LE INVASIONI BARBARICHE
Giovanna Canzano
intervista
FRANCESCO PAOLO D’AURIA
20. 2. 2012
Canzano 1- In ogni tempo e da ogni parte l’Italia è sempre stata l’obiettivo di invasioni, cosa ne pensa?
D’AURIA – Purtroppo dai lontani anni di scuola, abbiamo dovuto apprendere che questo meraviglioso Paese, definito il Bel Paese, ha dovuto subire moltissime invasioni. Anche la fondazione di Roma si fonda su un mito che attribuisce le origini della storia romana alla occupazione da parte di Enea e dei suoi, scampati alla distruzione di Troia, di una parte del litorale laziale. Si tratta, naturalmente, di leggenda ma qualsiasi Storia, in mancanza di testimonianze e di documenti, nasce sempre da una leggenda tramandata oralmente. A parte le origini di Roma, l’Italia è stata sempre invasa da altri popoli non autoctoni, gli Etruschi, i Greci ed anche i Galli celtici insediati al nord.
Allo sfacelo dell’Impero Romano, le invasioni si moltiplicarono e, per secoli, l’Italia è stata vittima di incursioni di popoli barbari. I meno barbari erano, per ironia, i pirati saraceni!
Canzano 2- Fra qualche giorno si celebra la ricorrenza dello sbarco di Anzio; pensa che si possa classificare lo sbarco di Anzio come una delle tante invasioni?
D’AURIA – Direi di si, anzi non vedo come si possa affermare il contrario. Ovviamente ci sono differenze sostanziali. Innanzi tutto i tempi recenti e la guerra disastrosa e poi il fatto importante che i moderni invasori venivano a conquistare un paese che, di fatto, non combatteva più essendosi arreso.
Canzano 3- Ma perché ci fu questa invasione dell’Italia?
D’AURIA – Diciamo una invasione pressoché inutile e contraria ad ogni logica di strategia militare. Dal punto di vista offensivo, l’Italia aveva perduto le sue migliori divisioni in Africa e non era in grado di attaccare su nessun fronte. Poteva, al massimo presidiare in qualche modo le zone occupate di nessuna rilevanza ai fini strategici. Anche dal punto di vista difensivo l’Italia non aveva risorse: popolazione e truppe demoralizzate, assoluta dipendenza dalla Germania per forniture di carbone, carburanti e materie prime di ogni genere. In Sicilia, infatti, opposero maggior resistenza le due divisioni tedesche di rinforzo che non le divisioni italiane. Gli anglo americani condussero una campagna insensata e inutile in Italia mentre, per sconfiggere la Germania, Stalin chiedeva, pressantemente e fino alla insolenza, uno sbarco nel nord Europa e non uno stillicidio di risorse. Una campagna, quella italiana, quindi, inutile e dispendiosa.
Furono il “gatto e la volpe”, cioè Churchill e Roosevelt, a concepire questa idiozia che ha portato solo devastazioni e collasso morale e materiale dell’Italia.
Con particolare riferimento allo sbarco di Anzio, Churchill voleva “lanciare un gatto selvatico” alle spalle del dispositivo difensivo di Cassino che si era rivelato difficile da superare. Come scrisse lo stesso Churchill, il gatto selvatico si era trasformato in una “balena arenata sulla spiaggia”.
Canzano 4- Quali furono le conseguenze?
D’AURIA – Il collasso morale e materiale dell’Italia e, ancora oggi, la perenne crisi delle istituzioni, la faziosità fra italiani, il degrado, la mancanza di dignità, la viltà, la endemica corruzione diffusa in ogni settore della vita italiana, le distruzioni per i bombardamenti, le centinaia di migliaia di morti, la guerra partigiana a favore dei nemici angloamericani, le stragi commesse dagli stessi partigiani a fine guerra, le foibe con l’assassinio di decine di migliaia di italiani, tutto va messo in conto a quella che io definisco la peggiore e la più disastrosa delle invasioni barbariche.
Canzano 5- Lei era a Roma in quei giorni, quali sono i suoi ricordi?
D’AURIA – Ricordi…….. A scuola quella mattina Padre Federici, il mio professore di lettere, era ammalato e il supplente faticava a mantenere la disciplina; era una abitudine prendere i supplenti sotto gamba. La povera vittima, per ammansire la scolaresca indisciplinata, disse: “Se fate i buoni vi darò una bellissima notizia”. “Io la so!” strillò un mio compagno; “Anch’io!” fece eco un altro. Allora il supplente fu costretto a dirci tutto e subito: “Sono sbarcati questa notte ad Anzio gli americani e fra due giorni al massimo saranno a Roma”. Gridi di giubilo da tutta la classe! Occorre dire che dei circa trenta ragazzi della mia classe solo due (io e Marcotulli) erano iscritti al PFR, questo a smentire i bugiardi che sostengono che l’iscrizione alle organizzazioni giovanili fosse obbligatoria! Due su trenta. L’anno precedente erano trenta su trenta! Passarono i due giorni e, nonostante la fiducia nell’arrivo dei liberatori, ci vollero altri cinque mesi. Quegli ultimi cinque mesi furono tragici per la popolazione di Roma, con il fronte a pochi kilometri. E ancor più per la popolazione di Anzio e Nettuno, costretta a rifugiarsi nelle retrovie tedesche per un po’ e poi deportata in Calabria per parecchio tempo. Case, beni ed animali per il lavoro nei campi andarono persi così come anche tutto quanto serviva per le attività di pesca. Ma in cambio di sofferenze e tanti morti il popolo di Anzio e Nettuno, così come tutto il popolo italiano poteva finalmente avere la tanto promessa “libertà”. Ed è su questo tema che occorrerebbe fare una “revisione” anche se questa parola suscita una immediata alzata di scudi e urla di sdegno da parte dei “gendarmi della memoria”, come li definisce Gianpaolo Pansa.
Canzano 6- Non pensa che gli angloamericani invasero l’Italia per portarci la libertà?
D’AURIA – Diceva il grande Totò: “ma mi faccia il piacere..!”
La libertà….! Scriveva Mazzini: “guai a quei stranieri che mi dicessero: tieni, ti porto a libertà! Basterebbe questo perché li considerassi miei eterni nemici….. !”
Ma il grande pensatore era ormai dimenticato da oltre mezzo secolo quando ci fu chi pensò di riavere la libertà dagli invasori. Non si sa bene di quale libertà si possa parlare perché, come sarà detto in prosieguo, sia come Nazione che come popolo, l’Italia era molto più libera sotto la dittatura fascista che sotto l’attuale regime di falsa democrazia. Va inoltre osservato che, senza eccezione, non si è mai sentito di un invasore che dichiarasse di portare la schiavitù. Tutti gli eserciti invasori pongono ben in vista sui propri stendardi la parola magica: “LIBERTA’”! Concetto che ognuno adatta ai propri desideri e che quindi si allarga o si restringe a seconda di chi ne fa uso: l’Armata Rossa, nell’instaurare regimi autoritari nei paesi dell’Est Europa, alzava la bandiera della “liberazione”! Anche le truppe italiane alla conquista dell’Etiopia si dicevano portatori di libertà; si rammenti la famosa “faccetta nera piccola abissina” cui veniva promesso “ti porteremo a Roma liberata”. La guerra di Spagna (la Cruzada), contro il comunismo ed a sostegno della dittatura di Franco fu posta sotto l’egida della libertà! Anche nella II guerra mondiale l’Italia si proponeva di liberare Nizza, Savoia, Malta, Tunisi e la Corsica oltre che a spezzare le catene che ci legavano nel “nostro mare”! Quindi parlare di “libertà” significa solo usare una bellissima parola a cui, purtroppo nessuno ha mai voluto dare un significato univoco! E’ incontestabile che l’Italia odierna non è un paese libero e il popolo italiano è costretto a vivere sotto l’incubo della paura e della insicurezza, soggetto ad abusi e soprusi, vedendo i propri diritti calpestati ad ogni stormir di foglia. L’Italia non è un paese libero!
Ancora oggi, ogni campagna bellica viene contrabbandata come “liberazione” sia da un dittatore divenuto inviso a chi lo ha messo al potere e sostenuto per anni, sia da un regime ritenuto inaffidabile e “non collaborativo” perché ancorato a posizione contrarie agli interessi delle nazioni più potenti.
Nonostante quanto qui affermato, con la presunzione di aver scritto cose quanto meno ragionate, fra pochi giorni, assurdamente, contro ogni logica e contro la dignità nazionale, le trombe liete squilleranno, inni e canti echeggeranno, facce di bronzo con sciarpe tricolori fingeranno di celebrare una falsa vittoria ed andranno a versare lacrime sulle tombe non di italiani Caduti per la Patria ma sulle tombe degli invasori. Fino a quando?
Canzano 7- Ma lei ha parlato di “invasione barbarica” .
D’AURIA – Si, la barbarie..! Non sono solo i fatti e i crimini, gravissimi, che hanno accompagnato l’ultima delle tante “invasioni barbariche”, ad avere rilievo quanto le conseguenze della cosiddetta “liberazione” che hanno provocato stravolgimenti irreversibili e la decadenza della civiltà greco, romana, cristiana, rinascimentale, illuminista e risorgimentale; quella civiltà che ha illuminato il mondo per oltre duemila anni.
L’Europa, nei millenni, è stata la fucina di ogni progresso e di ogni civiltà e, proprio per questo, è stata l’agognata meta di ogni trasmigrazione. Se si analizzano in dettaglio gli avvenimenti passati, si vede come le popolazioni barbare che invadevano, a scaglioni e ripetutamente, l’Impero Romano e poi quello Bizantino, in realtà non volevano sostituirsi all’Impero ma farne parte. Quei popoli avevano l’ambizione di chi ha vissuto in una capanna o all’addiaccio e, con la forza, entra in una abitazione più comoda e confortevole per goderne. I barbari non cercarono di imporre la loro civiltà ma vennero a prendere ed assorbire quella romana ed europea tanto che la quasi totalità dei nuovi venuti, accettarono la religione cristiana e la cultura romana a cominciare dalla scrittura e dal linguaggio. L’ultima invasione dell’età medioevale, in ordine di tempo, quella Normanna, fu pacifica, fornì governi dove l’autorità mancava, provvide alla difesa di popolazioni inermi in balia delle incursioni piratesche.
L’invasione angloamericana, al contrario, in tempi moderni, oltre a immani distruzioni, vandalismi, ruberie, stupri, uccisioni, arbitrii e violenze di ogni genere, come peggiore atto criminale, impose ai popoli conquistati e sottomessi la propria mentalità affaristica, il culto del Dio Denaro, il proprio stile di vita, il proprio linguaggio, la propria musica, la propria mediocrità e, peggior di tutti i mali, la propria infinita corruzione sia materiale che morale. Per finire, fra i peggiori crimini, gli invasori imposero la loro “verità storica” come dogma invariabile e indiscutibile inquinando per decenni la ricerca della VERITA’..
Per cominciare gli invasori si servirono della mafia e di altre cosche di malaffare, debellate dai governi precedenti, riabilitandole e riportandole in efficienza. Non era che l’inizio!
L’indisciplina dei soldati alleati fu causa di enorme turbamento, i facili guadagni crearono le premesse del disfacimento che è oggi sotto gli occhi di tutti. Oggi tutto è corrotto o corruttibile, dal poliziotto al giudice, dal funzionario all’impresario, dal professore universitario a, dispiace dirlo, uomini di governo. La corruzione diffusa non ha risparmiato il popolo minuto; basti pensare alla capillare evasione fiscale, alle false invalidità, all’assenteismo diffuso fra gli impiegati, ai posti “assegnati” e pagati per esercitare la prostituzione, alla mancanza di cure e attenzioni per i malati da parte degli infermieri, ai certificati falsi e ai falsi malati, ai falsi testimoni e alle false consulenze.
E si preferisce qui non affrontare il problema della droga, problema vastissimo, gigantesco, anch’esso importato sull’onda della valanga liberatoria.
E’ da chiedersi: chi in Italia e in Europa o forse nel mondo, chi è esente dalla corruzione metastatizzata dovunque come un cancro mortale? E di chi la colpa? Dove ha avuto origine questa inguaribile cancrena?
Certo non nasce dal nulla e, prima dello Tzunami che si è abbattuto sull’Europa e sul mondo e che tutto ha sconvolto e travolto in un caos distruttivo, non era questa la situazione.
C’è ancora chi può testimoniare di quando, nella storia recente italiana ed europea, si lasciavano le porte aperte e si dormiva con le finestre spalancate. Non esistevano inferriate alle finestre, serrature di sicurezza, sistemi elettronici di allarme; come mai? Era il paradiso dei ladri e malfattori? Oggi si vive barricati in casa con allarmi e porte blindate. Allora si poteva passeggiare fino a notte fonda senza timore di aggressioni o stupri, non c’erano, come adesso, telecamere ad ogni angolo di strada, carabinieri, polizia, vigili e vigilantes; un vero esercito di quasi mezzo milione di persone contro i 17.000 dei tempi che furono. Per ritirare la pensione la nonna non aveva bisogno della scorta armata, bastava il nipotino. Le piazze e le strade erano dei cittadini e non delle prostitute, degli spacciatori e dei balordi d’ogni specie ed etnia. Bastavano poche carceri per punire i delinquenti e la giustizia ordinaria funzionava perfettamente. I servitori dello Stato sentivano la responsabilità del ruolo svolto e rispondevano col massimo impegno e se meritevoli facevano carriera. Ora, in un qualsiasi ufficio pubblico, non si distingue fra un dipendente coscienzioso ed un lavativo: non è consentito premiare il meritevole ed è assolutamente proibito licenziare chi non lavora o batte la fiacca. I giovani venivano educati al senso civico, all’amor di Patria, al rispetto per il prossimo e al cameratismo; sapevano cos’era il sacrificio e lo sport era il loro principale svago. La cultura in Italia era la prima nel mondo, oggi si studia in terza media quello che si studiava in terza elementare, non si bocciano i somari e gli svogliati ma si da loro agio di arrivare all’università e prendere la laurea che, di conseguenza è sempre più svalutata. Per non parlare della licenza liceale che, una volta, era uno scoglio da superare per accedere all’Università e che secerneva i ragazzi volenterosi e studiosi, preparati nella cultura generale e psicologicamente. Oggi l’ignoranza regna sovrana anche fra i docenti. I ragazzi e le ragazze andavano a passeggio vestiti semplicemente ma elegantemente mentre oggi, vestono magliette con scritte cubitali e stupide, pantaloni da straccioni e sembrano non avere alcun buon gusto nell’essere eleganti. La volgarità, il parlar scurrile, l’indecenza, la mancanza di pudore, l’uso di un gergo volgare e da illetterati, ogni modo di comportarsi o di esprimersi più abietto viene non solo tollerato ma imitato e apprezzato. La mancanza di educazione, l’arroganza, il sopruso, la violenza fisica e verbale, con un diffuso egoismo, regnano sovrani. L’apprezzamento per l’arte è scomparso, la musica di Verdi e di Mozart lasciano tristemente il passo ai concerti rock.
Ecco cosa ci viene dal contagio pestifero della “civiltà” materialista imposta al mondo dalle orde barbariche che sconvolsero i nostri equilibri, la nostra cultura, le nostre abitudini, la nostra civiltà, la nostra Fede!
Le famiglie – e per famiglie intendiamo quelle vere e non i surrogati gay – facevano figli perché lo Stato le sosteneva con Istituti, molti dei quali poi abrogati, come l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, gli assegni familiari, le case popolari, le colonie per i figli degli operai, ecc. Le famiglie povere facevano sacrifici per istruire i loro figli ma avevano la certezza che una volta conquistato (si, conquistato perché allora si studiava sul serio) il tanto agognato “pezzo di carta” i loro figlioli avevano un futuro certo e se non avevano voglia di studiare un posto da muratore, operaio o contadino per loro si trovava. Ora ci sono gli stranieri che sono preferiti agli italiani perché lavorano meglio, costano meno e non scioperano per un nonnulla! Le Aziende non avevano bisogno del lavoro usa e getta e della mano d’opera extracomunitaria per crescere. Anzi, sia imprenditori che operai avevano uno stimolo in più per dare il meglio di sé: fare grande l’Azienda per fare grande l’Italia. Ora, col pretesto della globalizzazione, si persegue solo l’obiettivo del massimo profitto e si considerano gli operai alla stregua di articoli di magazzino, da usare quando servono e da dismettere quando diventano un costo. Le fabbriche producevano – in Italia e con lavoratori italiani – di tutto e l’agricoltura ci assicurava l’autosufficienza alimentare. Ricordate la tanto sbeffeggiata campagna per il grano? Servì a ridurre la nostra dipendenza dall’estero. Adesso, in nome del libero mercato, importiamo di tutto, perfino i pomodori dalla Cina e gli agrumi da Israele e, nel contempo, distruggiamo le nostre arance pur essendo le migliori del mondo. Si costruivano autostrade, ferrovie e intere città rispettando tempi e costi, si bonificavano paludi e s’istituivano parchi nazionali. Ora, non si è neppure capaci di pulire le strade dalla spazzatura ma, in compenso costruiamo ospedali e strutture pubbliche a costi esorbitanti per poi abbandonarli, come ci documenta “Striscia la Notizia”. Per un semplice raccordo autostradale ci voglio decenni, i nostri pendolari sono ammassati in vagoni fatiscenti o costretti ad alzarsi all’alba per prevenire il traffico. Quando ci fu la crisi economica scatenata dal crollo di Wall Street del ’29 e tutte le economie occidentali di stampo capitalista crollarono miseramente, l’Italia rimase in piedi, grazie al vasto piano di opere pubbliche varato dal governo e allo stato sociale fascista (poi copiato da Roosevelt con il cosiddetto New Deal) e a importati istituti come l’IRI, l’IMI e il CNR che hanno aiutato le aziende italiane a migliorarsi e a superare la crisi internazionale. Non tenere conto di quanto di positivo fu realizzato durante il famigerato ventennio per paura che il Duce possa risuscitare o ripresentarsi sotto mentite spoglie, in un momento “difficile” come quello attuale, non è solo da stolti presuntuosi: è da criminali. Qui non si tratta solo di riscrivere la storia, propalata ai giovani in maniera subdola e falsa, ma di studiarla per trarne benefici, tenendo ben presente che l’alternativa non è tra libertà e dittatura ma tra una democrazia fallimentare ed una che funziona.
Canzano 8- Quello che dice è vero ma la colpa non è del fascismo?
D’AURIA – La colpa del fascismo …! Mah! Certo così si dice; il fascismo ha perso la guerra! Purtroppo è vero! Ma anche una guerra persa può essere lievito vitale per la resurrezione di un popolo coraggioso e tenace! I popoli vinti non perdono il loro rango se conservano la loro dignità e il loro orgoglio! Massimo d’Azeglio, dopo la catastrofe di Novara, disse: “la guerra é impossibile ma é altrettanto impossibile il disonore!” Nessuno, nell’ Italia della resa senza condizioni, volle tener conto di questa verità!
Il guaio maggiore, tutto italiano, è quello di volersi illudere che la guerra l’abbia persa il fascismo e non l’Italia, l’insistere a voler far passare una cocente sconfitta per vittoria, il voler continuare a pretendere che i partigiani fossero eroi e che furono loro a vincere la guerra e chi dice il contrario rischia la galera in nome della tanto sbandierata libertà. Si continua a fingere che non fu sconfitta l’Italia ma solo il fascismo e su questa illusione continueremo a celebrare l’invasione barbarica, a piangere per i morti altrui e disprezzare i nostri morti, a fingere di essere orgogliosi per una pacca sulla spalla da chi ci ha non solo vinto ma anche tolto il senso dell’onore e della dignità, di chi ci ha ridotti in schiavitù togliendoci ogni sovranità per cui siamo costretti ad obbedire a ordini che vengono da Comandi d’oltre oceano e mandare i nostri figli a versare sangue italiano in terre straniere per interessi che non riguardano l’Italia.
Si è sostenuto che oltre alla “libertà” gli invasori avrebbero portato la pace! Dai giorni infausti della invasione e della sconfitta dell’Europa, in tutto il mondo, il numero delle vittime innocenti, il numero dei perseguitati per motivi politici e di opinione, il numero delle guerre, le operazioni criminali “under cover” (cioè le operazioni assassine da parte dei servizi segreti), il numero dei profughi, delle vittime innocenti, di emarginati, dei processi contro chi mette in dubbio le verità imposte e per nulla convincenti e dei condannati per reati di opinione, le limitazioni alle libertà fondamentali cioè quelle di libera espressione, ecc.,. sono cresciuti esponenzialmente di giorno in giorno. La libertà di stampa è una illusione visto che le maggiori testate giornalistiche sono controllate e asservite.
In nome della libertà e della democrazia, mai si sono viste nella storia, maggiori e più profonde ingiustizie, sopraffazioni, esodi di massa, carcerazioni, assassini, distruzione della memoria.
Questo è un dato di fatto che ricorda come le potenze che si richiamano ai sacri principi della democrazia, come nei secoli bui ma usando una ipocrisia raffinata, abbiano costantemente posto la sopraffazione come primo obiettivo della loro pratica politica. Non si intende ripercorrere gli avvenimenti di parecchi decenni di storia ma i capisaldi della sopraffazione e cioè il colonialismo delle potenze europee in tutto il mondo, lo sterminio degli indigeni nelle Americhe e in Oceania l'annientamento delle culture locali, lo sfruttamento dei popoli africani e asiatici, le guerre di conquista e lo sfruttamento delle risorse locali, la sottomissione di grandi popoli come l'Indiano, l'Armeno, il Curdo, il Kazakistano, il Ceceno, si sono replicate in maniera pressoché identica, più recentemente, con maggiore violenza pervicacia.
Canzano 9- Quindi lei sostiene che questi “invasori” si siano comportati da criminali!
D’AURIA – Beh sono i fatti a dimostrarlo! Le recenti foto di soldati che urinano sui cadaveri dei nemici uccisi è dimostrazione di odio e disprezzo per gli altri! E quanto è successo in Vietnam, e recentemente in Afghanistan e Iraq non è che la replica di quanto è già successo nella II guerra mondiale. I maggiori crimini commessi contro l’umanità riguardano l'annientamento della Prussia e dell' antico popolo prussiano, decine di milioni di vittime innocenti, distruzione della antica cultura, deportazione di diciotto milioni di profughi miserandi e affamati. Stesso trattamento hanno subito gli abitanti della Slesia, dell'Istria, della Dalmazia (350.000 profughi e 20.000 assassinati nelle foibe), della Palestina (2 milioni di profughi emarginati e un milione di vittime). Non vanno dimenticati i popoli della Bulgaria, Romania, Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia, Albania, Lettonia, Estonia, Lituania, Finlandia ed altri popoli, vittime delle maggiori potenze mondiali, che hanno subito decenni di servitù e di vessazioni, di paura, di stermini e di fame.
Nel corso della ed anche dopo la II Guerra Mondiale, milioni di prigionieri furono deliberatamente fatti morire nei campi di prigionia inglesi, sovietici, americani e jugoslavi o assassinati subito dopo la resa; il tutto in barba alle convenzioni internazionali trasgredite e ignorate impunemente.
Di queste vittime non si parla mai: si continua solo a parlare dello sterminio degli ebrei in quanto é un crimine commesso dai popoli vinti. Ma perché non parlare dei crimini dei vincitori? E’ assiomatico il fatto che se non ci fossero state le guerre catastrofiche (I e II Guerra mondiale), mai si sarebbero verificati tutti quei crimini di cui il mondo è stato vittima. Ma chi davvero ha voluto le due guerre mondiali dalle quali l’Europa è uscita pesantemente sconfitta e devastata?
Canzano 10- Quindi a suo parere non c’è stata una liberazione.
D’AURIA – Ricordo il sorriso divertito che scambiavo con i colleghi quando lavoravo in Sud America. In ogni città c’era una via o piazza dedicata al “libertador” che, di norma, era un satrapo. Ma cosa aveva fatto questo “libertador”? Aveva “liberato” il paese dal precedente dittatore!
La stessa cosa in Italia; la “liberazione” non ha portato una vera democrazia ma solo la “dittatura” di diverse forze al potere e che, peraltro, non assumono nessuna responsabilità per i disastri che hanno generato e continuano a generare. Dietro questo scenario raccapricciante si continua a fingere che questa fantomatica “liberazione” sia cosa che appartiene al popolo italiano!
Ma, per affermare queste idiozie, ci vuole una faccia tosta senza uguali accompagnata da un cretinismo irreversibile e senza speranza!
O libertè, libertè .. tu n'est qu'un vain mot! (libertà non sei che una parola vana), scriveva sulle mura del carcere un condannato alla ghigliottina prima della esecuzione. Quale differenza ha portato, quale migliore regime ha dimostrato di essere la democrazia rispetto alle peggiori dittature? O quale garanzia democratica hanno mai assicurato le cosiddette “democrazie proletarie”? Siamo in una epoca in cui in nome della democrazia si esercitano le peggiori violenze, si pretende di far passare per verità assiomatiche le più evidenti falsità e menzogne, si fa strame di ogni ideale, si mettono in atto tutte le possibili prevaricazioni pur di raggiungere i propri scopi. Se si fa un bilancio onesto di ciò che é stata la democrazia, imposta al mondo dalla politica americana, non si capisce dove e quali siano i vantaggi di una libertà solo presunta, di un potere sovrano del popolo mai realmente esistito, di un sistema che si basa sulla corruzione, sulla menzogna, sul potere carpito al popolo e mai usato in modo corretto e trasparente.
La famosa frase: “Io non condivido le tue idee ma sono disposto a dare la mia vita perché tu possa esprimerle”, programma spirituale di ogni illuso democratico, pare non abbia mai avuto attuazione nella pratica.
La cosiddetta democrazia, impostaci dallo straniero con l’invasione barbarica vuole solo estromettere ogni opposizione dalla propria greppia politica. Unico vero modo di conservare il potere democratico é quello di eliminare gli avversari e imporsi con le buone o le cattive, spesso con la ipocrisia e la menzogna, al popolo beota… Sembra quasi lo stesso metodo di ogni dittatura!.
Canzano 12- Da quali fonti provengono le sue informazioni?
D’AURIA – Da centinaia di autori e testimoniaze, quasi tutte di fonte inglese e americane.
Solo a titolo di esempio riporto qui alcuni stralci:
1) Da rapporti militari statunitensi:
“Parecchie unità combattenti che avevano partecipato allo sbarco si portarono dietro nell'entroterra la psicosi della battaglia. Per molti di quegli uomini gli stranieri erano stranieri, fossero francesi, tedeschi o italiani. La popolazione si trovò esposta a vandalismi, saccheggi, stupri e assassinii. In effetti, il comportamento dei GI nell'Europa liberata suscitava apprensioni a Washington. I capi dello Stato Maggiore riuniti ricevettero anche da Roma un rapporto in cui si diceva che le condizioni erano peggiori di quando c'erano i tedeschi; l'ammiraglio Leahy disse: Non si dovrebbe permettere il sorgere di una situazione descritta da un ufficiale degli Stati Uniti in questi termini. Eisenhower trovava tediosa tutta la faccenda, che lo obbligava a interminabili sedute con il presidente del tribunale militare di guerra, il generale di brigata Edwuard C. Betts. Anche l’invasione della Francia ebbe le stesse conseguenze: appena tre giorni dopo il D-Day, due soldati di colore furono condannati per stupro e omicidio. Lo storico militare Liddel Hart, visitando Caen, osservava: Moltissimi francesi parlano della correttezza dell'esercito tedesco. Sembrano particolarmente impressionati dal fatto che soldati tedeschi sono stati fucilati per atti di violenza alle donne, e fanno il paragone con il pessimo comportamento che le truppe americane tengono verso le stesse. Dopo l'occupazione di Cherbourg, la prima città occupata dalle truppe, c'erano stati dei tumulti perché dei GI avevano usato indiscriminatamente le armi contro i francesi. Sfortunatamente diceva il rapporto ufficiale della base logistica della Normandia dal punto di vista americano, ciò ha creato un'impressione sfavorevole nella popolazione civile. Gli stessi problemi c'erano anche nel settore britannico, tanto che il 10 agosto Montgomery dovette scrivere a tutti e tre i comandanti in capo dei contingenti alleati – Bradley, Dempsey e Crerar – ordinando loro di porre termine agli atti di saccheggio che si stavano diffondendo non solo nelle immediate vicinanze del fronte, ma anche in zone assai lontane dalla linea del fuoco, dove gli oggetti depredati non potevano avere alcun uso bellico. Il 5 novembre Kay Summersby (la segretaria di Eisenhower), turbata, annotava: Il generale Betts riferisce che tra le truppe la disciplina sta peggiorando. Si lamentano molti casi di stupro, omicidi e saccheggi ai danni di francesi, olandesi ecc. E. ha incaricato parecchi ufficiali di condurre un'inchiesta a fondo e di riferire a lui personalmente… …. Va piuttosto male, i casi di violenza carnale e di rapina sono numerosi. Dovranno essere prese misure severe. E. suggerisce di procedere a impiccagioni pubbliche, specie nei casi di stupro.
Se il comandante supremo si era risolto a questo, proprio nel caso delle gloriose divisioni aviotrasportate umiliandole con uno spettacolo caduto in disuso fin dal XIX secolo, voleva dire che il problema era presente. Ma il problema perdurava. Quando il maggiore generale LeRoy Lutes un mese dopo arrivò a ispezionare il teatro di guerra per incarico di Brehon Somervell, scrisse nel suo diario: Ora i francesi si lamentano… (dicendo) che gli americani sono più ubriaconi e turbolenti dei tedeschi e non vedono l'ora di essere liberati dagli americani. Aggiungeva che evidentemente la propaganda alleata sul comportamento dei tedeschi non rispondeva a verità. Mi risulta che i tedeschi non hanno saccheggiato né abitazioni, né negozi, né musei. Anzi, la popolazione sostiene di essere stata trattata dalle forze di occupazione con estremo rispetto. Dallo sfondamento nel bacino della Ruhr nel febbraio 1945 fino al termine delle ostilità, la tendenza generale mostra un aumento brusco non proporzionale al numero degli effettivi impegnati. Ad un certo punto i casi di violenza carnale superavano i 500 al mese. Complessivamente le corti marziali condannarono a morte 454 militari statunitensi. Quasi tutti riuscirono a cavarsela; solo 70 furono giustiziati per stupro e assassinio”.
(I casi reali di stupro, a volte stupro multiplo fino a trenta volte, spesso seguiti da assassinio furono molti milioni! Nda)
2) Da: Norman Lewis – Napoli '44 Ed. Adelphi 1993
“Entrato a Napoli nel 1943 con la Quinta Armata, il giovane ufficiale inglese Norman Lewis si trovò stupefatto al centro della città delle signorine e degli sciuscià, scena mobile della prostituzione universale, oltre che di un’arte consumata dell’inventarsi la vita dal nulla. Come non bastasse, fu subito adibito a funzioni di polizia, quindi costretto a constatare ogni giorno le turbolenze, i fantasiosi maneggi e gli imbrogli che si celavano tra vicoli e marina. E capì subito che, di quanto gli accadeva, era il caso di prendere nota. Lewis si aggira in una Napoli trasformata dalla guerra in un immenso, miserabile mercato nero – e registra tutto sui suoi taccuini.
Mentre i colleghi si dedicano a piani fantasiosi, come quello di far passare le linee ad un gruppo di prostitute sifilitiche per diffondere l’epidemia nel Nord occupato, lui indaga su figure e avvenimenti che gli paiono, al momento del tutto normali: signore in cappello piumato che mungono capre fra le macerie, statue di santi preposti da una folla in deliquio a fermare l’eruzione del Vesuvio, professionisti in miseria che sopravvivono impersonando ai funerali un aristocratico e imprescindibile “zio di Roma”, ginecologi deformi specializzati nel restauro della verginità, nunzi apostolici che contrabbandano pneumatici rubati, e così via. I taccuini che Lewis tenne in quel periodo finirono poi per costituire “un’esperienza unica per il lettore così come deve esserle stata un’esperienza unica per chi lo ha scritto”.
Questa la breve nota editoriale che presenta un’opera assolutamente consigliata a quanti hanno creduto o credono alla ormai consunta retorica della “liberazione”. Per anni i mass-media, scuola, università, opinionisti allineati hanno spacciato la sconfitta militare e l’occupazione straniera come un trionfo del popolo sulla dittatura. Con uno zelo degno di miglior causa, in buona o malafede imbonitori d’ogni risma ci hanno propinato lo schema che si ripete infinitamente: gli americani che rappresentano il bene, un nemico sempre demoniaco da distruggere senza pietà o scrupoli, mille scuse e pretesti per giustificare invasioni, bombardamenti, embarghi, torture orribili, soppressione dei diritti più elementari ma sempre, ovviamente, per il trionfo della giustizia. Ogni tanto alla rigida cappa del controllo mediatico sfugge qualche scheggia. Napoli ’44, presentato come un romanzo ed uscito nel 1978 ci mostra il lato oscuro di un paese occupato ed incapace di difendersi che si vende ai vincitori anima e corpo. Con una forza evocativa pari e forse superiore a quella de La pelle di Curzio Malaparte i taccuini di Lewis sono anche un efficace documento storico. La testimonianza assolutamente oggettiva ed attendibile, visto il ruolo rivestito dall’autore, di quello che può succedere ad una Nazione che perde il bene più prezioso: la propria sovranità.
Alcuni passi dal libro:
28 settembre 1943
Ricoverato al 16° Evacutation Hospital americano di Paestum con la malaria – forse una ricaduta, ma più probabilmente una nuova infezione. Il dottore mi ha informato che gli acquitrini della zona sono ancora malarici, e le zanzare, che si ritiene abbiano falcidiato la fiorente colonia greca dell’antichità, attive come sempre. La maggior parte dei pazienti ha ferite da combattimento, e da molti di loro ho avuto conferma della storia che avevo trovato davvero incredibile, e cioè che alle unità combattenti americane gli ufficiali hanno dato ordine di colpire a morte i tedeschi che tentino di arrendersi (pag. 27).
4 ottobre 1943
Qualche chilometro prima di Napoli città, la strada si allarga in una specie di piazza, dominata da un vasto edificio pubblico semiabbandonato, ricoperto di manifesti e con i vetri delle finestre infranti. Qui si erano fermati molti camion, e anche il nostro conducente si è portato sul bordo della strada e ha tirato il freno. Uno dei camion trasportava approvvigionamenti dell’esercito americano e i soldati, immediatamente raggiunti da molti di quelli che viaggiavano sul nostro camion, gli si affollavano intorno, cercando di arraffare tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani. Quindi reggendo ciascuno una scatola con la razione, si riversavano all’interno del municipio, facendo scricchiolare i vetri di cui era cosparso il pavimento. Li ho seguiti, ritrovandomi in uno stanzone in cui si accalcava una soldataglia tumultuante. Quelli che stavano in fondo spintonavano per avanzare, incitando sguaiatamente gli altri; ma se si raggiungeva il fronte della folla, l’atmosfera si faceva più calma e assorta. Le signore sedevano in fila, a intervalli di circa un metro l’una dall’altra, con la schiena appoggiata al muro. Vestite con abiti di tutti i giorni, queste donne avevano facce comuni, pulite e perbene di massaie, di popolane che vedi in giro a spettegolare o a fare la spesa. Di fianco a ognuna era appoggiata una fila di scatolette, ed era evidente subito che aggiungendone un’altra si poteva far l’amore con una qualsiasi di loro, lì, davanti a tutti. Le donne rimanevano assolutamente immobili, in silenzio, e i loro volti erano privi d’espressione, come scolpiti. Potevano star vendendo pesce, non fosse che a quel luogo mancava l’animazione di un mercato del pesce. Non un incoraggiamento, non un ammicco, niente di provocante, neppure la più discreta e casuale esibizione di nudità. I più animosi, con le scatolette in mano, si erano fatti avanti, fino alla prima fila, ma ora, di fronte a quelle madri di famiglia, donne coi piedi per terra spinte fin lì dalle dispense vuote, sembravano esitare (pag. 32).
5 aprile 1944
Nell’ultimo bollettino del Bureau of Psychological Warfare si dice che a Napoli quarantaduemila donne esercitano, occasionalmente o con regolarità, la prostituzione. Questo su una popolazione femminile nubile che si aggira intorno a centoquarantamila. Pare incredibile (pag 137).
28 maggio 1944
Nuove brutalità delle truppe coloniali francesi. Ogni volta che prendono una città o un paese, ne segue lo stupro indiscriminato della popolazione. Di recente tutte le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino e Morolo sono state violentate. A Lesola, caduta in mano degli Alleati il 21 maggio, hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n’erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini, e persino i vecchi. Stando a quanto viene riferito, i marocchini di solito aggrediscono le donne in due – uno ha un rapporto normale, mentre l’altro la sodomizza. In molti casi le vittime hanno subito gravi lesioni ai genitali, al retto e all’utero. A Castro dei Volsci i medici hanno curato trecento vittime di stupro, e a Ceccano gli inglesi, per proteggere le donne italiane, sono stati costretti a creare un campo sorvegliato da guardie armate. Molti di questi nordafricani hanno disertato e stanno attaccando paesi a grande distanza dalle linee. Dagli ultimi rapporti risulta che si sono fatti vivi nelle vicinanze di Afragola, aggiungendo un terrore nuovo a quello già causato dalle innumerevoli scorrerie di saccheggiatori. Oggi sono andato a trovare una ragazza di Santa Maria a Vico che si diceva fosse impazzita dopo la violenza subita da parte di una numerosa banda di nordafricani. Vive sola con la madre (anch’essa ripetutamente violentata), e in totale miseria. Le sue condizioni erano migliorate, e si comportava in modo assennato, con molta grazia, anche se non poteva camminare per via delle lesioni subite. Carabinieri e Polizia dicono che secondo i medici è pazza, e che se ci fosse stato un letto disponibile l’avrebbero ricoverata in manicomio. Sarà molto difficile, a questo punto, che possa mai trovare marito. Ci si trova di fronte alla sanguinosa realtà di quello stesso orrore che spingeva l’intera popolazione femminile dei paesi della Macedonia a gettarsi dai dirupi piuttosto che cadere in mano degli invasori turchi. Un destino peggiore della morte: in effetti era proprio questo (pag. 172).
13 agosto 1944
Oggi si è presentata in ufficio una ragazzina sudicia e lacera, che ha detto chiamarsi Giuseppina. Questa dodicenne dall’aria molto sveglia non ha voluto dirmi di sé altro che l’età, che i suoi genitori erano stati uccisi nel grande bombardamento e che vive “sotto una casa” lungo il fiume. Ci sono centinaia di maschietti nelle sue condizioni, orfani scalzi, laceri e affamati, che in un modo o nell’altro tirano avanti, e riempiono i vicoli con le loro risate, ma Giuseppina è stata la prima bambina abbandonata che io abbia visto. Mi ha detto di essere venuta per la coperta, come al solito. Non sapevo cosa risponderle. Le coperte, in questa Italia in rovina, sono una forma di valuta, e piuttosto pregiata, se si considera che il prezzo di un buon articolo australiano o canadese equivale alla paga settimanale di un operaio. Le ho detto che non avevo coperte da darle, e ho proposto un pacco di biscotti, che lei ha rifiutato con garbo. “Non è più il posto di Polizia?” mi ha chiesto. Le ho risposto di si, che lo era, e lei mi ha detto che l’uomo di prima – chiaramente il mio predecessore canadese – le dava una coperta una volta alla settimana. Solo allora ho capito il tragico significato delle richiesta, e che quella creaturina ancora acerba, tutta pelle e ossa era una prostituta-bambina (pag 195).
23 settembre 1943
…Comunque, accantonando ogni questione sui miei errori personali, sono arrivato alla conclusione che, in cuor suo, questa gente non deve poterne proprio più di noi. Un anno fa li abbiamo liberati dal Mostro Fascista, e loro sono ancora lì, a fare del loro meglio per sorriderci educatamente, affamati come sempre, più che mai fiaccati dalle malattie, circondati dalle macerie delle loro meravigliose città, dove l’ordine costituito non esiste più. E alla fine cosa ci guadagneranno? La rinascita della democrazia. La fulgida prospettiva di poter un giorno scegliere i propri governanti in una lista di potenti, la cui corruzione, nella maggior parte dei casi, è notoria, e accettata con stanca rassegnazione. In confronto, i giorni di Benito Mussolini devono sembrare un paradiso perduto (pag. 222).
Francesco Paolo d’Auria non è uno scrittore né un giornalista ma un ingegnere che ha acquisito una non comune conoscenza del mondo viaggiando, per motivi di lavoro, in ogni angolo del pianeta. Nato nel 1932, figlio di un valoroso ufficiale pilota, pluridecorato e combattente di tre guerre, oltre la “operazione di grande polizia” in Africa Orientale, é stato educato al rigore più assoluto e agli ideali risorgimentali già propugnati dai suoi avi. Ha seguito gli studi classici e poi conseguito la laurea in Ingegneria specializzandosi poi in Nord America nel campo delle Telecomunicazioni via Satelliti allora allo stadio sperimentale. Dirigente di grandi aziende di telecomunicazioni, poi imprenditore, ritrova ora, da pensionato, la sua antica passione per la storia.
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Giovanna Canzano – © – 2012
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Giovanna Canzano
Fiano Romano (Roma)