SESTO SENSO E SIMPATIA

Per decenni, il binomio Burocrazia e Stato è apparso inscindibile. Quasi una coppia di fattori indispensabili per complicare, ma anche per far muovere, la mastodontica macchina pubblica. Che, però, una volta in movimento, non si rivelava di facile controllo. Ora, i tempi stanno mutando. Forse, ma questa è sola una nostra impressione, è anche perché stanno cambiando gli uomini al vertice e della piramide burocratica. E questo, nonostante tutto, potrebbe rappresentare il primo passo per garantire all’Italia una piattaforma operativa più consona al suo ruolo in UE. Per noi, che siamo per la politica dei piccoli passi, quando riusciremo ad intravedere segnali in positivo, lo faremo sapere. Perché riteniamo che nel momento in cui Burocrazia e Stato non saranno più sullo stesso binario, i vantaggi ci saranno per tutti. Anche se in tempi differenti. Addirittura per i Connazionali all’estero che, almeno per ora, restano il fanalino di coda delle iniziative parlamentari nazionali. Questa nostra sensazione è confortata da un ragionamento più che condivisibile. Se il Ministero degli Affari Esteri (MAE) ha, in definitiva, le redini politiche della gestione burocratica dei nostri Emigrati, dobbiamo onestamente rilevare che gode sempre meno della fiducia degli italiani oltre frontiera. Chi vive lontano chiede, ed a ragione, una struttura più spicciola, senza troppe anticamere. Insomma, una struttura meno dispersiva e più specialistica per la nostra Emigrazione. Basta con le deleghe. Più impegno con specifico portafoglio nei confronti di chi, pur lontano dalla Patria, ha voluto mantenere la sua cittadinanza d’origine. Fortunatamente, come abbiamo scritto, i tempi stanno cambiando e gli spazi vuoti, o occupati senza specifiche competenze, dovrebbero essere meglio utilizzati. Da parte nostra, la volontà c’è. Mancano solo quei mezzi che altri hanno. E’ inutile sottovalutarlo: i problemi degli italiani nel mondo, non sono quelli dei confratelli residenti nella penisola. Ci sono differenti realtà da considerare, diverse opportunità da evidenziare. Ma interessarsi più direttamente della Comunità nazionale nel mondo significa aver un “peso” a livello istituzionale. Quel peso che, almeno per ora, manca e del quale si sente sempre più la necessità. I milioni d’italiani iscritti all’AIRE ( Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) intendono avere rappresentanti capaci di prospettare al Potere Legislativo ed Esecutivo idonee soluzioni ai loro problemi ed adeguate risposte agli stessi. E, tenuto conto del “deserto” precedente, non ci sembra cosa di poco conto. Entro il 2013, si proceda all’aggiornamento della legge elettorale e si ponga in essere un Collegio Elettorale Universale. Perché, e siamo sicuri d’essere dalla parte giusta, il diritto di voto è correlato alla cittadinanza e non alla residenza. Nel frattempo, ci sembra giunto il momento di mandare in pensione il CGIE ( Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) che non rappresenta più lo spirito col quale era stato varato e modificare sostanzialmente le strutture dei Co.Mit.Es. ( Comitati degli Italiani all’Estero), oggi troppo spesso carrozzoni d’arrivismi personali o di voti dati al vento. Se queste nostre tesi fossero oggettivamente considerate, fare politica potrebbe veramente significare interessarsi ai problemi degli altri. Anche dei Connazionali all’estero. Con simpatia ed anche non rifiutando una buona dose di sesto senso.

Giorgio Brignola

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