Roma: traffico di armi e droga, dalla Croazia con amore

Roma, prime luci dell’alba, scattano le manette per sette trafficanti d’armi che dai Balcani occidentali facevano arrivare in Italia arsenali di kalashnikov, bombe a mano, pistole – tutto di fabbricazione jugoslava, risalente quindi ai primi anni Novanta e poco addietro. Armi, quelle jugoslave, nascoste, commerciate, trafugate, buone per la mafia e la criminilità italiana. Le sette persone sono state arrestate tra Viterbo, Roma e Latina. Altre ventiquattro persone sono indagate. A capo del sodalizio criminale c’era un difensore della Dinamo Zagabria, poi passato alla Stella Rossa di Belgrado, nonché nazionale jugoslavo. Il suo nome sarà reso pubblico durante la conferenza stampa di oggi.

La rotta del traffico d’armi partiva dalla Croazia tramite camion che venivano fatti transitare dalla Slovenia per poi giungere ai committenti del litorale laziale. A Roma, città sempre più in preda alla guerra tra bande criminali, si spara con armi jugoslave. Un vecchio copione: dalla Croazia giunse il T4 che fece saltare in aria il giudice Falcone con un bel carico che arrivò dritto tra le braccia di Cosa nostra. Dalla Croazia arrivarono le armi di Felice Maniero, il boss del Brenta – Maniero era amico personale del figlio di Franjo Tudjman, il pater patriae croato, l’eroe della guerra patriottica e dell’indipendenza croata – e del clan Fidanzati di Milano.

Con le armi va la droga. I carabinieri di Roma, oltre ai kalashnikov e alle bombe a mano, hanno sequestrato anche cocaina proveniente, secondo le indagini, dalla Spagna trasportata su auto dal doppio fondo. Secondo gli inquirenti l’organizzazione era infatti bicipite: da un lato gestiva il traffico d’armi dalla Croazia all’Italia, dall’altro coordinava lo spaccio nelle piazze romane e il narcotraffico fino alla Croazia.

Secondo il rapporto 2010 del Narcotic Control Board, l’agenzia dell’Onu per il controllo del narcotraffico alle frontiere, la Croazia è il Paese balcanico con il più elevato flusso di droga. Più di Montenegro e Albania. Un dato che, basandosi soprattutto sul numero di sequestri, può essere letto come risultato delle più efficaci misure di contraso croate al narcotraffico. Malgrado ciò e tale da destare comunque preoccupazioni visto che la Croazia, a breve, entrerà nell’Unione Europea. L’operazione di oggi testimonia dunque, una volta di più, come la Croazia non abbia interrotto il business criminale verso l’Italia che, negli anni Novanta, è prosperato grazie alla guerra, all’economia criminale e agli appoggi politici. Interessante è anche l’origine geografica degli arrestati di oggi: cittadini bosniaci, ma erzegovesi, quindi di probabile nazionalità croata. Come erzegovese era la mala più potente ai tempi del conflitto jugoslavo. Allora era Tudjman a gestire traffico d’armi e droga, con i quali finanziava lo sforzo bellico e le sue personali ricchezze (abbiamo scritto in La cupola nel Caveau dei 77 conti esteri in cui Tudjman riciclò il denaro sporco). Oggi è Sanader, primo ministro fino al 2009, a essere sotto processo per corruzione: su di lui anche il sospetto di collusione con ambienti criminali erzegovesi e albanesi.

(m.zol)

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