Processo breve: La profezia del “Caimano”
Quando uscì cinque anni fa “Il Caimano” di Nanni Moretti, a destra fu tutto un “dagli all’untore”, per quel finale in cui il presidente eversore faceva esplodere di fuochi il palazzo di giustizia. Eversivo era solo immaginare che eversore potesse essere Berlusconi, questo il refrain di pasdaran e cheerleader mediatiche del corruttore di Arcore. E anche a sinistra, non nascondiamocelo, molti pensarono che Nanni esagerasse, o andasse metabolizzato come “licenza poetica”: Berlusconi andava contrastato politicamente, programma contro programma, senza scomposte accuse di “regime” o – Dio ne scampi – appelli a scendere in piazza per difendere la democrazia in pericolo.
Da alcune settimane stiamo invece vivendo esattamente il finale di quel film, alla lettera. Proclama eversivo dopo proclama eversivo. Minaccia eversiva dopo minaccia eversiva. Legge eversiva dopo legge eversiva. L’assuefazione delle coscienze al veleno di regime è tale che neppure si misura più l’enormità di un capo di governo che tratta ogni giorno i magistrati da brigatisti, e che dopo aver fatto comprare una sentenza con cui scippava un impero editoriale, accusa di rapina a mano armata l’indagine, il processo e infine la sentenza che ha restituito verità (e forse risarcimento). Basterebbe provare a raccontare detti e fatti dell’ignominia quotidiana berlusconiana, attribuendoli ad un Obama, una Merkel, un Sarkozy, per sentire immediatamente la mostruosità politica in cui viviamo oggi in Italia, visto che nulla, ma proprio nulla, di ciò che qui è normalità, sarebbe in quei paesi immaginabile, e meno che mai tollerabile.
La ripugnante volgarità di un omuncolo privo ormai anche di pannolone inibitorio, senza residuo alcuno di senso del ridicolo, avvitato nell’escalation del delirio di onnipotenza e nell’overdose della menzogna, a troppe persone fa dimenticare la tragicità – per la democrazia – di una situazione in cui il “golpe strisciante” (espressione dovuta ad un intellettuale tanto grande quanto solitamente cauto) è invece ormai sbandierato, e oggi con il processo breve conoscerà una nuova tappa di “implementazione”.
Circola insensato ottimismo sull’implosione prossima ventura del regime. E’ vero che la grottesca nullità cui è ormai ridotta l’attività “imperiale” spinge ancor più grotteschi aspiranti diadochi a moltiplicare cene di spartizione, ma intanto il paese è un deserto di macerie morali. Prepotenza ignoranza e servilismo sono le uniche virtù riconosciute, e non si profila – organizzata – l’imprescindibile alternativa di moralità ed efficienza.