Condivisibile, questa volta, le novità che arrivano dal CNF (Consiglio Nazionale Forense). Secondo il presidente Pecoraro dell'A.N.PA.R. questa è la strada maestra da perseguire e da appoggiare. Un passato remoto segnato da un passato prossimo che potrebbe segnare una fiducia rinnovata nell'avvocatura da parte dei cittadini.
Il C.N.F. nel mettere mano alla rivisitazione del codice deontologico forense, all’indomani del convegno sulla mediazione civile tenutosi a Roma il 25 maggio c.a. con la partecipazione del ministro Angelino Alfano, a prescindere da quanto deciderà la Corte Costituzionale, ha cominciato a delineare altre novità sulla mediazione civile e commerciale da valutare da parte degli ordini provinciali degli avvocati. Con le nuove regole deontologiche , cosa cambia per l’avvocato in materia civile e commerciale?
Con la circolare n. 13-C-2011 si richiama innanzitutto il rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa primaria in materia di mediazione, in particolare quelli posti a presidio dei requisiti di terzietà, indipendenza, imparzialità e neutralità del mediatore. In secondo luogo, il canone deontologico sottolinea il dovere di competenza, “volendo con ciò evidenziare sopratutto la peculiarità dell’avvocato mediatore, che non può farsi autore di una proposta di conciliazione non conforme al diritto e non può sottrarsi al dovere di rendere compiutamente consapevoli le parti, nel momento del regolamento di interessi, delle loro rispettive posizioni in termini di diritto”.
In particolare, l’articolo 55 bis stabilisce che l’avvocato non deve assumere le funzioni di mediatore in difetto di adeguata competenza nella materia oggetto del procedimento. Gli altri canoni deontologici regolano i possibili profili di incompatibilità, di conflitto di interessi, di accaparramento di clientela. In particolare, stabiliscono che non può assumere funzioni di mediatore l’avvocato che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti o quando una delle parti sia assistita o lo sia stata negli ultimi due anni da un suo socio o associato. Se poi ha assunto le funzioni di mediatore non potrò avviare rapporti professionali con le parti per i successivi due anni.
E’ stato fugato l’atroce dubbio, da tempo manifestato – continua Pecoraro – gli organismi privati e gli enti formativi costituiti non solo da avvocati ma, anche da altri professionisti o da docenti universitari sono illegittimi. Spetta ora al ministero di Giustizia, “verificare” caso per caso l’esistenza di delle incompatibilità, dei conflitti d’interessi, e di cominciare a dare una stretta per quanto riguarda quegli organismi ed enti formativi, i cui rappresentanti legali non sono in possesso di un titolo di studio uguale o conforme a quelli che frequentano un corso per diventare mediatori.
Uffico stampa – Giornalista
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