Nella bella cornice del cortile, coperto da un soffitto di vetro trasparente e ravvivato da un rigoglioso giardino verticale, della Libreria Fandango Incontro di Roma, si è svolta la presentazione del romanzo “Il cammino e il pellegrino” di Gladis Alicia Pereyra, edito da Piero Manni Editore. Sono stati relatori i giornalisti e saggisti Marco Ferrazzoli e Giuseppe Novero. La giovane e talentuosa attrice Valeria De Angelis ha interpretato con grande intensità alcuni brani del libro, davanti a un pubblico numeroso e partecipe.
Il romanzo ambientato nell’ultima decade del ‘200 in una Firenze scossa da profondi cambiamenti, racconta le vicende di quattro giovani che, al pari della loro città, affrontano gli sconvolgimenti prodotti dal passaggio tra due età. Fiammetta, Lapo, Agnola e Guido sono i pellegrini, il cammino è la vita. Cammineranno soli e a piedi, come tutti noi, per una via impervia, perché ignota, che li porterà lontano da quella tracciata per loro dai padri.
Un’altra protagonista è la Fiorenza a cavallo tra Duecento e Trecento. E’ una città industriosa, sanguigna, popolana; attraversata da una profonda crisi di trasformazione che culminerà con gli Ordinamenti di Giustizia e con il feroce scontro tra Guelfi Bianchi e Neri. E’ la Fiorenza di Dante che l’autrice ricostruisce “ … con una precisione così intensa e così vivida di particolari che, per renderla tangibile alla nostra memoria più fresca, per alcuni versi, è quanto Visconti ha tradotto nella cinematografia, cioè una tensione spasmodica al particolare, al dettaglio, alla ricerca storica precisa, alla descrizione dei personaggi non solo nell’aspetto fisico ma nel momento in cui l’aspetto fisico denota un aspetto personale” (dall’intervento di Giuseppe Novero). Marco Ferrazzoli constata “ … nel caso di Gladis gli aspetti storici e gli aspetti umani, personali dei protagonisti coincidono, ne fa una cornice storica impeccabile, nella quale, però, vivono poi delle vicende che sono di oggi, di ieri, di sempre…” e ancora “ … alcuni aspetti, abbiamo detto, sono di qualunque epoca: amore, la morte, lo stupro, la violenza, il saccheggio, che però Gladis non descrive in maniera astratta, ma collocandoli in quel periodo preciso, lo stupro è uno stupro del ‘200, il saccheggio è un saccheggio del ’200 e, quindi, tutto è perfettamente collocato e tutto è perfettamente adattabile ai giorni nostri”
La ricostruzione storica è frutto di una lunga e approfondita ricerca durata alcuni anni e, nonostante ciò, l’autrice non considera il suo un romanzo storico e Marco Ferrazzoli è d’accordo “… Gladis dice del suo libro che non è un romanzo storico e ha ragione, il suo è chiaramente un romanzo d’amore e, in parte, un romanzo di formazione …” E Giuseppe Novero aggiunge “… è una lettura che va all’origine dei sentimenti, vuole esprimere soprattutto i sentimenti, è una storia di amore, di sofferenza, di odi, di contrasti, una storia per certi versi molto shakespeariana. Ci sono degli echi shakespeariani evidenti, ci sono letture profonde alla base di tutto questo, oltre alla ricerca storica dettagliata …”
Un altro aspetto importante del romanzo è la religiosità; c’è nei protagonisti una costante, non sempre consapevole, ricerca di Dio, di un Dio che potrebbe non appartenere a un determinato credo religioso o non nella sua forma istituzionale. L’indagine psicologica che l’autrice compie nella costruzione dei personaggi, non si ferma in superficie ma scava in profondità avventurandosi nelle regioni dell’inconscio dove si celano il senso del sacro e le fonti da dove scaturisce il male, la violenza, ma anche la creatività. Al riguardo Giuseppe Novero dice: “ … nel volume c’è una profonda religiosità …. È una religiosità che non è una confessionalità, la riproposizione di un sentimento religioso che avviene all’interno di una narrazione, diciamo così, istituzionale … se voi avete una visione storica letteraria direi che si colloca in quella religiosità più profonda che l’800 ci ha portato attraverso la letteratura russa, cioè la religiosità del dubbio, la religiosità dell’origine, dell’ideale, che spesso entra in contraddizione con le istituzioni.” E Marco Ferrazzoli “…l’aspetto predominante è quello religioso … Gladis costruisce un romanzo che ha delle radici religiose così fortemente penetranti senza essere un romanzo confessionale, senza essere un romanzo bacchettone, nel quale ci sono tutti gli elementi della fede, ma che proprio per questo quando lo leggiamo ci è vicino, vi possiamo riconoscere qualcosa di nostro …”
All’autorevole ricostruzione storica che accompagna le vicende dei protagonisti, senza mai sovrapporsi o oscurarle, si aggiunge una prosa impeccabile, fluida, piana, nonostante la complessità narrativa, e ricca di parole e di giri sintattici che echeggiano il volgare fiorentino. Al riguardo Marco Ferrazzoli dice: “L’ultimo aspetto è quello davvero fondamentale ed è la mimesi del linguaggio. Ora se ne parla molto di letteratura mimetica, se ne parla spesso e quasi sempre a sproposito …ovviamente tutti citeremo il Montalbano di Camilleri… magari potremmo citare un pochino meno scontatamente il Gadda del Pasticciaccio, a me è venuto in mente, forse perché è una lettura recente, la biografia di Leopardi scritta da Pietro Citati… è un libro scritto da Leopardi e non su Leopardi; ecco Gladis ha questa capacità, con un linguaggio che non è, come dire, cinematograficamente, mediaticamente medievistico, ma è profondamente medievistico, è un linguaggio che si adatta all’epoca della quale deve scrivere.”
Nel cammino dei quattro giovani ci sono poche rose, è irto di spine; soprattutto perché ne escono da un’infanzia dorata e il destino che, per almeno due di loro, si prospettava avrebbe dovuto essere un prolungamento della felicità dei primi anni. “… e la vita -come ben osserva Giuseppe Novero- per quanto che la si spieghi e per tanto che la si cerchi d’inquadrare in un percorso comune a tutti noi riserva sempre degli imprevisti e sorprende sempre …” e aggiunge: “ C’è molta sofferenza in questo romanzo, soprattutto sofferenza di giovani e la sofferenza di un giovane rispetto a quella di una persona anziana è più lancinante per il semplice fatto che la sofferenza in gioventù è una disillusione, una profonda disillusione … è tanto più doloroso avvertire una punizione per una giovane quando questa ha dimostrato che voleva dimostrare di essere aperta alla vita, di dare affetto, di dare amore, di dare in qualche modo tutta se stessa… e sono figure femminili in questo romanzo di grande intensità, una di queste è Fiammetta …”
“E l’ultimissimo aspetto -ha concluso Marco Ferrazzoli – io credo che la cosa che più si evince dalla lettura di questo libro sia che Gladis non è completamente italiana perché, come si dice, la bellezza sta nell’occhio di chi la guarda, non sta nelle cose e allora per scrivere una storia ambientata in un medioevo fiorentino, toscano, italiano come questa, ci vuole un occhio troppo disincantato, troppo ingenuo, troppo innamorato, troppo ingenuo nel senso di nascere per la prima volta in cui si guarda una cosa, quello che ci succede quando andiamo all’estero e abbiamo rispetto all’oggetto che guardiamo quello sguardo che chi vive in quel posto non può più avere e un libro sulla nostra storia italiana scritto così lo poteva soltanto scrivere un’autrice non completamente italiana.”
Giuseppe Novero ha chiuso il suo intervento con queste parole: “Invitandovi alla lettura di questo volume, io credo che questo volume non vi lascerà indifferenti; non vi lascerà indifferenti perché tocca quello che è il fondamento di tutti noi: la vita … e io credo che alla fine della lettura di questo libro, oltre ad aver imparato, oltre ad aver riscoperto una pagina importantissima della nostra vita, soprattutto per il nostro medioevo e tutto quello che ha rappresentato in epoca successiva per noi, si ha anche una coscienza di se stessi … questa lettura alla fine ci rende migliori perché conoscendo la storia e conoscendo le persone di questa storia conosciamo meglio anche noi stessi.”
La serata si è conclusa con un aperitivo nel bar della libreria.
Testo e foto di Claudio Camarda