I CONTI IN TASCA

Farci i conti in tasca è sempre impresa amara ma, spesso, necessaria. Dati anche i tempi che corrono. Certo è che non sempre quello che appare rispecchia la realtà economica personale. Per chi ci segue, abbiamo fatto i “conti della donna di casa”. Come limite temporale abbiamo preso in esame il periodo dal 2001 al 2010. Quindi, prima e dopo il varo della moneta europea. In questi nove anni, abbiamo tenuto conto di un’inflazione reale del 28%(poco più del 3% su base annua). Percentuale più che attendibile, anche se, alla fine di febbraio del 2002, i prezzi erano già in Euro. Facendo, però, una media generale, il pane comune è rincarato del 21% ( + del 2,6% l’anno). La carne bovina è veduta ad un 28% in più che nel 2002 ( tagli comuni ). Verdura e frutta hanno un mercato tutto particolare. Gli incrementi in questo quadro merceologico sono variati tra il 15% ed il 21%( tipo di prodotti e stagione di vendita). Per il periodo preso in esame, la carne non avrebbe dovuto superare il rincaro del 17%. Pane, frutta e verdura, in media, avrebbero dovuto registrare un incremento non superiore al 10%. Pensioni e stipendi sono stati adeguati per un massimo dell’8% (0,8% su base annua). Con picchi inferiori per i trattamenti sociali ed assistenziali. Come già abbiamo scritto, con l’introduzione dell’Euro, il prezzo della spesa, e del resto, si è fatto pesante. L’auspicabile, ed auspicato, livellamento fisiologico dei prezzi in funzione della conversione Lira/Euro non c’è stato. Però, almeno per i primi anni che abbiamo esaminato, all’origine erano più contenuti. Il loro incremento, oggettivamente ingiustificato, è stato al consumo. Come a scrivere che i rincari si sono realizzati nell’ultima tappa della filiera degli utilizzatori. La rivoluzione dei prezzi al dettaglio, poi incrementata anche alla produzione, è stata favorita da un’interpretazione errata del rapporto sul valore d’acquisto dell’Euro rispetto alla Lira. Meglio rammentare che un Euro corrisponde a circa Lit. 2000. Nel 2001, uno stipendio di Lit. 2.000.000 consentiva ad una faglia ( padre, madre, un figlio) di vivere decorosamente anche con l’alloggio in locazione. Oggi, con poco più d’Euro 1000, la stessa famiglia stenta ad arrivare alla fine del mese e pagare anche l’affitto diventa un’impresa. Per sopravvivere, bisogna lavorare in due. Ma non sempre è possibile. Per il futuro, lo sarà ancora meno. Mentre l’Esecutivo Monti precede nel suo percorso di sacrifici, coniugare il pranzo con la cena è sempre più arduo. C’è solo da sperare, pur con non poche perplessità, che l’attuale esecutivo” tecnico” prenda in esame, almeno, l’ipotesi di un monitoraggio nazionale dei prezzi per i prodotti più comuni ed introduca un’imposta patrimoniale per gli imponibili superiori ad Euro 100.000. Riducendo, poi, gli oneri sociali in cambio di maggiori prospettive di lavoro per i giovani che, per trovare il sospirato primo impiego, superano i 30/35 anni d’età. Sul campo anche la riforma del meccanismo fiscale, con consistenti “sconti” per i redditi imponibili sino ad Euro 40.000 annui. Prima di ridare la guida ai politici del Paese, ovviamente con elezioni, il Governo dovrebbe tener conto che le necessità degli italiani sono diverse; perché differenti sono le loro situazioni reddituali. Spazzare via i privilegi, tanto cari agli uomini pubblici centrali e locali, potrebbe essere il primo segnale per garantire l’effettivo cambiamento del Paese che, con 2012, dovrà rendere conto ai partners europei. Basta col consumismo a “pagherò”. La recessione irreversibile è dietro la porta.

Giorgio Brignola

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