PdL: AUTOCRITICA?

Dal 2012, quindi ben prima delle consultazioni politiche generali dell’anno successivo, il Popolo delle Libertà (PdL) potrebbe non esistere più. L’Alleanza con la Destra degli ex uomini d’AN non ha dato i risultati sperati tanto da farci prevedere un ritorno alle origini del Cavaliere e del suo credo politico. Forza Italia, tutto considerato, mieteva più consensi di questo sgualcito PdL e, secondo noi, a ragione. Il PdL è la risultante della fusione di due concetti politici che hanno in comune solo la matrice parlamentare di “destra”. Non ci sono altri ideali da condividere, né potranno essercene in futuro. Del resto, già alcuni Ministri dell’attuale Esecutivo hanno manifestato il loro punto di vista che potremmo sintetizzare così: “tornare allo spirito del novello partito del 1994”. Vale a dire alle radici di quella rivoluzione liberale che in 17 anni non si è mai effettivamente concretizzata. Come a scrivere che tra parecchi ex di Forza Italia il malcontento serpeggia da tempo. Indipendentemente dagli ultimi fatti che hanno coinvolto le strategie del Cavaliere. Basta essere un poco più attenti alle vicissitudini del Partito in quest’ultimo anno per comprendere che aria tira nell’Alleanza FI+AN. Non sono bastate le prestigiose poltrone ministeriali per sollevare il morale, e le sorti, dei fiduciari di Berlusconi. Sembra, tutto sommato, che stia tornando la voglia del passato. La nostalgia dei “Circoli FI” si è ripresentata. Allora sì che si poteva lavorare per un’Italia diversa. Senza remore e senza costrizioni dettate dalla disciplina delle alleanze. Ora, più che mai, ci si è resi conto che il PdL è un colosso con i piedi d’argilla. Insomma, fragile su quella base che non intende più essere gestita dall’incertezza d’uomini sempre meno in carriera politica. Non a caso, lo rivela la mancanza d’attivisti del partito e del disinteresse con il quale sono state affrontate le recenti elezioni amministrative nella penisola. E’ inutile scrivere di vinti e di vincitori. C’è da rivedere tutta una struttura che non è più in grado d’autogestirsi. In tanta incertezza, che poteva, però, essere evitata, solo la Lega Nord, alleata a tempo del PdL, ha avuto la meglio. Nel senso che è stato il partito di destra meno penalizzato. Molti militanti di Forza Italia (FI) si sono, progressivamente allontanati dal PdL; non si trovavano più a casa loro. Ci hanno guadagnato la Lega ed i Partitini che, nonostante tutto, andranno a formare il “Terzo Polo”. Di un fatto siamo certi: il Centro-Sinistra, indipendentemente dalle possibili coalizioni, non la potrà spuntare senza l’apparentamento con gli uomini che, per il passato, aveva sempre sottovalutato o evitato. Le roccaforti di Berlusconi non sono state espugnate, ma non è detto che resisteranno ancora per molto. Il Cavaliere si è fatto vivo in audio e video, ma non ha fatto che ribadire il suo credo trito e ritrito. In sintesi: “ La Sinistra è un male da estirpare “. Un credo nel quale, dati i fatti, in molti non credono più. Per tornare a meritare fiducia, almeno per il programma di governo che ancora potrà essere portato avanti, il PdL dovrebbe convocare i suoi Stati Generali e, preso atto degli eventi, avrebbe ancora tutto il tempo per fare un passo indietro. Tornare alle origini resta l’unica via per evitare il progressivo tramonto di quella rivoluzione liberale che Berlusconi aveva fatta sua al momento d’entrare in politica. Posizione che, col tempo, ha lasciato il posto ad un’Armata Brancaleone che ha fatto più danni che vantaggi. Un’autocritica, con un’alleanza a tre, non sarebbe, quindi, segno di debolezza ma di coerenza nei confronti di quell’elettorato non ancora propenso ad abbandonare il fondatore del Popolo delle Libertà.

Giorgio Brignola

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