Portogallo salvato, Ue destrorsa ed Italia in quota Pics

Dopo Irlanda e Grecia ora è il Portogallo costretto ad accettare gli aiuti dell’Ue (78 miliardi in tre anni), per il suo salvataggio, con un accordo, che sarà ratificato il prossimo 17 maggio e che prevede tagli del deficit pubblico al 5,9% del Pil nell’anno in corso, al 4,5% nel 2012 e al 3% nel 2013. A dare notizia dell'intesa è stato il primo ministro dimissionario José Socrates, che ha definito l'accordo una “buona intesa”, sottolineando condizioni meno pesanti rispetto a Grecia e Irlanda. Sul bailout cominciano già a circolare indiscrezioni di una possibile ricapitalizzazione del settore bancario fino a 12 miliardi di euro, che dovrebbe portare le banche portoghesi ad alzare il loro Tier I al 9% entro la fine di quest'anno e al 10% entro l'anno prossimo. Se così fosse, l'ammontare del prestito non basterà, e, confermerebbe le previsioni rilasciate dal principale quotidiano finanziario portoghese, Diario Economico, che aveva stimato un pacchetto da 100 miliardi. Intanto cresce il malcontento in tanti cittadini europei, con una avanzata, per noi preoccupante, di quei partiti della destra, contrari alle politiche europee, ad esempio sull’immigrazione, ma anche sui salvataggi di alcuni stati e delle loro banche con i soldi dei contribuenti virtuosi dell’intero Continente. L’esito di alcuni importanti e recenti test locali e nazionali, dicono che la questione sta a cuore di milioni di persone, che sfogano la rabbia crescente verso un’Europa eccessivamente appiattita sulle necessità di salvare chi ha sbagliato, con il voto verso le formazioni più euroscettiche. Come nota sul Blog Live.it Giuseppe Timpone, in Olanda da tempo sono in crescita i movimenti anti-Europa; così come in Francia il mese scorso il partito della destra, Front National, guidato da Marine Le Pen, ha riportato un evidente successo alle amministrative e vola nei sondaggi, attestandosi prima formazione per le presidenziali, mentre la popolarità e i voti per Sarkozy crollano verticalmente. Nella stessa Germania, nonostante il boom economico dell’ultimo anno e mezzo, con un tasso di disoccupazione ai minimi da quasi venti anni, il governo federale della pur austera Angela Merkel, viene punito alle urne regionali e comunali, per la rabbia dei tedeschi verso i salvataggi degli stati del sud dell’Europa. Da ultimo, in Finlandia, la destra euro-scettica di “Veri Finlandesi” ha trionfato, portandosi al governo, sulla base di un programma contrario ai salvataggi. E per contenere il malcontento crescente, Bruxelles interviene sulla questione immigrazione e lo fa tramite commissaria Ue agli affari interni, Cecilia Malmstrom, che ha presentato oggi le proposte dell’esecutivo europeo per migliorare la gestione del fenomeno immigrazione irregolare, dichiarando:” Non dobbiamo lasciare da soli gli Stati membri che si trovano ad affrontare direttamente flussi migratori straordinari” e proponendo, come anticipato da Barroso nei giorni scorsi, “la temporanea reintroduzione di controlli limitati dei confini interni” nell’area Schengen, anche se solo “in circostanze particolarmente eccezionali”. Certo la decisione spetterà all’Europa e non ai singoli stati ed è vista come “ultima risorsa”, visto che la libera circolazione delle persone attraverso i confini europei è uno dei più grandi risultati raggiunti e non si può tornare indietro. E tuttavia la dice lunga sul clima che regna fra i politici che hanno percepito l’aria reazionario che tira nel Vecchio Continente. Il primo ministro conservatore David Cameron ha posto nuovi vincoli alle politiche migratorie, dicendo chiaramente che il numero degli immigrati nel Regno Unito è diventato “troppo alto” e che i nuovi arrivati molto spesso “portano disagi”. Una retorica utile a sottrarre voti alla destra nazionalista, cercando il consenso delle classi popolari. Gli scontri di Luton sono quindi un campanello d’allarme per la stabilità della democrazia inglese ma non si può dire che in Gran Bretagna ci sia un revival neofascista. Se mai, il successo di gruppi come l’EDL dimostra che l’islamofobia è la vera questione dirimente nel Paese, come ha denunciato la baronessa Warsi, musulmana e ministro senza portafoglio del governo Cameron. Dall’altra parte dell’Europa c’è l’Ungheria, il cui parlamento, dominato dal partito di maggioranza Fidesz, ha modificato unilateralmente la Costituzione. Se pure indirettamente, si è deciso di vietare l’aborto. I matrimoni gay sono solo fantascienza. In compenso nella nuova carta costituzionale c'è un riferimento diretto alla “Santa Corona d’Ungheria”, il simbolo nazionale dello stato medievale magiaro, usato durante i regimi di Miklos Horthy e Ferenc Szalas alleati della Germania nazista. La carta fa appello al principio di autodeterminazione delle minoranze magiare che vivono nei Paesi confinanti, in Romania, Slovacchia, Croazia, nella Vojvodina serba e in Ucraina. Una forma di revancismo che il primo ministro ungherese, Victor Orban, sa coniugare abilmente con un europeismo spinto, quando accusa Bruxelles di aver rallentato il processo di allargamento della Ue. E’ dal 2008, un po' come negli anni Trenta negli USA, che l’Europa è stata investita da una profonda crisi economica che ha finito per mettere in discussione l’esistenza stessa dell’Unione. Come allora, i sistemi democratici occidentali sono attraversati da pulsioni anti-politiche che si rivolgono sia contro l'euro-casta al potere a Bruxelles, sentita (giustamente) come un'entità lontana e opprimente, sia contro i partiti tradizionali delle varie nazioni europee, liberal-conservatori e social-democratici. La sottovalutazione di una serie di temi (percepiti come prioritari dalle classi popolari, dall’immigrazione alla sicurezza) da parte dell’establishment politico, delle elites accademiche, intellettuali e mediatiche, ha favorito l'ascesa di “uomini nuovi” capaci di parlare al popolo nella sua lingua, orientandolo ideologicamente e manovrandolo attraverso una sapiente quanto semplificata retorica. Il multiculturalismo è tramontato nell'indifferenza delle classi dirigenti europee, incapaci di riformarlo e di ottenere una vera integrazione tra fedi e culture diverse, un fallimento sancito senza versare una lacrima dal cancelliere tedesco Angela Merkel, dal premier conservatore inglese David Cameron, dal presidente francese Nicolas Sarkozy e, naturalmente, da nostro Berlusconi. Ora, secondo Roberto Santoro su l’Occidentale, giornale vicino al Pdl, le odierne democrazie europee non sono paragonabili alla Repubblica di Weimare il moderno liberalismo, pur con tutte le sue debolezze e contraddizioni, possiede una serie di anticorpi in grado di rigettare vecchi mali cronici della storia del nostro continente. Ma io non ne sono completamente convinto. In Italia la Lega Nord resta un movimento percorso da spinte secessioniste e sovversive, capace di raccogliere consenso e personale politico sia dall'estrema destra che dalla sinistra, cioè da tutti i delusi e i convertiti della politica italiana degli anni settanta. Ancora oggi, la Lega conserva alcuni tratti di quell’estremismo politico, ben visibili nella mole di Mario Borghezio, l’europarlamentare inventore dei “Volontari Verdi”, che ha dichiarato di aver militato nel movimento “Giovane Europa” fondato da Jean Thiriart (riconducibile all’ideologia della “terza posizione” e al nazionalismo rivoluzionario degli “strasseriani”) ed è stato rieletto alle Europee del 2009 con circa 50.000 preferenze. Inoltre, la distanza e l’indifferenza della gente verso il ceto politico e i partiti tradizionali sono rimaste immutate, con l'effetto di spingere il centrodestra a dire qualcosa “più di destra”, implementando le spinte contro l’immigrazione e a tutela del paesi più deboli. Per quanto riguarda la nostra economia Tremonti ci dice che tiene e l’indice Msci, in un mese, ha guadagnato più del 2%, portando a +11% la performance da inizio anno. Ma restano i ritardi strutturali e sul fronte della crescita nazionale, secondo i dati riportati da Prometeia nel Rapporto di previsione di aprile relativo alle prospettive di breve-medio termine dell’economia internazionale ed italiana, il Pil italiano registrerà un aumento dello 0,9% nel 2011 e dell’1% nel 2012, mentre serve molto di più per stare davvero tranquilli. Inoltre, l’indice della fiducia dei consumatori è sceso nel mese di aprile al livello più basso da marzo 2009 e, secondo i dati Istat, esso è calato di 0,4 punti percentuali. Il peggioramento, ha spiegato l’ Istat, è dovuto soprattutto ad una caduta dell'indicatore relativo alle prospettive future (da 93,7 a 90,1), mentre peggiorano anche il clima economico (da 75,5 a 72,8) e quello personale (da 119,7 a 118,8) e si deteriorano, in particolare, le previsioni sulla situazione economica del Paese e sulle possibilità future di risparmio. Fatti preoccupanti per poterci sentire fuori dalla cerchia a rischio dei cosiddetti Pics.

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