Mercoledì 21 dicembre, la Bce ha bandito un’asta per erogare alle banche europee un credito finalizzato al loro rifinanziamento illimitato, della durata di tre anni, ad un tasso agevolato del 1% fisso. All’asta hanno partecipato 523 banche della zona Euro che si sono accaparrate ben 498 miliardi di euro; di questi, circa 116 sono andati alle banche italiane.
Gli Stati Europei, capeggiati dalle loro maestà Francia e Germania hanno esultato per aver scongiurato la minaccia di declassamento del rating dei rispettivi Paesi.
Cominciamo a perdere il conto, noi che di conti un po' ce ne intendiamo, dei numerosi interventi “salva banche”. Per l'ennesima volta registriamo una corsa a soccorrere i principali responsabili della rovina in atto. Per i cittadini, invece, registriamo dolorosamente, continuamente ed esclusivamente, interventi di rigore che di salvifico hanno solo la pomposità del nome.
Se gli Stati membri avessero più a cuore le persone e un po' meno i mercati, dovrebbero obbligare gli Istituti di credito che hanno ricevuto i lauti finanziamenti a rimettere in circolazione il denaro ricevuto, erogando prestiti ad un tasso massimo del 2% in modo da aiutare le imprese e le famiglie in difficoltà. Con tale obbligo, accompagnato non da una inutile retorica ma da un rigoroso controllo sulla sua applicazione, si potrebbe ridare ossigeno all'economia e scongiurare lo spettro della recessione che ci attende impietosa. Qualora gli Istituti di credito dovessero utilizzare in modo difforme il denaro ricevuto, dovrebbero restituirlo immediatamente alla Bce con l'aggravio di una congrua penale. La realtà però parla un altro linguaggio e continuerà, imperterrita, a mostrare la contrazione della concessione del credito bancario e l'applicazione di alti tassi di interesse causati da differenze irragionevoli rispetto all'effettivo costo del denaro. La realtà dice che i fondi per investimenti in attività produttive, i mutui per l'acquisto di abitazioni prima casa, gli scoperti di conto, gli anticipi su crediti verso la Pubblica Amministrazione, le richieste di liquidità immediata anche per coprire debiti nei confronti di Equitalia con piani finanziari garantiti, non vengono quasi più concessi dalle banche. Per loro sembra preferibile far chiudere un’impresa o far fallire un imprenditore con conseguente perdita di posti di lavoro, anziché incentivare la crescita e lo sviluppo. Gli aiuti di Stato, questa definizione che fa gridare allo scandalo i signori di Strasburgo, quando sono a favore delle banche costituiscono una inderogabile necessità.
Ma c'è di più. Se il finanziamento semi-gratuito anziché alle banche fosse stato erogato agli Stati, facendo l'esempio di casa nostra avrebbe determinato la seguente situazione:
a) il finanziamento di 116 miliardi al tasso del 3% (1% per tre anni) comporta il pagamento alla Bce, di interessi pari a 3 miliardi e 480 milioni di euro;
b) l'emissione di 116 miliardi di BTP al tasso del 21% (7% per tre anni) comporta il pagamento ai sottoscrittori, di interessi pari a 24 miliardi e 360 milioni di euro.
La differenza fra gli interessi a) e gli interessi b) è pari a 20 miliardi e 880 milioni di euro, cioè l'importo della manovra Monti, cioè il denaro che sarebbe potuto rimanere nelle tasche di imprese e cittadini e che sarebbe stato probabilmente speso nei famosi consumi che favoriscono l'economia.
E intanto, il Presidente della Bce, Mario Draghi dice che “bisogna aiutare le PMI (piccole e medie imprese) che rappresentano il 70 per cento dell’occupazione”.
Ogni altro commento appare superfluo.
Livorno, li 23 Dicembre 2011
Il Consiglio di Amministrazione Fondazione COMMERCIALISTITALIANI