Vincenzo Pepe: "Le rinnovabili non basteranno"

di Francesca Buffo

Vincenzo Pepe è il presidente di Fareambiente, un movimento ambientalista che promuove un’ecologia non ideologizzata, maggiormente incentrata su soluzioni ‘reali’, basate anche sulla sostenibilità del rischio. Ecco il suo parere a pochi giorni dalla consultazione referendaria sul nucleare prevista per i prossimi 12 e 13 giugno 2011.

Presidente Pepe, Fareambiente è un movimento ecologista europeo ce ne può delineare la ‘mission’?
“Il nostro è un movimento di rilevanza nazionale, con oltre 100 mila iscritti, riconosciuto dal ministero dell’Ambiente. Si tratta di un movimento europeo poiché noi riteniamo che l’ambientalismo sia un concetto che dovrebbe essere realizzato in maniera meno provinciale di quanto avviene attualmente, seguendo una logica più matura e responsabile. Fino a oggi, in Italia, noi siamo stati abituati a un ambientalismo un po’ fondamentalista, fortemente ideologizzato, poco realista e scarsamente teso allo sviluppo sostenibile”.

Ciò, sotto il punto di vista della scelta nucleare, cosa comporta?
“Noi siamo favorevoli al nucleare, pur mettendo la sicurezza al primo posto. Riteniamo futile la discussione se l’Italia debba optare per il nucleare o meno, perché alcune delle centrali svizzere o francesi sono anche nostre. Innanzitutto, perché noi acquistiamo energia da queste centrali e, soprattutto, perché l’ambiente non ha confini amministrativi. Pertanto, tutti i problemi che possono generare quelle centrali sono anche problemi nostri. È piuttosto demagogico sostenere di essere contrari e poi andare ad acquistare nel ‘giardino del vicino’ (stiamo parlando del 15-20% del nostro fabbisogno nazionale). Il problema è piuttosto quello della sicurezza: tutte le attività comportano un rischio, anche lo sviluppo. La questione, piuttosto, è quella della sostenibilità di questo rischio. Quindi, come movimento ambientalista ci poniamo la questione: qual è il rischio minore per una buona qualità della vita? Perché parlare di ambiente non riguarda solo la natura, bensì una realtà più complessa che comprende la qualità di vita dell’uomo”.

E per quanto riguarda le scorie?
“Gli stoccaggi sono necessari per tutti i tipi di rifiuti radioattivi che produciamo (nelle industrie, negli ospedali e così via). Un ambientalismo responsabile vuole che questi rifiuti non debbano finire nel ‘tal quale’, producendo un danno ecosistemico, bensì in siti controllati. In tal senso, essere contrari alla costruzione di impianti è un controsenso: continuare a opporsi ai termovalorizzatori e non voler ragionare su quelle che oggi sono le migliori soluzioni disponibili può continuare a creare dei danni molto più consistenti quali le discariche abusive, che producono un danno ambientale irreversibile rispetto a una tecnologia che può comunque essere controllata”.

Il fulcro della questione, quindi, resta sempre quello della scelta responsabile?
“Certo. È troppo semplicistico pensare: “Fermate il mondo, voglio scendere”. Lo sviluppo è un’altra cosa. In particolare, per il nucleare riteniamo che l’emotività non sia una ‘buona consigliera’. Certo, il referendum offre l’occasione di un momento di confronto sui diversi pareri. E, data la complessità della questione, sarebbe stato opportuno spostare la consultazione di un anno, affinché la riflessione potesse essere compiuta. Certamente, quando diciamo sì al nucleare è perché auspichiamo, in realtà, un ‘mix’ energetico, perché quando si parla di eolico, in Italia, si deve anche sottolineare che noi produciamo, a stento, l’1% del fabbisogno nazionale e ancora meno con il fotovoltaico. Quindi, non possiamo risolvere la questione energetica esclusivamente attraverso le fonti rinnovabili”.

Fra le battaglie ambientali nel nostro Paese, a suo avviso, su quali altri fronti occorre porre l’attenzione?
“Sicuramente sugli idrocarburi: il ministero della Salute denuncia che su un campione di 13 città italiane sono oltre 8000 le persone morte negli ultimi 10 anni per danni procurati dall’eccesso di polveri sottili. Anche in questo caso, per ridurre i livelli di rischio non è possibile senza l’adozione di un ‘mix’ energetico”.(Laici.it)

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy