La Rai si restringe e La7 cresce

In una lettera a Repubblica anche Fabio Fazio, che da sei mesi aspetta una risposta dalla Rai, dopo aver lagnato lo stallo ormai insostenibile, dice che “potrebbe andare da un’altra parte per fare, la sua trasmissione”. Il celebre presentatore, che dice di aver scritto di getto la missiva, afferma che l'accordo economico è stato immediatamente trovato, “ma quello su cui accordo non può esserci è la rinuncia alle garanzie minime e indispensabili per continuare a svolgere il mio mestiere nello stesso identico modo in cui si è svolto sino ad oggi”. Insomma Fazio chiede alla dirigenza Rai garanzie sul fatto che “Che tempo che fa” permanga sulla stessa rete, nello stesso orario e per la stessa durata e di poter continuare a gestire gli ospiti con l'autonomia che si deve riconoscere a un qualunque gruppo di professionisti della televisione, di potersi ancora avvalere della presenza di Gramellini, dell'appuntamento, definito irrinunciabile, con Luciana Littizzetto e naturalmente di Roberto Saviano. Fazio ha indirizzato una analoga lettera anche al Direttore Generale Lorenza Lei, in cui precisa: “In tutti questi anni ho imparato che non si può fare tv contro la volontà del proprio Editore e se mai ce ne fosse stato bisogno l'esperienza di “Vieni via con me” ha provveduto a ricordarmelo. L'indifferenza e l'ostilità da parte dell'azienda è stata evidente sin dal primo momento e solo la professionalità di un collaudato gruppo di lavoro e la tenacia di Rai Tre ci ha consentito di andare in onda e con quel risultato. Per questo – aggiunge – ho deciso di non correre più un simile rischio professionale e per questo ho deciso che non sono più disponibile a ripetere l'esperienza di “Vieni via con me” in questa Rai. Se altrove troverò le condizioni necessarie, l'entusiasmo e la condivisione del progetto, il pubblico potrà ritrovare presto me e Saviano di nuovo insieme”. E già si parla, come si era fatto per Santoro, di un suo passaggio, in compagnia anche di Floris e della Gabanelli, a La7, con una stipendio ridotto, come Mentana, ma con ampi spazi di manovra e totale indipendenza, il che potrebbe fare raggiungere al canale TV, risultati sorprendenti, probabilmente neanche lontanamente previsti. Inoltre, pare che la partita sia ancora più grosso e preveda ingressi ancora più “incisivi”. Si parla infatti, in queste concitatissime ore, del fatto che Google potrebbe acquisire Telecom Italia Media o acquistare una partecipazione della società di Telecom Italia quotata in Borsa, quella che si occupa di editoria e che ha tra i suoi “tesoretti” proprio La7. Il rumor nasce da un titolo del Corriere della Sera, che lascia presagire un possibile interessamento a una delle poche media company italiane in circolazione, con un articolo che tratta dell'incontro avvenuto tra Franco Bernabé ed Eric Schmidt a St. Moritz, in occasione dell'ultima riunione del Bilderberg, il cosiddetto “comitato dei potenti, che si è riunito la scorsa settimana nella famosa località svizzera. I rapporti tra Google e Telecom Italia sono assai migliorati nel'ultimo periodo. Ne è la conferma la notizia delle trasmissioni in streaming su Cubovision di YouTube con scenari potenziali molto interessanti, considerando che Google ha investito (e continuerà a investire) ingenti somme per la creazione di 20 canali TV online per trasmettere programmi, eventi sportivi, telefilm, documentari. In quest'ottica, La7 potrebbe essere una realtà assolutamente interessante per Google poiché ricca di contenuti all'interno di una società che si occupa di Internet ma che nello stesso trasmette in chiaro sui tradizionali canali televisivi. Così, rinforzata nella squadra e nella disponibilità economica, La7, che grazie a Mentana, Lilli Gruber e Gard Lerner per la prima volta, aspira nel biennio il 2011-2012 ad un possibile pareggio di bilancio, dopo la perdita di 65 milioni di euro subita nel 2010, diventerebbe una vera e propria corazzata, forse più munita e temibile di Rai e Mediaset. Già oggi in Tg di Mentana migliora i suoi ascolti, sfiorando il 12% e trainando l’intera prima serata: la più ricca per la raccolta pubblicitaria. Il concessionario di pubblicità, la Cairo Communication, è impegnato fino al 2019 con un contratto assai remunerativo (le commissioni possono salire fino al 50%nella raccolta extra) e così i bilanci de La7 possono cominciare a vedere la luce. La prospettiva si riflette sul suo valore d’impresa che si avvicina al mezzo miliardo, tra capitalizzazione di Borsa e debito. Il presento ingaggio di star provenienti dalla Rai, la decisione di Telecom Italia di valorizzare la società televisiva, operazione affidata a Mediobanca che di Telecom è parte correlata in quanto azionista eccellente, i nuovi spazi di manovra negli ancora inesplorati rapporti tra video, Internet e telecomunicazioni, di cui pare abbiano confabulassero Franco Bernabé ed Eric Schmidt e, ancor di più, la perdita di lucidità, anche in questo settore, di Silvio Berlusconi che, con la sua lettura ormai solo politica delle cose televisive, regala al terzo polo un’autostrada commerciale, quale interprete di quella parte di società italiana non più rappresentata dal duopolio collusivo Rai-Mediaset; rende la posizione dell’ex Cenerentola delle tv davvero invidiabile. Franco Bernabé ha confidato in più di una riunione che a un miliardo di valore d’impresa (850 milioni per le azioni più l’assunzione di 150 milioni di debito) venderebbe la tv. Telecom Italia non ha più granché da vendere, dunque o c’è il prezzo o niente. Ma 800-850 milioni per le azioni Telecom Italia Media è una cifra senza riscontri in Borsa. D’altra parte, anche ai valori correnti i principali gruppi editoriali italiani non avrebbero né la liquidità necessaria per acquistare La7 né un flusso di cassa sufficiente a supportarne il rilancio. Il gruppo maggiormente indiziato, l’Espresso, guadagna 50 milioni l’anno e Carlo De Benedetti difficilmente si caricherebbe sulle spalle un oggetto che oggi ne perde 65. Ci vorrebbe, sorridono in Telecom, un amatore come quegli oligarchi russi variamente legati a Gazprom che comprano giornali in Gran Bretagna. In realtà, il candidato naturale sarebbe Sky, interessata al digitale terrestre e alle trasmissioni in chiaro accanto a quelle a pagamento, ma neanche Rupert Murdoch fa regali ma, forse, contro Berlusconi ne potrebbe fare uno, per togliersi qualche vecchio sassolino dalle scarpe.

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