“Alcuni esponenti del Comitato di Presidenza del Cgie si sono lamentati nei confronti del Segretario Generale Elio Carozza per la mancata convocazione dell’organo. Viene riportato che il Segretario Generale starebbe pensando ad altre soluzioni per risparmiare. Se così fosse non potrei che essere assolutamente d’accordo con lui. Sarà bene che il Cgie, e il Comitato di presidenza innanzitutto, realizzi una volta per tutte che il problema del costo della politica in un momento di crisi drammatica per le famiglie italiane e per le persone, riguarda anche il Cgie. Dobbiamo riconvertire il modo di lavorare del Cgie, abbiamo costi non più sostenibili. Non è più pensabile spendere 60.000 euro (questo è il costo di una riunione del Comitato di Presidenza Cgie) per spostare fisicamente in prima classe aerea e alloggiare a Roma persone provenienti da tutto il mondo per una giornata e mezzo, per discutere in definitiva sulla data della prossima sessione e su poco altro. Nell’era della comunicazione telematica non si spostano le persone, ci sono molti altri strumenti, quasi a costo zero, per parlarsi a distanza, comunicare e assumere le decisioni del caso. Una videoconferenza tra 16 persone avrebbe un costo di 300 euro, il costo di 16 webcam ad alta risoluzione. Con i 60.000 euro risparmiati potremmo pagare 15 ricercatori per approfondire i temi più sensibili dell’emigrazione. L’ultima sessione del Cgie a Torino è costata 270.000 euro, praticamente solo in biglietti aerei e pernottamenti. E sarebbe costata anche di più se gli enti locali non si fossero accollati il costo dei pasti. Nell’ultimo decennio il Cgie è costato poco meno di 30 milioni di euro, in aerei, hotel, pasti e diarie. Un sistema esageratamente costoso. Paghiamo la struttura non la produzione. In occasione della prossima sessione presenterò uno specifico progetto finalizzato a rilanciare la produzione programmatica e istituzionale del Cgie, abbattendo contemporaneamente i costi di funzionamento. Abbiamo la possibilità e il dovere di far lavorare il Cgie tutto l’anno, non solo nelle due settimane di sessione. Anche questo è un modo per dimostrare l’utilità di un organismo che non chiede il cambiamento in generale, ma che inizia a praticarlo a partire da sé stesso. Ed è anche da questo impegno che nasce la legittimazione istituzionale e morale per chiedere a chi oggi non fa quello che dovrebbe, governo e Ministero degli esteri in primis, di riconvertire le proprie scelte e di avviare un rapporto con il Cgie e con le rappresentanze dell’emigrazione improntato a rispetto, serietà e responsabilità”.
Luciano Neri
Roma, 6 luglio 2011