Da Lampedusa: come fare di un sogno un incubo

di Karim Metref

Migranti se ne vedono ovunque nella borgata. Camminano a piccoli gruppi lungo le strade. Sono seduti alle terrazze dei caffè. Occupano ogni banco pubblico, ogni piazzetta. Sembrano davvero più numerosi della popolazione locale. Nello stesso tempo impressiona la calma degli abitanti dell’isola. Nessuno li guarda male, nessuno rifiuta di servirli ai caffè, nei negozi. Comunicano pochissimo ma non si evitano non si guardano in cagnesco. Due mondi che vivono uno accanto all’altro, senza veramente incontrarsi ma senza nemmeno scontrarsi. Più giù, vicino al Porto Vecchio, sulla spiaggetta della Cala Palme, la scena che ci aspetta è spaventosa. È lì che si capisce veramente la dimensione del dramma. Una vera e propria tendopoli fatta di pezzi di plastica e di stoffa appesa tra le palme e le barche. Una favela temporanea.

Parlando con i ragazzi, si scopre che a dormire lì sono i più fortunati. La maggioranza passa le notti sul cemento del molo o sulla sabbia con spesso una coperta per due persone o anche con solo i vestiti che si ha addosso. I giovani anche se da lontano sembrano calmi e rassegnati, si accendono appena gli si rivolge una domanda. “non ce la facciamo più, siamo esausti”, rispondono in tanti. “Giorni e giorni di attesa senza sapere quale sarà il nostro destino.”

“Cibo cattivo e scarso, lasciati a dormire al freddo, sul cemento, senza possibilità di lavarsi, di cambiarsi.” Vedendo la situazione uno si chiede come hanno fatto a resistere questi ragazzi per decine di giorni in queste condizioni senza mettere l’isola sottosopra . Sono questi i ragazzi che ancora pochi giorni fa avevano fatto tremare le strade della Tunisia?

Una isola così piccola, così sprovvista, lasciata sola ad affrontare quello che qui sembra un vero e proprio tsunami umano. Cosa sarebbero 10.000 arrivi per un paese come l’Italia o per un continente come l’Europa? Niente. Briciole. Pensare che la piccola e povera Tunisia ha gestito più di duecentomila profughi provenienti dalla Libia. Dopo un attimo di sconvolgimento, il piccolo paese si è organizzato e tutti sono stati accolti, tutti hanno mangiato, tutti sono stati sistemati per passare le notti. In Italia invece è uno scempio. E l’atteggiamento ostile della Francia che ha chiuso le sue porte in faccia a qualche decina di disperati è una vergogna per tutta l’Europa. L’Europa delle banche e dell’industria bellica, che trova subito tutte le risorse necessarie per sganciare tonnellate di bombe ma non di che mettere un tetto e una coperta a disposizione di una persona in difficoltà.

Vicino all’isola c’è una grande nave da crociera, in attesa di poter imbarcare qualche altra migliaia di migranti. Il vento e il mare discretamente mosso degli ultimi giorni ha reso impossibile l’operazione. Verso la sera del sabato arriva la Nave da guerra San Marco che riesce ad imbarcarne 650. Al porto vecchio, i migranti in fila sono caricati prima sui pullman, che li portano al molo. Poi dal molo sulle scialuppe che li portano alla nave rimasta fuori dal porticciolo.

L’ordine d’imbarco è casuale. Passa chi è più forte, chi sgomita di più. Di quelli che rimangono a terra, qualcuno si innervosisce e lancia qualche pietra contro le forze dell’ordine in assetto antisommossa. Ma viene subito calmato e portato via dai compagni di disgrazia. Gli altri, a gruppetti, si allontanano in silenzio per cercare di sistemarsi per una ennesima notte all’addiaccio. Poco dopo i fallò si accendono su Cala Palme. Alcuni isolani arrivano con tè caldo e qualcosa da mangiare. Molti non mangiano il cibo che gli viene servito dai servizi di accoglienza dell’isola. “ Fa schifo”, dicono in molti. Si vive di pane, qualche frutto o qualche pasto comprato in città o offerto da qualche isolano.

Qualcuno improvvisa una festicciola. Basta qualche vecchio secchio di plastica qualche voce abbastanza potente e armoniosa, decine di mani che battono al ritmo delle canzoni, per far dimenticare il freddo, la fame e la paura. Poi, Tardi la notte, tutto tace, poco a poco i falò si spengono e ognuno raggiunge il nascondiglio che ha individuato o costruito durante questi giorni per ripararsi dal freddo e dall’umidità tremenda delle notti lampedusane. Tentano di dormire. Tentano di reimmergersi nel loro sogno di vita migliore che governanti calcolatori e spietati stanno trasformando in un vero incubo.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy