Un killer dall’origine oscura
Si tratta di un ceppo di Escherichia coli (una delle specie più abbondanti della flora batterica intestinale degli esseri umani e di molti altri animali a sangue caldo, normalmente non patogena), capace di produrre tossine di tipo Shiga, che inibiscono la sintesi delle proteine all’interno delle cellule e capace di una particolare sindrome (detta Seu, sindrome uremico-emolitica), che ha colpito in totale, a partire da aprile e in Germania, 470 persone, su un totale di oltre 1.500 infetti, causando 23 decessi (di cui uno in Spagna). Nessuna segnalazione da noi ed accuse, prima, al cetriolo spagnolo (con richiesta di danni da parte di Zapatero e scuse e disponibilità risarcitoria della Merkel) e poi identificazione in prodotti a base di germi di soia, però non confermata dal commissario europeo per la salute, John Dalli. Comunque, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo ha riferito di 27 casi sospetti in Svezia, 7 in Danimarca, 3 in Gran Bretagna, 2 in Austria e uno in Olanda, con avvertenza pericolo soprattutto per bambini e persone anziane, in cui è possibile la comparsa di Porpora Trombotica Trombocitopenica, con febbre e sintomi neurologici molto gravi. Secondo l’OMS la variante di E.Coli trovata nei pazienti tedeschi contagiati “non è stata mai vista prima in un focolaio di infezione”. Esperti cinesi che hanno analizzato i geni del ceppo di Escherichia Coli tedesco affermano che il gruppo “é nuovo e altamente tossico”.E, a quanto pare, resistente agli antibiotici. Il 3 giugno scorso i mass media tedeschi hanno intensificato gli appelli alla popolazione per lavare con la massima cura i cibi, rinunciando per il momento alle verdure crude. Particolarmente seria è la situazione nel land settentrionale dello Schleswig-Holstein, dove nel giro di un giorno il numero delle persone colpite dall'Ehec è raddoppiato, salendo ad oltre 200. A Brema e in Bassa Sassonia sono al momento 69 le persone che presentano gravi sintomi della malattia, mentre nuovi casi vengono segnalati anche in Assia, Meclemburgo, Nordreno-Westfalia, Berlino e nella Saar. Seppure gli scienziati teutonici affermano che l’epidemia ora appare in fase di controllo regressivo, è allarme rosso per gli ospedali tedeschi, in cui il numero dei pazienti ricoverati per accertamenti sull'infezione da batterio continua ad aumentare e le cliniche faticano a stare al passo con le richieste. “La Società Ospedaliera tedesca – scrive lo Spiegel online – esige un sostegno finanziario consistente per poter far fronte all'emergenza, mentre le critiche rivolte al governo per la gestione della crisi sanitaria diventano sempre più feroci”. E viene denunciato il primo caso sospetto fuori dalla’Europa, cioè in Canada. In un comunicato Arlene King, responsabile sanitario dell'Ontario, ha precisato che si tratta di un uomo, residente nella regione di Peel, che aveva viaggiato di recente in Germania. Per i risultati definitivi occorrono ancora alcuni giorni, ha precisato la King, ma i test preliminari “confermano la presenza di una tossina compatibile con l'epidemia europea”. Intanto, nonostante le ampie rassicurazioni di Fazio e del Ministero della Salute, l’allarme è crescente anche da noi, sicchè, dopo gli agricoltori spagnoli, scendono in piazza anche quelli italiani con manifestazioni da Milano a Latina dove, a Fondi, davanti all' ingresso del piu' grande mercato ortofrutticolo italiano (Mof), sono stati distribuiti direttamente ai consumatori i prodotti ortofrutticoli invenduti a causa della psicosi che coinvolge 300mila imprese ortofrutticole nazionali che garantiscono proprio in questa stagione lavoro per 50 milioni di giornate, con perdita, secondo Coldiretti, calcolata in 100 milioni di Euro. E stamani, sempre Coldiretti, ha preparata, a Milano, davanti a Palazzo Giureconsulti, una insalata tricolore antipanico, per spiegare ai consumatori “il valore e la sicurezza dei prodotti orticoli Made in Italy”. Oggi Adnkronos, scrive ancora che, inoltre, è troppo presto per dire se il settore dell'agricoltura biologica italiana sarà fra le 'vittime' del batterio killer. I produttori bio stanno cercando di far ragionare i consumatori. I clienti del bio sono molto attenti all'origine dei prodotti e laddove c'è l'evidenza dell'origine nazionale non subiremo contraccolpi. Siamo comunque preoccupati – ammette – Perché l'allarme verdura fresca ci ha colpito fin dal primo momento. Quello che ci sta salvando è la totale tracciabilità dei prodotti che dà sicurezza al consumatore. Ci sono poche possibilità di frode. Ma se continua l'ondata di panico generata dall'incertezza su dove si annidi questa variante aggressiva dell'E.Coli, “temiamo che le cose si complicheranno anche per noi. Se potessimo rapportare eventuali danni a quanto accaduto sul fronte dell'agricoltura convenzionale le stime si aggirerebbero sul milione di euro di perdite, ma non è cosi' facile, visto che il settore bio funziona molto diversamente. Infatti, come scrive il Salvagente.it, ciò che è più importante è che finita la psicosi dei cetrioli, cadute le accuse all’azienda che produceva germogli di soia, i ricercatori tedeschi sono ancora alla ricerca del “colpevole”: il luogo o la partita di vegetali in cui si è sviluppato il batterio che ha paralizzato gli ospedali tedeschi e causato danni all’agricoltura di mezza Europa. La tensione cresce quando si legge che, secondo la ricercatrice Maria Rita Gismondo, responsabile del Laboratorio di microbiologia dell'ospedale universitario Sacco di Milano, non è da escludere l’ipotesi di bioterrorismo, o di un batterio “mutato” in laboratorio e sfuggito da lì. “Il sospetto che un microrganismo ingegnerizzato sia ‘scappato’ dal laboratorio è un davvero una ipotesi condivisibile. La mutazione sarebbe potuta avvenire in vitro, anche se è assolutamente naturale che un batterio, in condizioni favorevoli, come può essere un ambiente molto basico o molto acido, possa avere una mutazione del Dna replicandosi e dare vita a un ceppo più virulento della cellula madre. D’altra parte ciò è già avvenuto altre volte in passato. Invece secondo Antonio Malorni, dirigente di ricerca all’Istituto di Scienze dell' Alimentazione del Cnr di Avellino, che da anni studio il genere Escherichia, dice che “la letteratura parla chiaro: nella storia delle contaminazioni alimentari con E. coli O157:H7 (batterio simile a quello di oggi, virulento quasi quanto il ceppo attuale.), l'origine è stata sempre da carne e derivati”. Due sole le eccezioni, chiarisce l’esperto, un caso di contaminazione causata dall'acqua non ben clorata, negli Stati Uniti tra la fine del 1989 e l'inizio del 1990, e un caso originato da germogli di ravanello bianco, episodio che avvenne in Giappone nel 1996 e provocò 8.576 intossicati, 106 casi di Seu e 3 decessi. Alla fine ci pare molto saggio non farsi prendere dal panico, consumare prodotti di dichiarata provenienza nostrana e attenersi a queste regole generali diramate dal Ministero della Salute:
• lavarsi frequentemente le mani dopo aver maneggiato alimenti;
• lavare a fondo le verdure;
• evitare il consumo di carne cruda;
• lavare bene coltelli, taglieri e altri utensili usati per la preparazione dei cibi, evitare di utilizzare senza lavare lo stesso tagliere e/o utensile per più alimenti;
• lavare bene le mani prima di manipolare i cibi e dopo aver usato la toilette.
Infine, per le persone che hanno recentemente soggiornato in Germania, si ricorda che esse devono prestare attenzione alla comparsa di sintomi gastroenterici e nel caso di diarrea emorragica rivolgersi al proprio medico.