THE DAY AFTER

La Manovra Finanziaria 2011 non risparmierà nessuno. Ad esclusione, ovviamente, dei politici che l’hanno varata o si sono opposti al suo varo. Saranno milioni di lavatori, dipendenti, autonomi, e pensionati a pagare assai più caro il primo “buco” accertato di questa Seconda Repubblica fallimentare. Mentre chi ha rubato è già uscito dalle cronache giudiziarie e, spesso, anche dalla galera, gli onesti, che hanno creduto nel buon governo e nella stabilità dei conti pubblici, soffriranno a causa dello sbilanciamento atipico che ha colpito la penisola. Per i prossimi cinque anni (2012/2016), l’Italia si adeguerà, questa volta senza privilegi, alla normativa sociale europea. Fermo restando che i diritti già acquisiti non si toccano. Come a scrivere che, dal prossimo anno, ci saranno cittadini “disgraziati” e meno “disgraziati”. Nel secondo gruppo di cittadini andranno a primeggiare i pensionati di ieri e d’oggi. Per quelli di domani il concetto di rendita vitalizia resta ancora tutto da scoprire. In ogni caso, per i futuri pensionati sessantacinquenni, il trattamento previdenziale non sarà superiore al 40% dell’ultima retribuzione percepita. Di male in peggio. Tramonta, per necessità, anche l’indice d’inflazione programmato. D’ora in avanti, il polso della nostra economia sarà misurato solo dal Prodotto Interno Lordo (PIL) il cui indice, per l’anno a venire, sarà sull’ordine del +0,4%. Almeno a parole, dovrebbero anche cessare tutti quei privilegi, piccolo e grandi, sui quali potevano contare i pubblici dipendenti. Oltre le polemiche e le inchieste giudiziarie, sembra che nulla di nuovo sia presente sul fronte nazionale. Di fatto, però, non è proprio così. Nel giro di dieci anni (2000/2010), pur col passaggio alla moneta unica europea, il costo medio della vita, in Italia, è salito del 22% rispetto al decennio precedente e del 7,9% rispetto allo stesso periodo preso in considerazione (2000/2010) in tutti gli altri Stati UE. Perché, sia chiaro, una volta per tutte, che moneta unica non significa livellamento europeo dei prezzi. La stessa privatizzazione e liberalizzazione d’impresa trovano difficoltà a decollare. Troppi gli opercoli ancora in gioco e non pochi gli interessi da salvaguardare per chi sta bene così. Mentre le aliquote fiscali sembrano intoccabili, soprattutto quelle medio/basse, l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), già salita dell’1%, tranne che i generi alimentari, dovrà essere rivista al rialzo entro la prossima primavera. L’Esecutivo intende rimanere al suo posto sino alla primavera del 2013. L’Opposizione chiede, invece, elezioni anticipate un anno prima. Per calmare le acque, torna il concetto di “normalizzazione”, che, per noi, ha il sapore d’aria fritta. La meta resta quella d’unificare i trattamenti previdenziali UE senza, però, tener conto del reale costo della vita già in essere nei Paesi dell’Unione. Troppo comodo, troppo facile per chi ha deciso la nuova “austerità” d’Italia. Mentre il 2011 finisce, assai ingloriosamente, registriamo un disinteresse preoccupante per il nostro immediato futuro. Comunque, i “sacrifici” sono stati ben focalizzati. Poche le concessioni sociali. Restano deficitarie le spese per la salute e gli investimenti per le nuove occupazioni. Divise le Forze Sociali. Speriamo che, almeno, i provvedimenti sull’evasione fiscale, anche quella spicciola, siano realmente intransigenti. Nell’interesse di tutti. Eppure, mentre il malumore cresce, per l’Italia è già iniziato il Giorno Dopo. Il primo di tanti altri.

Giorgio Brignola

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