Cefalonia: si è riacceso il dibattito sul cosi detto referendum che sarebbe stato indetto per ottenere dalla truppa la chiara indicazione sulla volontà  di battersi contro i tedeschi

Egregio direttore,

le chiedo ospitalità poiché ho notato in questi giorni un riaccendersi della
polemica relativa alla note vicende legate ai fatti di Cefalonia. Nella
fattispecie si è riacceso il dibattito sul cosi detto referendum che sarebbe
stato indetto per ottenere dalla truppa la chiara indicazione sulla volontà di
battersi contro i tedeschi.
Mi permetto di scriverle perché seguo questi fatti da almeno trent’anni, in
parte per la mia passione verso la storia, in parte perché due miei parenti
hanno fatto parte della “Acqui”. Uno di essi, il cugino di mio padre ha
terminato la sua giovane esistenza davanti alle rocce di Frankata (Medaglia d’
Argento al Valor Militare), l’altro – mio zio – scampato ai combattimenti e
riconosciuto come abitante delle zone dell’Alpenvorland verrà aggregato come
conducente muli a reparti tedeschi e tornerà a casa nel maggio 1945. Posso dire
che questa esperienza segnerà il resto della sua vita.
Su questa vicenda ho potuto visionare centinaia di documenti, articoli e la
mia biblioteca è dotata di decine di volumi dedicati all’argomento.
Personalmente ho incontrato parecchi reduci della sfortunata Divisione.
Mio zio non raccontava mai quello che aveva dovuto sopportare durante il
periodo della sua chiamata alle armi. Quel poco che raccontava, anche in base
alle testimonianze di sua sorella (mia madre) era per smentire recisamente la
notizia divulgata sul presunto referendum tra le truppe.
Va precisato che mio zio apparteneva alla Compagnia Comando Reggimentale del
17° Fanteria e presumo che, se qualche iniziativa referendaria fosse nata, ne
avrebbe avuto sentore proprio in virtù della sua appartenenza al reparto di
Comando del Reggimento.
Nei miei numerosi incontri con parecchi reduci della sfortunata Divisione, mai
nessuno ha confermato di essere stato interpellato secondo le modalità che ci
sono state propinate nel corso degli anni dalla storiografia ufficiale.
Probabilmente da parte di qualche ufficiale subalterno ci sarà anche stato un
tentativo di conoscere le vere intenzioni della truppa, anche alla luce del
clima certamente non tranquillo che in quei giorni serpeggiava nell’isola.
A mio modesto giudizio bisognerebbe anche considerare la struttura
assolutamente verticistica che contraddistingue ogni forza armata e che
esclude, in linea di principio, ogni forma di partecipazione alle decisioni da
parte del personale subalterno.
Bisogna inoltre non dimenticare il particolare periodo storico che certamente
non può definirsi democratico e il trattamento che gli ufficiali riservavano ai
militari di truppa. A questo proposito non va sottaciuto il clima di guerra
guerreggiata imposto dai Comandi, la sospensione delle licenze per la
stragrande maggioranza della truppa, le differenti condizioni di vita tra
ufficiali e subordinati, le condizioni sanitarie (vedi le Compagnie malarici),
le frequenti punizioni anche per minime infrazioni. Sul trattamento riservato
alla truppa nelle nostre forze armate (forse il peggiore degli eserciti dell’
epoca) si possono consultare le numerose sentenze dei tribunali militari e la
copiosa bibliografia esistente (Forcella e Monticone e altri). Ciò è ampiamente
confermato anche per la “Acqui” anche da scrittori apertamente schierati come
Rochat.
In questo contesto è francamente impensabile che ci possa essere stata un’
iniziativa a carattere generale come quella referendaria che ci viene proposta
come la molla scatenante della resistenza. A maggior ragione se si considera lo
stato di guerra con la sospensione anche delle minime garanzie garantite al
personale militare durante il periodo di pace.
A questo punto, nel ringraziarla per l’ospitalità che mi ha concesso, credo
bisognerebbe rendersi conto, una volta per tutte, dell’enorme sproposito che si
sta cercando di legittimare e ristabilire tutte le verità che sono ancora
(semi) nascoste nella vicenda della Divisione Acqui. Per rispetto di quanti
hanno avuto la vita segnata da questi eventi.

Cordiali saluti

Giancarlo Groff

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