Sgarbi fuori dallo schermo

Forse gli italiani sono migliori di quanto si creda e non per via delle recenti elezioni che non hanno cambiato nulla e in fondo mostrato la vocazione populista e qualunquistico-giustizialista del nostro Paese; ma per lo share da “poveracci” (8,27%) della prima puntata di “Ora ci tocca anche Sgarbi”, programma già sospeso con un comunicato delle 14 di ieri della dirigenza Rai e condiviso dallo stesso conduttore. Nel comunicato la Rai giustifica la decisione proprio con gli ascolti giudicati non soddisfacenti rispetto alle aspettative di Raiuno, sicchè la trasmissione, che aveva sollevato molte polemiche anche da un punto di vista politico, in particolare per un monologo sulle energie pulite che aveva provocato le vivaci proteste di alcuni senatori del Pd, è stata “sospesa” sine die. “Io accetto tutto, sono colpevole ma non pentito – replica Sgarbi – e non avrei voluto fare altro, sapevo bene quello che volevo fare e non chino il capo. Tornero' in prima serata e continuero' a parlare di cultura, di arte e letteratura. Non lo considero affatto un fallimento. Masi mi ha chiamato ed era entusiasta”. Certamente Masi lo era, ma ora, con l’era Lei e grazie alla intelligenza degli italiani, la musica pare cambiata. Comunque a Libero e Il Giornale la puntata era piaciuta, definita un lungo “flusso di coscienza” di un “genio multiforme”. Evidentemente di geni così gli italiani fanno volentieri a meno ed ora un programma come quello imbastito da Sgarbi, voluto nell'ultima stagione di Masi come direttore generale Rai, per ragioni non certo televisive, che fa l'8% su Rai1 in prima serata, non può che essere immediatamente chiuso”, ha commentato il capogruppo Pd in commissione di Vigilanza, Fabrizio Morri. “Occorrerebbe sapere quanto è costata ai contribuenti questa scellerata avventura e magari chiedersi se i danni arrecati alla Rai non possano essere richiesti ai responsabili veri di questa figuraccia da parte del servizio pubblico” ha aggiunto, ponendosi sulla stessa linea del collega Udc in commissione Roberto Rao, per il quale: “La decisione assunta dalla Rai dopo il flop di ascolti della prima puntata era obbligata. Resta il dubbio di quanto sia costata e quanto ancora costerà all'azienda questa operazione, se è vero che per la sola scenografia, che difficilmente potrà essere riutilizzata, sia stato speso quasi un milione di euro. Su questo la Rai deve fare chiarezza”. Il monologo (insopportabile) di Sgarbi ieri ci ha mostrato un essere megalomane ed ipertrofico, che entra in scena in completo nero e camicia bianca, chiama accanto a sé il vescovo di Noto, don Staglianò, poi si rivolge agli spettatori: “Vogliamo mostrare ciò che l'Italia è, la sua grandezza, non il male, non il pettegolezzo, non il vizio di cercare il male degli altri, vorremmo far vedere il bene”. Fossimo deficienti lo seguiremmo interessati, ma ci resta qualche neurone, che si alza e se ne va per protesta. Meno male che dopo circa un’ora (doveva durare 20 minuti), l’onanista verbale cessa e lascia lo spazio alle figure di contorno, che altro non sono che specchi di sé. Morgan, altro narcisista da competizione, entra in scena e i due si spintonano, purtroppo senza conseguenze. Poi Sgarbi chiama il povero sacerdote che non sa bene dove è finito, che ci parla del Padre, mentre noi imploriamo che questa pena finisca al più presto. Entra una capra vera, grande pensata situazionista, per permettere al conduttore di fare il suo numero da circo: “Capra! Capra! Capra!”, prima di annunciare grandi cose. Ma il filo conduttore è sempre lui, Sgarbi, che chiama a raccolta un ampio pantheon di “padri” (che si rigirano nella tomba): Cossiga e Carmelo Bene, Pasolini, Walter Chiari. Poi una digressione (o farneticazione?) sulle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto, con l'inchiesta della Guardia di finanza di Trapani, il comune di Salemi di cui è sindaco: “Una macchina costruita per ostacolare il programma”, sostiene. Parla di bellezza e paesaggio e la butta in politica, denuncia lo “scempio” degli impianti eolici (a meno di un mese dal referendum sul nucleare) nelle campagne italiane, soprattutto pugliesi. La chiusura con il figlio, Carlo Brenner Sgarbi, che molte cose ha in comune con il padre, prima fra tutte l'atteggiamento di chi si sente molto sicuro di sé. In scaletta ci sarebbero ancora tante altre trovate, ma il tempo stringe e la trasmissione, per fortuna, si chiude, ieri e per sempre. Che l’ex sindaco di Salemi fosse teso per le sorti del suo programma, lo si era capito fin da mercoledì sera, quando le telecamere de ilfattoquotidiano.it lo avevano sorpreso, insieme al gruppo dei suoi autori ad inseguire il premier Silvio Berlusconi durante il ricevimento organizzato mercoledì pomeriggio dall’ambasciata d’Israele a Villa Miani a Roma, senza, però, riuscire a fermare il Cavaliere. A telecamere spente l’ex sottosegretario ai Beni culturali aveva anche detto: “Sono pronto a lasciare, però, mi devono trattare come hanno fatto con Enzo Biagi che ha avuto una buonuscita di 1,5 milioni di euro, io voglio 3 milioni di euro”. Peccato che Sgarbi non abbia mai ottenuto gli alti ascolti di Biagi e che ora, mestamente, se ne torna fuori dallo schermo. Che l’ex sindaco di Salemi fosse teso per le sorti del suo programma, lo si era capito fin da mercoledì sera, quando le telecamere de ilfattoquotidiano.it lo avevano sorpreso, insieme al gruppo dei suoi autori ad inseguire il premier Silvio Berlusconi durante il ricevimento organizzato mercoledì pomeriggio dall’ambasciata d’Israele a Villa Miani a Roma, senza, però, riuscire a fermare il Cavaliere. A telecamere spente l’ex sottosegretario ai Beni culturali aveva anche detto: “Sono pronto a lasciare, però, mi devono trattare come hanno fatto con Enzo Biagi che ha avuto una buonuscita di 1,5 milioni di euro, io voglio 3 milioni di euro”. Peccato che Sgarbi non abbia mai ottenuto gli alti ascolti di Biagi e che ora, mestamente, se ne torna fuori dallo schermo. Colui che avrebbe dovuto essere l’ anti-Saviano del piccolo schermo, il conduttore capace di far valere le ragioni dell’area liberal-pidiellina con provocazioni, monologhi e riferimenti di alta cultura, ora, con la se ne torna con coda fra le gambe a fare al massimo l’opinionista, se ancora lo chiameranno.

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