Con l’aria che tira, sull’Esecutivo Berlusconi non si può contare più di tanto. L’alleanza di centro/destra, da tempo incrinata da faide di natura non propriamente politica, sembra aver fatto il suo tempo. L’Epopea del Cavaliere, di quasi ventennale memoria, è in regresso. Ma non solo per colpa di questi tempi di vacche magre. Anche se l’attuale maggioranza “durasse” sino alla primavera del 2013, il passaggio dal “vecchio” al “nuovo” sarebbe, oggettivamente, impossibile. Poche, al momento, le linee operative che potrebbero trovare la strategica astensioni dall’Opposizione. Berlusconi vuole governare; costi quel che costi. Le conseguenze, che ci saranno, non sembrerebbero interessare l’immediato futuro. La stretta fiscale, ne siamo convinti, non basterà a farci uscire dal ginepraio di una crisi che, da mondiale, ha assunto atipici aspetti presenti solo nella penisola. Su due fronti non vediamo il necessario impegno: la riforma della legge elettorale e quella del fisco. C’è chi frena; ma nessuno si sente d’accelerare. Quasi che i due aspetti del vivere civile nazionale cozzino contro muri inesistenti. Del resto, anche il Parlamento ha ridimensionato il suo ruolo e le iniziative “originali” lasciano il tempo che trovano. Buone, semmai, per essere rimesse in discussione con la prossima Legislatura. Resta che, per nostro modo d’essere, preferiamo, però, muoverci più sul concreto che sulle ipotesi. Ipotesi che rispettiamo, nella globalità, ma che non consentono, almeno per ora, d’identificare ciò che d’utile è possibile proporre per il bene del Paese. Neppure il 2012, pur se così vicino, potrà offrirci differenti parametri per riflessioni meno pessimistiche sulla situazione che continua ad imperversare nel Bel Paese. Per la verità. L’attuale Maggioranza sarà ricordata per le riforme “monche”, che poco hanno saputo dare all’effettivo recupero dell’Azienda Italia. Utilità ed inutilità hanno, da noi, confini tanto labili da non consentirne una netta suddivisione. I risultati sono ben noti a tutti. Con l’autunno, le Forse Sociali, già allertate, la scorsa estate, si mobiliteranno per rendere noto il loro dissenso alla pressante “austerità”. Per la verità, non ce ne sarebbe stato bisogno: gli italiani sanno ragionare con la propria testa e non hanno più bisogno dei volani politici tanto cari in Prima Repubblica. A nostro avviso, non sono tanto le promesse disattese che ci tormentano, ma quelle messe in pratica ma, in seguito, irrealizzate. Un altro schiaffo morale ad un Paese che ha già dovuto subire molto per ottenere sempre troppo poco. Non ci sogniamo minimamente di proporre un Governo di Salute Pubblica, ma neppure ci sentiamo di continuare a non assumere una precisa posizione con quello attuale. Eletto dal Popolo in una situazione ben differente dall’attuale; quando alcuni partiti, nati dalle costole di quelli in lizza per il Parlamento, in allora non c’erano. Gli elettori sono frastornati, le alleanze si sono frantumate. Gli accordi sono cambiati e l’Italia affonda. Ora non è più possibile stare alla finestra per verificare come andrà a finire. I destini del Paese sono i nostri destini. Se i politici d’oggi, come quelli di ieri, hanno fatto il loro tempo, non mancheranno le occasioni per cambiare le carte in tavola. Con franchezza, quand’è il caso, bisogna riconoscere di non essere più in grado di fare gli interessi nazionali. La politica del “Fare” non sempre trova riscontro con la volontà di chi ci dovrebbe rappresentare. La Democrazia, quella in cui crediamo, non è caos, non è opportunismo, ma si deve reggere su regole. Rigorose per tutti. Invece, si persevera nel rimandare a domani ciò che si dovrebbe fare oggi. Anzi, subito. Mancando un coordinamento che possa garantire la continuità, la politica del “Fare” resterà una pia illusione di chi si ostina a crederci.
Giorgio Brignola