Se Sarkozy non aiuta Berlusconi, il cinema francese viene in soccorso dell’Italia, garantendo una nutrita presenza di nostri cineasti al prossimo Festival di Cannes. Non parliamo solo della Palma D’Oro alla Carriera a Bernando Bertolucci, che sarà consegnata in apertura, l’11 maggio, né solo dell’’ormai mitizzato “Habemus Papam” di Nanni Moretti, in concorso sulla Croisette, che sarà presentato alla stampa il prossimo 14, stesso giorno in cui Cannes scioglie le sue riserve, rivelando il programma della 64esima edizione. Vi saranno anche Paolo Sorrentino, che porta in concorso “This must be the place – Questo dev’essere il posto”, singolare thriller con uno Sean Penn nel ruolo d’una sgangherata rockstar alla ricerca dell’aguzzino di suo padre, un ebreo che, prima di morire, gli lascia un nobile mandato: cercare il perdono e Gianni Amelio, il più scontroso e lento dei nostri autori, con “Il primo uomo”, tratto dall’omonimo racconto incompiuto di Albert Camus, ritrovato in mezzo al fango, dentro una borsa di pelle fuoriuscita dall’auto sulla quale viaggiava lo scrittore, morto in un incidente nel 1957. E al centro di questa pellicola c’è un’altra italiana cara ai francesi: Claudia Cardinale, icona d’oltralpe con meno amata in Francia della mitica ed autoctona Brigitte Bardot. Ma, soprattutto, ci sarà “Terraferma” di Emanuele Crialese, se il bravo regista di “Respiro” (ambientato a Lampedusa e suo esordio a Cannes) riuscirà a finire in tempo il missaggio (dita incrociate nel quartier generale Cattleya, produttore del film) per presentare questa storia terribilmente attuale, dove si parla delle nostre coste e dei migranti africani, mentre il problema dei respingimenti è visto dall’ottica dei pescatori di Linosa. E non basta. Per quanto riguarda le altre sezioni, a parte la certezza di “Corpo celeste”, esordio alla regia di Alice Rohrwacher, sorella dell'attrice Alba (Quinzaine), si parla de “Il Poeta” di Andrea Segre e infine della possibile partecipazione dei gemelli Gianluca e Massimiliano De Serio – gia' vincitori al Festival di Torino con “Backroman” – alle prese con il loro primo lungometraggio, “Sette opere di misericordia”, girato interamente a Torino, con nel cast Roberto Herlizka. Insomma se i nostri cugini d’Oltralpe sono duri sugli emigranti, appaiono molto ben disposti, ancora, verso il nostro cinema. Sicchè questa edizione potrebbe essere per noi la fotocopia di quella del 2008, quando avemmo due film in concorso (“Il divo” di Sorrentino e “Gomorra” di Matteo Garrone) e Marco Tullio Giordana fuori dalla competizione con “Sangue pazzo”. Già critici e giornalisti vaticinano la Palma a Moretti ed il premio della sezione un Certain Regard per Crialese, ma noi tifiamo per Segre, caro amico che sarà a L’Aquila, ospite dell’Istituto Cinematografico Lanterna Magica, il prossimo 29 Aprile, per presentare il suo docufilm “Morti di lavoro”, del 2008. “il Poeta” è il suo primo lungometraggio di finzione, che parte dalla storia vera di un'osteria a Chioggia, dove d'improvviso l'oste chioggiotta viene sostituita da una ragazza cinese. E' la storia di un piccolo antico paese che cambia diventando terra di immigrazione. Ed è anche una storia d'amore. Tra la cinese e un pescatore-poeta. Tra culture distanti e vicine. La storia di un amore ancora impossibile, ancora attaccato, ancora non capito. Il film, prodotto dalla JoleFim di Marco Paolini e Francesco Bonsembiante e dalla Aeternam Films di Francesca Feder è un piccolo capolavoro, sull’umanità dei diversi, un monito per chi crede nella politica dei “fori dai ball”, che uccide, come ha dichiarato al “Corriere Immigrazione” lo stesso regista il 7 aprile, “250 disperati, eritrei, etiopi, sudanesi, ivoriani partiti da Zuwhara, annegati nel Mediterraneo”, ad un passo dalle nostre coste. Un film che vuole essere un ritratto della più tragica condizione a cui è ridotta la nostra civiltà: esser convinti che la protezione del nostro privilegio sia più importante della vita stessa. Sarà difficile un premio per Segre, ma non impossibile il bis per Moretti e Crialese, a meno che la giuria non sia incantata da “La source des femmes”, del rumeno Radu Mihaileanu, che dopo il sorprendente “Il Concerto”, ci racconta la surreale storia di un gruppo di donne di uno sperduto villaggio colpito dalla siccità, che minaccerano di lasciare i loro mariti senza sesso se non raggiungeranno l’unica riserva d’acqua della regione situata in un lontanissimo pozzo. Ma forse il film non sarà a Cannes (perché si opterà per l’anteprima a Venezia) e se anche vi fosse e vincesse, avrebbe vinto in parte l’Italia: la sua co-produzione e distribuzione, infatti, è dell’italianissima BIM. E mentre a Cannes si celebra il trionfo del cinema nostrano, salva per un pelo la VI edizione del Festival di Roma, con Alemanno che dice sì con Zingaretti e la Polverini, date fissate fra fine settembre e primi di ottobre, ma ancora problemi legati al bilancio e in corso di valutazione, tra le varie possibilità, anche l'accorpamento con il Festival della Fiction. Secondo molti, al solito il problema è politico, fra Leghisti ed ex An, insomma fra nord e sud dell’Italia. La polemica tra Venezia e Roma non è nuova, ma noi tutti pensavamo di essercela lasciata alle spalle. Ormai, il Festival di Roma è un evento grande, affermato e riconosciuto: tagliarlo via, dall’oggi al domani, sarebbe una follia. L’unico motivo, visto che questo governo sta tagliando più fondi di quanti capelli possa tagliare un parrucchiere, è il peso economico del festival sulle casse dello Stato. Ma anche in questo caso, il leghista Galan parla senza cognizione di causa. Roma 2010 è costato circa 13,5 milioni di euro, è vero; ma il 70% dei finanziamenti provengono dai privati. E al ministero è costato solo 200.000 Euro, mentre Venezia costa 7 milioni.