Un italo americano domanda: Ma dov’è l’Italia?

I media evidenziano che la cultura italiana e’ ad uno stato avanzato di stravolgimento.

HOUSTON, Texas – Durante questo periodo natalizio la schermata d’intervallo trasmessa dai canali italiani visibili in nord America non mostra un presepe o delle immagini della natività dipinte da un grande artista ma delle decorazioni di un albero di Natale. Contemporaneamente sul sottofondo non e’ trasmesso “Tu scendi dalle stelle “ bensì “Jingle Bells Rock” con l’effetto che, a questo punto, il telespettatore italo americano come me si sente spinto istintivamente dal desiderio di prendere il telecomando e passare ad uno dei canali dei network americani.

Questa osservazione su uno sconcertante incidente di stagione e’ solo una delle numerosissime osservazioni analoghe che possono farsi allo stesso proposito.

In appena quindici anni, dagli Stati Uniti, ho assistito allo stravolgimento del volto del mio vecchio paese, intendendo per paese l’Italia. Alla fine dalla distruzione quasi totale della sua autentica e peculiare identità culturale, dai quattro canali televisivi che ricevo via satellite specialmente da Mediaset, da Rai News e dalla Rai viene fuori un identikit del Belpaese che più che patetico e’, in effetti, tragicomico.

A chi volesse sapere come sono ora gli Italiani verrebbe da chiedersi se e’ rimasta più qualcosa che si debba ancora copiare dall’America. Telegiornali, documentari e serie televisive delineano il ritratto impietoso di una succursale culturale degli Stati Uniti. I minimi dettagli, dall’SUV parcheggiato davanti alla porta di casa, agli adesivi magnetici attaccati sulla porta del frigorifero, mostrano una nazione pilastro con la Grecia, nella creazione della civiltà occidentale, umiliata e piegata con lucida determinazione a piani di vero e proprio plagio dove dell’antica gloria ed indipendenza culturale italica e’ rimasto poco o nulla. Il numero di serie televisive copiate da quelle analoghe americane e’ impressionante. Il Belpaese all’improvviso s'è trasformato in una “Sbirrolandia” , pardon… copland. Giorno dopo giorno, il piccolo schermo ammannisce senza soluzione di continuità storie di commissari, carabinieri e poliziotti, una volta non cosi’ frequenti, come se ai telespettatori odierni non interessi più altro. Per chi vive o viene in America indicare da quali serie televisive americane le stesse siano copiate e trovino origine e’ perfettamente inutile ed e’ chiaro che le indagini della polizia scientifica di CSI trovano squallide repliche adattate alle gesta leggendarie dei R.I.S. dei carabinieri che purtroppo, nella vita reale, non riescono sempre a trovare un colpevole tanto che si tratti dell’omicidio di Elisa Claps o dell’assassinio a Perugia di Meredith Kercher.

Il provincialismo italiano impone d’esibire in trasmissioni e programmi televisivi la presenza esotica di extracomunitari allo scopo di minimizzare il complesso d'inferiorità verso la varietà del crogiolo di gente e culture diverse americana. Si tratta di minoranze di cui si conosce chiaramente l’esistenza e la consistenza ma che non rappresentano certamente la vera essenza del popolo italiano. Gli sceneggiati televisivi sono copiati stucchevolmente anche nella sceneggiatura e nella tecnica di ripresa da quelli statunitensi fino nei minimi particolari e nei dettagli più minuti come se l’industria cinematografica e televisiva italiana non fosse in grado d’esprimersi a modo proprio ed autonomamente. Nel caso alcuni non lo avessero già notato, adesso i telegiornali italiani finiscono quasi sempre con un servizio dedicato agli animali, un tempo appannaggio dei paesi anglosassoni. E’ diventato quindi di fondamentale importanza venire a sapere che Chita, la scimmia del Tarzan, in effetti era uno scimpanzé di sesso maschile e che il mondo e’ a lutto visto che s'è spenta alla considerevole eta’ di ottant’anni. Oggi, da uno dei telegiornali, s'e' appreso addirittura ufficialmente che e' finito il periodo in cui gli animali erano considerati come tali. Adesso, sono ufficialmente “membri della famiglia” come avviene altrove gia' da tempo.

Quando non si vuole parlare delle difficoltà della gente comune, delle quali non interessa nulla, fa sempre comodo far vedere che si e’ molto “umani” con le bestie. La nuova industria della cura degli animaletti domestici, con il suo giro d'affari di milioni di dollari e d’euro riceve una forte spinta promozionale da questi insulsi “pezzi” finali televisivi e, quindi, bisogna adeguarsi.

Sembra proprio che fino a questo momento la regola del gioco sia stata quella di fare scomparire l’Italia e, per questo motivo, s'è cominciato proprio dall’affondarne l'idioma che e’ l’aspetto culturale più importante. Da un po' di tempo la lingua che si sente in televisione non e’ più l’italiano ma una commistione ridicola d’italiano ed inglese. Assistenza sociale non s’usa più, adesso bisogna dire “welfare”. Notizie e’ stata sostituita da “news”, luogo da “location” ed ultimo minuto da “last minute” che viene pronunciato regolarmente male tanto da annunciatori televisivi che da politici i quali, nella maggior parte dei casi, si vantano e s’illudono di conoscere bene l’inglese.

Nella frenesia di sembrare più Americani si sono messi poi nei telegiornali annunciatori di chiara origine straniera con una conoscenza sommaria della nobile lingua tricolore ed i risultati di una dizione mediorientale si sono rivelati realmente comici, se non fossero in effetti tragici. Utilizzando annunciatori non italiani s'è ignorato completamente che gli Italiani all’estero ed i loro discendenti considerano l’idioma che arriva loro dai teleschermi come un punto di riferimento tanto per preservare la loro conoscenza linguistica che per potenziarla. S'è dimenticato che più del sessanta percento del lessico inglese deriva dal latino e che e’ addirittura criminale devastare la sua evoluzione moderna con l’inserimento di barbarismi inglesi non necessari se si considera l’autosufficienza e la ricchezza linguistica dell’italiano.

Se vuole essere “in” ora ogni abitante del Belpaese deve parlare meta’ inglese e meta’ italiano, e deve dare l’impressione d’essere un turista americano in Italia che parla un italiano strampalato. Nella squallida fotocopia europea degli States s’ignora che in America non esiste un idioma nazionale, come avviene in Italia, e che la lingua utilizzata e’ quella presa a prestito dalla Gran Bretagna. Probabilmente sfugge a troppi che stravolgere ed obliterare la cultura di un paese e’ forse la forma peggiore di colonialismo in quanto si sancisce la superiorità altrui e la propria dipendenza da questo. Diventa drammaticamente ridicolo notare che invece, qui in America, l’Italia e gli Italiani sono considerati il massimo dello stile ed una pietra di paragone cui riferirsi e si cerca di copiare profusamente da loro, tanto che si tratti di ricette di cucina e d’abbigliamento, che di lingua che viene utilizzata ed esibita ad ogni pie’ sospinto. E’ veramente sconcertante constatare come ora mentre nel Belpaese si parla una specie ridicola di Itanglish da questa parte dell’Atlantico si coniano addirittura neologismi italici che riferendosi alla superiorità italiana in fatto culinario, per esempio, faranno vendere certamente di più un nuovo prodotto americano.

Quanto sta accadendo in Italia e quanto emerge dalla televisione italiana e’ veramente folle ed ancor di più incredibile se si considera che nessuno, ne da destra ne da sinistra si e’ fatto avanti per cercare d’impedire questo processo di snaturamento dell'identità italiana che, tra le altre cose, faciliterà i programmi di disintegrazione nazionale caldeggiati nella “Padania” dalla Lega Nord. Una nazione plagiata da un’altra e’ pronta per venire trasformata in tutto a sua immagine e somiglianza e, di conseguenza, non ci si deve meravigliare troppo se poi gente come Marchionne alla copia preferisca l’originale.

Gli Italiani che si sono preoccupati e si preoccupano ancora troppo dell’attacco economico venuto dall’estero, probabilmente, avrebbero dovuto preoccuparsi e farebbero meglio a preoccupasi piuttosto di più della corruzione e della distruzione della propria cultura che, essendo vecchia di qualche millennio, non ha nulla da invidiare a quella di una nazione che esiste solo da qualche secolo.

RO PUCCI

01 / 07 / 2011

I-AM, HOUSTON, TEXAS

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