70% di interessi per il ritardato pagamento dell’Irpef e 383,75 % di interessi su una contravvenzione ZTL di 60 euro peraltro non dovuta perché il veicolo è autorizzato
Mi è difficile discernere nel comportamento di un’articolazione dello Stato qual è l’Agenzia delle Entrate e Equitalia se il suo modo di agire rientra nella categoria della rapina o dell’usura. Innanzitutto è stupefacente constatare come le persone che operano in questi enti non conoscano il significato di “responsabilità”, ma si trincerino dietro l’esecuzione pedissequa di norme, regolamenti e procedure, incuranti degli effetti di questo comportamento e assolutamente refrattari, oltre che al sentimento, anche alla ragione e all’etica sociale.
Com’è possibile che una pubblica denuncia ovvero il ritardato pagamento di 20.000 dell’Irpef per poco meno di un mese per richiamare l’attenzione sui mancati pagamenti delle ASL del Lazio per oltre un decennio abbia potuto generare una cartella esattoriale di € 14.318,44, incassata forzosamente col pignoramento del pagamento del nostro cliente l’Azienda Ospedaliera G. Brotzu di Cagliari? Si tratta di un tasso di interesse pari al 70% che parla da solo e che grida non solo la necessità di protesta, ma addirittura di ribellione e di resistenza a questo Stato che per contro, quando è lui a dover pagare, non solo non riconosce gli interessi sui ritardati pagamenti, ma addirittura a volte non risponde per anni rendendo impossibile qualsiasi tipo di operatività determinando la condizione per cui, nel tentativo di recuperare il credito vengano generati altri costi oltre che legali anche per la burocrazia che lo Stato si è dato (marche da bollo, costi per i depositi in cancelleria, costi per l’autentica notarile delle fatture ecc). E che dire poi del costo delle imposte pagate su crediti non incassati, perché in uno Stato normale, quando tu vendi, vieni pagato. E quindi, fare i bilanci per competenze, ovvero per le fatture emesse, di fatto corrisponde ai soldi che l’azienda incassa. Ma in Italia, lo Stato è come un farabutto da galera: compra, prende e non paga. E tutti lo sanno: lo sanno i politici che fanno le leggi, lo sanno i ministri che emanano le direttive per la gestione della cosa pubblica, lo sanno gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia, ma che importa: quello che conta è incassare e qui purtroppo si infila l’interesse personale di chi riceve un premio se riesce a incassare di più. Insomma, una vera e propria disgregazione dello Stato di Diritto, una giungla dove prevalgono i più furbi, quelli che riescono ad addomesticare i regolamenti, a trovare il sotterfugio giuridico. Secondo buonsenso, anche lo Stato quando compra dovrebbe farlo quando dispone dei soldi per pagare, oppure se proprio vogliamo giustificare lo status quo, modificare le norme e permettere alle aziende che operano con lo Stato di fare i bilanci non più per competenze ma per cassa e stabilire l’equità di interessi o sanzionatoria sui ritardati pagamenti, sia quando si tratta del privato cittadino nei confronti dello Stato, sia quando si tratta dello Stato nei confronti del privato cittadino o delle Aziende. Oggi sicuramente possiamo affermare che l’ente preposto agli incassi dello Stato sarebbe più corretto chiamarlo “Rapinitalia”, perché di organizzazione iniqua e criminale si tratta, dato che uccide le imprese, gli onesti e la stessa idea che viviamo in uno Stato di Diritto. Per questo ci stiamo organizzando per celebrare pubblicamente il “Funerale del Diritto”.
Davide Cervellin
Presidente Tiflosystem S.p.A.
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