di Emanuele Bigi
Parlava” con i pianoforti e “respirava” musica; Michel Petrucciani, il jazzista francese che ha sconvolto il mondo della musica, viene consacrato nel documentario Michel Petrucciani – Body & Soul di Michael Radford (Il postino), presentato fuori concorso al recente Festival di Cannes e nelle sale dal 22 giugno. Un viaggio nella vita e tra le note del genio che guardando in tv Duke Ellington decise di dedicarsi ai tasti del piano. La vita non gli aveva riservato solo un dono, anche una condanna: Michel infatti era affetto da osteogenesi imperfetta, una malattia delle ossa che gli impediva di crescere. Il suo talento era rinchiuso in un corpo minuto di poco più di un metro. “Non è un documentario musicale – tiene a precisare Radford, ormai di casa in Italia – piuttosto sul talento di vivere e sull’umanità di un uomo. È incredibile come sia rimasto folgorato dalla sua eccezionalità artistica e soprattutto dalla sua gioia di vivere”.Piccolo grande artista – Attraverso testimonianze e filmati di repertorio si percorre la sua carriera iniziata all’età di tredici anni quando tenne il primo concerto da professionista con il trombettista americano Clark Terry. Da quel momento una nuova stella del jazz stava iniziando a irradiare la sua luce. Era il 1962 quando nacque con le ossa rotte, a causa della malattia che le rendeva fragilissime e con cui dovette combattere per tutta la vita. Era invece il 1981 quando fece letteralmente esplodere di entusiasmo il Paris Jazz Festival. La Francia però gli stava stretta e così decise di conquistare l’America. Finì a suonare con i più grandi, da Miles Davis a Roy Haynes, da Jim Hall a John Abercrombie, a Dizzy Gilespie, fino a esibirsi nella mecca del jazz, il Village Vanguard di New York. Viveva ogni giorno al massimo, lavorava allo sfinimento, non voleva perdere un secondo di vita. Anche sentimentalmente non si fece scappare nulla, dall’unione più stabile ebbe anche un figlio, Alexandre, che nacque purtroppo con la sua stessa malattia. Morì nel 1999, a 36 anni. Il trailer”Mio padre: un eroe” – “Conoscevo mio padre, ma questo film me lo ha fatto conoscere con i suoi pregi e i suoi difetti – dichiara Alexandre, giunto a Roma insieme al regista premio Oscar – per me rimane un eroe che ha vissuto una vita straordinaria”. Non ha mai provato a suonare con lui? “Per divertimento, lo osservavo mentre suonava, ma mi rifiutavo di confrontarmi, voleva che suonassi il violino. Non mi sono avvicinato a uno strumento fino alla sua morte. Amo la chitarra, Jimi Hendrix e la musica elettronica”, accenna. Anche Michael Radford nutre una certa passione per le note, “il mio primo documentario era sulla musica napoletana – racconta – l’Italia mi ha sempre portato fortuna, come mi aveva predetto una zingara a Oxford, mi sono sposato qui e ho conosciuto Troisi. Mi piacerebbe lavorare ancora con Anna Pavignano (sceneggiatrice del Postino ndr)”. Per ora il progetto italiano La guerra dei vulcani, che doveva produrre Medusa, è sfumato, intanto si sta preparando per una nuova avventura con Al Pacino dopo il successo de Il mercante di Venezia. Questa volta i due amici di misurano con King Lear.http://spettacoli.tiscali.it/articoli/cinema/11/06/07/radford-petrucciani.html