Rifiuti tossici per farne giocattoli. Arrestati big baresi della differenziata

I pneumatici da smaltire diventavano usati e venivano trattati come una merce normale. I rifiuti di plastica e gomma, pericolosi, si trasformavano in materia prima per i giocattoli realizzati in Cina. Ha un cuore barese l’associazione per delinquere sgominata l’altroieri dai finanzieri di Taranto, che hanno arrestato 51 persone capaci di far transitare i rifiuti per i porti di mezza Italia, in barba alle dogane e a tutti i controlli, guadagnando migliaia di euro per ogni spedizione. Sono finiti in manette, tra gli altri, i fratelli Annamaria e Francesco Schino, 50 e 67 anni, della Recuperi Pugliesi di Modugno, una delle più importanti imprese pugliesi del settore. E poi Emanuele e Arcangelo Amendolagine, 33 e 55 anni, di Bitonto, rispettivamente legale rappresentante e amministratore di fatto della Recuperi Sud. E ancora, Marco e Nicola Schiavone, 32 e 60 anni, titolari dell’agenzia di spedizioni Aermar e della ditta Duesse di Bari. Nella lista degli arrestati anche Antonello Tampoia, 41 anni di Turi, dipendente dell’agenzia marittima Sisam di Taranto. È ancora latitante, invece, Andrea Mongelli, 36 anni, di Modugno, titolare della Tucab: anche per lui, come per la maggioranza delle 54 persone coinvolte (ed accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale dei rifiuti e di falso ideologico), il gip del tribunale di Lecce, Cinzia Vergine, su richiesta del sostituto Alessio Coccioli della Antimafia di Taranto, ha chiesto l’arresto in carcere.

Ed è saltato fuori, ad esempio, che per coprire le enormi quantità di plastica spedite in Estremo Oriente, la Recuperi Sud inviava falsi formulari ad imprese agricole della provincia di Bari. I cui titolari si lamentavano. Accade, ad esempio, a maggio del 2009, quando sul telefono di Arcangelo Amendolagine i finanzieri ascoltano le lamentele di un imprenditore di Noicattaro cui erano arrivati documenti contraffatti: «Io – dice l’uomo – non mi posso mettere in carico materiale che non è assolutamente mio. Io non ho un'azienda agricola. Io ho solo quel terreno, punto. Acquisto i teloni ogni tre anni e li ho in carico. Il resto non è di mia competenza. Mi sono visto arrivare addirittura cinque formulari. Da dove vengono questi?».

Ma per giustificare il traffico servivano quintali di documenti. E così il gip giudica «eclatante» una telefonata intercettata il 22 gennaio 2010, quando una funzionaria della Coldiretti chiama la figlia di Arcangelo Amendolagine, ancora una volta per lamentarsi. Il problema stavolta è serio: il destinatario del documento fasullo era morto due anni prima

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