione sbagliata da prendersi.
Nel corso della sua intervista del 19 febbraio a Fox News Gingrich ha ammesso anche che neanche lui ipotizza un ritorno del prezzo del gallone a due dollari e mezzo o a due dollari in tempi brevi. Il costo della benzina, ha ricordato il candidato repubblicano, era di un dollaro e tredici centesimi alla fine degli anni novanta in cui era portavoce della Casa dei Rappresentanti ed era di un dollaro e ottantanove quando Obama presto’ giuramento. Due dollari e mezzo non e’ una cifra “inconcepibile” tranne che per l’establishment di Washington, ha concluso Gingrich aggiungendo che ciò spiega come mai “le cose buone che potrebbero farsi per gli Americani non si possono fare.”
Non rimane molto chiaro, a questo punto e con l’attuale congiuntura economica, come potrebbe fare un nuovo “establishment” repubblicano a riportare ai costi dei buoni tempi passati il costo della benzina. Visto che il settore energetico e’ di tendenze conservatrici e che si dovrebbe fare cambiare del tutto la situazione nel medioriente, ponendo fine alla rotta di collisione con l’Iran, sembra poco probabile che chiunque riuscisse ad ottenere la nomination repubblicana per le prossime presidenziali sia in grado, una volta giunto alla Casa Bianca, di far felici gli automobilista d’America riportando il costo della benzina sotto i tre dollari. In ogni caso, le notizie di un embargo al petrolio iraniano e le ovvie difficoltà d'approvvigionamento che si avrebbero, nel caso non molto remoto di un conflitto nell’area del petrolio, non sono tali da poter dare moto sostegno alle facili promesse di Newt Gingrich che ha fatto intendere d’essere in grado di risolvere un problema difficile e complesso come questo con un colpo della bacchetta magica che certamente non ha. I Repubblicani non sono certamente i più tolleranti rispetto alla politica aggressiva dell’Iran nei confronti dell’alleato israeliano ed il peggiorare della crisi con il paese degli ayatollah o, peggio, lo scatenarsi di un conflitto con questo non potrebbe che far levitare ancora maggiormente il costo dei carburanti per cui quanto afferma Gingrich nella sua intervista non e’ altro che gratuita eloquenza populista, prevedibile e giustificabile solo da ovvie necessita’ elettorali.
Per questo motivo, mentre Obama sta cercando di gettare acqua sul fuoco dell’incendio iraniano nel tentativo di scongiurarlo, gli Iraniani invece si stanno comportando in maniera arrogante con le loro manovre militari e con il loro invio d’unita’ navali proprio perché si rendono conto che le loro minacce hanno un impatto diretto sul prezzo che pagano gli Americani nel rifornire le loro auto.
Rimane poco da fare ed il numero delle opzioni disponibili diventa sempre più ristretto. Adesso tutte le speranze sono riposte nella collaborazione dell’Arabia Saudita che, in caso di guerra, si spera sia disposta ad aprire al massimo i rubinetti del proprio petrolio, minimizzando in questo modo gli ammanchi che si verificherebbero. I Sauditi hanno scorte sufficienti per rimpiazzare il petrolio iraniano ma, ciononostante, la spedizione di queste in America sarebbe ugualmente a rischio perché dovrebbe transitare su rotte che sono sotto la minaccia delle ritorsioni dell’Iran.
Obama non e’ in grado d’andare a chiedere al re saudita Abdullah di tenere basso il prezzo del greggio perché possa essere rieletto, tuttalpiù, può chiedergli, appunto, d’immettere più petrolio sui mercati per ottenere lo stesso effetto e, siccome questa e’ una mossa più che scontata, non e’ da escludersi che questa richiesta sia già stata fatta o che si stia facendo proprio in questo momento.
Chi ha studiato la giovane democrazia americana sa bene che una delle caratteristiche più importanti degli Stati Uniti e’ la mobilita’ e che questa, fin dalla rivoluzione dell’American way of life effettuata da Ford, e’ realizzata specialmente dal trasporto su gomma. Per questo motivo, risolvere il problema dell’abbassamento del costo della benzina potrebbe rivelarsi, il fattore determinante per la rielezione di Barack Obama alle presidenziali di martedì sei del prossimo mese di novembre .
RO PUCCI
02 / 27 / 2012
I-AM, HOUSTON, TEXAS