Emanuela Orlandi: quando la speculazione è un’arte

di Gianfranco Zucchi

A 28 anni esatti dal rapimento Orlandi, ci si domanda, paradossalmente, che cosa ci si possa ancora chiedere. Piste trasversalmente battute, terreni sondati fino all'inverosimile, con esiti perennemente discordanti.
Pochi giorni fa l'ennessima dichiarazione ad hoc, come sempre, e non solo in questo caso, strategicamente vicina al giorno dell'anniversario.
In tutto ciò, vi è mai stata una concreta e disinteressata ricerca del reale svolgimento dei fatti?
La risposta è un amaro “no”, netto, deciso, che da solo basta a dissipare le nebbie di un mistero profondo e radicato come la stessa morbosità che accompagna, troppo spesso, l'interesse mediatico per queste vicende.
Diventa allora comprensibile capire quanto tale atteggiamento non solo sia del tutto inutile ai fini di un approfodimento storico, ma addirittura costituistica esso stesso un ostacolo, e, soprattutto, un artificio ben congegnato volto a distogliere l'attenzione dalle indagini più serie.
Dibattare ancora sull'ipotetica attuale esistenza di Emanuela Orlandi sa molto di macabra scommessa, e manca sempre più di rispetto verso la vittima stessa e la sua famiglia.
Vittime lo si può essere non solo da morti ma anche da vivi, soprattutto quando i carnefici non smettono di speculare pesantemente dimenticando il lato umano della vicenda, e allontanando sempre più l'interesse dalla comprensione degli accadimenti.
La speranza non dovrebbe mai essere confusa con l'llusione, le fantasiose e poco concrete correlazioni tra numerologie, alchimie, e peronaggi famosi dell'epoca, non dovrebbero mai essere barattate con il sano e costruttivo bisogno di comprendere davvero ciò che forse è molto più chiaro di quanto sia stato fatto apparire.
Sullo sfondo di questo caso ci sono troppi interessi in gioco, molti nomi altisonanti, interconnessi da questioni altrettanto delicate, ragion per cui continuare ad occuparsene in modo scandalistico e superficiale potrebbe addirittura favorire proprio il gioco dei protagonisti stessi.
Le indagini sul reale svolgimento dei fatti non dovranno mai arrestarsi, pena un ennessimo insabbiamento nostrano, ma tutta la macchina mediatica dovrebbe avere, per una volta, il pudore di anteporre il rispetto umano e la ricerca storica al mero inseguimento di un patetico clamore nazionalpopolare.

Gianfranco Zucchi

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