Debito USA: Les jeux sont faits

Una conclusione che lascia l’amaro in bocca

HOUSTON, Texas – Alla fine, la Casa dei Rappresentanti ha passato con 269 voti contro 161 l’accordo sul debito e, visto che si e’ trattato del frutto della disfida tra Democratici e Repubblicani, ci si chiede chi in questo gioco delle tre carte, avrebbe vinto di più. A questo proposito dopo la zuffa, e considerando i risultati, sono in molti in America a credere che invece di cercare chi e’ più soddisfatto andrebbe identificato piuttosto chi ne e’ uscito meno malconcio e relativamente più contento.

Obama in uno delle sue esternazioni pubbliche ha definito il processo del salvataggio dal default “confuso ed eccessivamente lungo”. Mentre il portavoce repubblicano John Boehner cerca ancora di riaversi dalla figuraccia fattagli fare dagli estremisti di destra del “Tea Party” e dice che mai si era giunti ad un pasticcio di tale proporzioni il suo collega , il senatore democratico Harry Reid, che solo ieri si lamentava del tour de force imposto ad uno come lui che si sente d’avere venticinque anni, senza averli, ha chiuso l’argomento in modo lapidario affermando che nessuno ha avuto quello che voleva.

Il mal comune si sa e’ un mezzo gaudio ed, in base a tale perla di saggezza proverbiale, ora i politici americani a destra ed a manca si consolano pensando che, almeno, per le prossime elezioni la zappa sui piedi non dovrebbero aversela data. In ogni caso, come dimostrano le sofferenze delle borse, questo capitolo della storia americana ha visto gli Stati Uniti annaspare col fiato grosso in una gara suicida spinta fino all’ultimo minuto ed in base a questo sono molti gli analisti economici che affermano che, comunque vada, il danno e’ stato già fatto. L'Incapacità di reagire subito con decisione per porre rimedio al problema ha già gettato, secondo loro, un’ombra oscura sull'affidabilità del popolo leader del mondo occidentale. Non mancano anche i commenti pieni di buon senso e di spirito d’osservazione e, tra questi, quello del senatore democratico John McCain che si preoccupa di più dell’opinione degli Americani, potenziali elettori che ora sono rimasti, a suo dire, disgustati dalla mancanza di leadership dei politici e della loro incapacità “di fare il loro lavoro”.

Sapendo cosa vuol dire un abbassamento del “rating” della capacita’ americana di fare fronte ai propri impegni la domanda che ora tutti si pongono e’ quanto verrà a costare a l’uomo della strada tutta questa trattativa piena d’intolleranza ed inutilmente prolungata. Domani sarà la volta del Senato a pronunciarsi e per l’effetto fotocopia il risultato dovrebbe essere simile a quello odierno. Nel frattempo, volendo trovare a tutti i costi un vincitore, c'è chi dice con soddisfazione o con risentimento, a seconda dello schieramento d’appartenenza, che probabilmente hanno ottenuto di più nelle trattative proprio gli estremisti di destra del “Tea Party” i quali sono riusciti a far ridurre il debito nazionale innalzandone contemporaneamente il tetto. In particolare, poi, hanno avuto l’ultima parola a proposito dello stop dell’innalzamento delle tasse ai più ricchi e questo avrà certamente un ritorno tangibile per i politici repubblicani di quella corrente al momento delle sponsorizzazioni necessarie per sostenere l’esigente macchina elettorale.

Anche lasciando da parte i democratici c'è pero’ chi anche tra gli indipendenti e tra i tiratori liberi non ha gradito l’eccessiva vis polemica della tribù del Tea Party. Si rimprovera loro d’avere esasperato Obama e specialmente d’avere colpito proditoriamente alle spalle il loro stesso portavoce che, con una maggiore collaborazione, avrebbe potuto forse negoziare prima e meglio con la controparte accelerando la risoluzione del problema.

Preoccupano le previsioni poco rosee a proposito dell’economia americana secondo le quali il provvedimento che s’avvia alla sua conclusione avrebbe evitato un disastro dalle conseguenze catastrofiche ma non riuscirà a risolvere ugualmente le recessione economica attualmente in corso e la piaga della penuria di posti di lavoro che ora, se ciò che hanno affermato i conservatori corrisponde al vero, dovrebbero essere creati in gran numero dai milionari e dai miliardari ai quali non sono state imposte tasse più alte.

Sono proprio loro che per riavviare il ciclo virtuoso dell’economia dovrebbero investire in nuove attività produttive i fondi dei quali non s’e’ appropriato il fisco e si spera che questi non vadano a finire in paesi che si stanno sviluppando lavorando a basso costo per l’industria americana come l’India e la Cina.

RO PUCCI

08 / 02 / 2011

I-AM, HOUSTON, TEXAS

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