Aspettando, facendo mille cose inutili, la fine

Avendone la consapevolezza, scellerata cinica suggeritrice dell’epilogo. Senza alcun timore ma stancati dall’ansia e dall’angoscia, ciascuno prese sotto braccio ciò che rimaneva di una certezza.
E’ proprio vero che l’assoluta necessità di una religione si impone ad un certo punto nell’enfasi retorica della vita. Ed allora si placa la smania di vivere e si soccombe dolcemente tra la tranquilla resa degli altri ed il certificato che giustifica e suggella. Questo è il dopo. Ma il prima ed il durante viene spesso, quasi sempre, condizionato dalle correnti. Nessun capello allora è a posto suo, neanche le idee, purtroppo neppure le decisioni. La fuga ti scivola addosso credendo che sia tu a scivolare in essa e tutti i colori, gli odori, le dicerie umane, ti sembrano giustificare l’irrimediabile con quel velo di tristezza come un adesivo trasparente appiccicato sulla pelle. Quella volta, come tante altre, quello sguardo era fisso a guardare in faccia il fantasma che mi faceva capire che mai avrei capito in quel momento perché quel momento era il durante. Avrei capito ed avrei fatto capire solo dopo. E quel fantasma mi sorrideva innocuo rassegnato a sua volta. Avremmo preso un caffè seduti intorno ad un bicchiere e bevendolo tutto con il cuore in gola prendemmo atto che le cose le stavamo facendo andare dove volevamo che andassero contro la loro volontà.

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