ITALIA CHE CAMBIA

Siamo certi che non sia sfuggito a nessuno il rapido mutamento di quest’Italia post Berlusconiana. Con l’era Monti, il Paese si è prontamente modificato; soprattutto sotto il profilo socio/economico. Più per imposizione che per convinzione. Non riconoscerlo rappresenterebbe un grossolano errore che andrebbe ad incidere negativamente sugli sviluppi della “fase due” di questo Governo tecnico; il cui fine primo è “liberalizzare”. L’Italia ha dovuto adeguarsi al suo ridimensionato status di membro UE. La “pagella” d’insufficienza non ci ha trovato, però, impreparati. Il Terzo Millennio, nato sotto buoni auspici, si è rivelato non privo d’insidie per il nostro futuro. Eppure, volenti o no, non siamo più gli stessi. Su questa nostra percezione, che riteniamo di poter generalizzare, andranno a collocarsi tutte quelle riflessioni atte ad evidenziare la realtà con la quale dovremo coesistere. Il Paese degli anni 2000 è in via di cambiamento. Non azzardiamo ipotizzare se in meglio o in peggio. In questo periodo, soprattutto nell’ultimo quinquennio, ci siamo accorti che la generazione dei politici, orfana da veri ideali, è mutata. Si è dilatata e sono cambiati i suoi termini di raffronto sostanziali. In pochi giorni, un Governo si è dimesso. Si è decomposta un’alleanza e, quella che era l’opposizione, si è ridimensionata sul fronte degli artifici che, ora, non avrebbero pregio per il Popolo italiano “indebitato”. Convinti che “mal comune non è mezzo gaudio”, siamo tra gli Stati UE in coda all’Unione. L’Euro non ci ha salvato e la nostra economia dovrà fare i conti con un Vecchio Continente molto propenso a chiedere, ma restio a dare. Gli obiettivi per andare avanti ci sono ancora, ma la frenesia dei cambiamenti ha determinato un’incertezza che continua a rallentare ogni tentativo d’uscire dal tunnel dei processi inconvertibili. Non riteniamo, analizzati i pochi fatti certi, che l’Italia del futuro avrà maggiore autonomia operativa; anche perché il processo di trasformazione è appena iniziato e neppure in sordina. Secondo noi, ci sono parecchie altre realtà da precisare e nuovi impegni da assumere. Il futuro del Paese non dipende solo dai sistemi dello Staff Monti. Però questo Governo atipico è il primo segnale di un futuro che ha iniziato a manifestarsi. Nella migliore delle ipotesi, sino alla primavera dell’anno prossimo, non ci dovrebbero essere efficaci mutamenti di rotta. Il nostro modello di vita, però, ha già iniziato a variare. Ciò che ci preoccupa è che gli italiani, nella loro maggioranza, siano disposti agli assestamenti che seguiranno l’emergenza. Ora, dovrebbero essere i politici a fare delle proposte; anche alternative. Al Parlamento spetta tornare a lavorare. Un Esecutivo “normalizzato” dovrà assumersi le responsabilità che ora sono in mano ai “tecnici”. Come a scrivere che la politica, ma quell’innovata sul serio, potrà tornare a giocare un ruolo finale. A nostro avviso, però, mancano ancora gli uomini per rendere realista il passaggio dei poteri. Così, mentre l’Italia continua la sua fibrillazione economica, gli uomini di partito, caparbiamente aggrappati a quest’ipotetica Seconda Repubblica, mancano dell’essenziale volontà di cambiamento. Nessuno escluso.

Giorgio Brignola

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