NON SEMPRE LA STESSA STORIA

Gli anni passano veloci e, quando ce ne rediamo conto, spesso sono anche finite le migliori stagioni della nostra vita. E’ una realtà alla quale nessuno può sottrarsi; tanto meno noi che, dal 1959, ci siamo dedicati all’informazione diretta ai Connazionali all’estero. Un impegno che si protrae da oltre mezzo secolo e del quale ci sentiamo fieri, pur se consci dei nostri limiti. Abbiamo iniziato che il mondo era assai differente dall’attuale. Le Germanie erano due, l’olocausto nucleare era bilanciato dalla “guerra fredda” e nel Vecchio Continente erano più i motivi di divisione che d’avvicinamento. Otto anni prima, nel 1951, aveva preso vita la C.E.C.A. ( Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio ). La Comunità ebbe anche un Presidente italiano. Fu il quarto su un totale di sette. Pure la Penisola era partecipe; soprattutto sul fronte dell’Emigrazione. Erano gli anni del grande esodo, anche dal Nord del Paese, verso le miniere dell’Europa centrale ed alle acciaierie tedesche. Finita l’avventura d’oltre Atlantico, era in pieno sviluppo quell’europea. Senza ombra di smentita, siamo, quindi stati testimoni dei grandi mutamenti che hanno, poi, coinvolto l’Italia, l’Europa ed il mondo. Tempi difficili, senza dubbio, ma anche capaci di dare vita ad un ideale ed alle prese di coscienza in grado d’unire più che dividere. Pure allora, la politica aveva già un suo ruolo. In Italia i partiti erano pochi e “gli uni contro gli altri armati”. Eppure, sul fronte politico già spiccavano le figure di De Gasperi, Monnet e Schuman. I Padri della futura Europa Unita. Erano i periodi nei quali erano gli statisti ad imporsi. I politici avevano funzione gregaria; anche se, assai spesso, l’”impegno” si traduceva in “lotta” per far prevalere una tesi rispetto ad un’altra. Intanto, la Democrazia si stava facendo adulta ed il futuro appariva promettente. I Connazionali trasferiti in Paesi del Vecchio Continente erano già migliaia; l’integrazione, però, era ancora da venire. Chi partiva portava dal Bel Paese solo la buona volontà nel riuscire a guadagnare quel pane che in Patria non era stato in grado di trovare. Da allora, sono passati più di 52 anni e l’Europa e un’Unione con interessi e comuni destini. I nostri Emigrati sono diventati cittadini italiani all’estero e l’Europa è divenuta una fucina d’etnie. Come se in mezzo secolo le disparità sociali e culturali fossero state definitivamente abbattute. Tutti sanno che così non è stato. E’, in ogni modo, vero che gli italiani nel mondo, ora già di quarta Generazione, sono stati in grado d’integrarsi nella realtà del Paese ospite, pur mantenendo, per tradizione o forma mentale, ancora un legame con la Patria lontana. Prima del varo della moneta unica, le loro rimesse in valuta pregiata sono state assai preziose per un’economia che stava trasformandosi da agricola in industriale. Finanche politicamente, i Connazionali nel mondo hanno sempre avuto la possibilità di tornare in Italia per esprimere il loro voto. Lo Stato contribuiva sostanziosamente alle spese di viaggio. Ma, vuoi per le distanze, vuoi per un mal celato disinteresse alle cose nazionali, la percentuale dei votanti dall’estero è sempre stata bassa. Dal 2002 (legge 459/2001) agli italiani è stata riconosciuta la possibilità di votare direttamente dai Paesi ospiti. E, sino a questo punto, nulla da eccepire. Il diritto è esercibile per posta. Quello che ci ha lasciato, da subito, perplessi è il varo di una Circoscrizione Estero. Totalmente separata dalle Circoscrizioni nazionali relative alla sezione elettorale ove l’elettore sarebbe stato iscritto se in Patria. Quello che, veramente, stona è che gli “Onorevoli” eletti all’estero sono uomini di partiti già presenti in Italia. Non è previsto un Partito degli Italiani dall’Estero che meglio rappresenti i loro diritti. Tanto che, anche ora, la percentuale dei votanti è rimasta contenuta; pur se l’importante diritto avrebbe potuto, col tempo, essere meglio adeguato alla bisogna. Lasciamo andare il macchinoso apparato da attivare per tornare a votare in Italia; se la percentuale dei votanti dall’estero non convince, pur scegliendo comodamente da casa, un motivo ci dovrà pure essere. Non è nostro fine il verificarlo. Però l’invito alla riflessione sussiste.

Giorgio Brignola

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